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EMDR con disturbi dissociativi: intervista a Dolores Mosquera – Congresso Nuove frontiere nella cura del trauma 2015

Dolores Mosquera nel Congresso "Nuove frontiere nella cura del trauma" presenta numerosi esempi di interventi con l'EMDR con pazienti dissociativi.

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 25 Mag. 2015

Aggiornato il 30 Gen. 2018 14:13

dolores_mosqueraNella IV edizione del Corso Nuove frontiere nella cura del trauma, Dolores Mosquera prosegue il lavoro iniziato lo scorso anno presentando numerosi esempi di interventi con pazienti dissociativi, orientati principalmente alla stabilizzazione dei conflitti interni, al dialogo e all’integrazione tra le parti e al rinforzo della capacità di autoregolazione emotiva delle parti adulte.

Come descritto già nei precedenti contributi sul tema, Dolores propone un lavoro indiretto con le parti attraverso il coinvolgimento attivo di parti adulte o parti “sane” che possano svolgere il ruolo di guida, di aiuto o di accudimento; il terapeuta non parla mai alle parti, ma conoscendo bene l’intero sistema tiene monitorati i conflitti interni, promuovendo una migliore e più efficace comunicazione tra quelle in conflitto.

Quest’anno Dolores ci ha descritto nel dettaglio come lavorare con le parti aggressive/perpetratrici, che generalmente assumono strategie difensive che imitano l’aggressore e che spesso ostacolano il trattamento e il benessere del paziente. Spesso infatti sono parti che possono attivarsi in momenti di progresso della terapia o in momenti di ritrovato benessere del paziente, ricordandogli di non abbassare mai la guardia! Hanno in genere il ruolo di “paladine della sicurezza” e l’unico modo che abbiamo per aiutare il paziente a stare meglio e chiedere loro di collaborare, di aiutarci a capire il loro ruolo e la loro importanza nel sistema, anziché cercare di eliminarle o peggio esserne spaventati.

Il lavoro che descrive è spesso lento, basato sulla necessità di consolidare piccole strategie di autoregolazione attraverso esperimenti svolti in seduta e raramente diretto alla rielaborazione del trauma. La base imprescindibile del lavoro con pazienti traumatizzati resta la costruzione condivisa di un ambiente che venga percepito come sicuro dal paziente, attraverso la scelta del luogo, della posizione in cui stare e attraverso il continuo orientamento nello spazio e nel tempo presenti.

Lavorare in sicurezza e dentro la soglia di tolleranza, immaginando il ruolo del terapeuta come di una figura che cerca di stare in equilibrio tenendo un piede nel presente e uno nel passato, mentre cerca di costruire un ponte più solido, che consenta nel tempo un passaggio più fluido e armonico da un capo all’altro del ponte, senza barriere, senza vuoti improvvisi, senza terrore, ma con la consapevolezza di essere salvi nel presente, di poter guardare indietro e di conoscere come si è riusciti ad arrivare fin là.

L’EMDR resta un metodo centrale nel lavoro di Dolores, abilmente integrato alle tecniche della terapia sensomotoria; il lavoro EMDR è però qui declinato in modo diverso dal protocollo standard e orientato al lavoro su frammenti piccolissimi del ricordo, che corrispondono a quello che di volta in volta il paziente riesce a tollerare, con una estrema attenzione alla finestra di tolleranza e ai segnali di conflitto che potrebbero aumentare, anche se temporaneamente, la divisione interna.

Il libro in prossima uscita in Italia “Disturbo Borderline di Personalità e terapia EMDR” di Mosquera e Gonzalez, ci offrirà presto una sintesi eccellente della sua esperienza clinica e delle tecniche EMDR specifiche utilizzate nel trattamento di sintomi dissociativi.

 

Intervista a Dolores Mosquera

C: Come prima domanda vorrei chiederti di descriverci come e perché è così importante lavorare prima con le parti perpetratrici invece di prendersi cura delle parti infantili, che a volte è più facile per noi aiutare come psicoterapeuti?

D: Sì, a volte la nostra tendenza sarebbe quella di cercare di togliere il dolore il più velocemente possibile, ma questo non funziona sempre molto bene, perché le parti perpetratrici e aggressive hanno una funzione molto importante, che è quella di proteggere. Anche se a volte queste parti proteggono pazienti in un modo che loro stessi non capiscono, perché hanno imparato dalle figure che hanno percepito come forti nella loro vita e spesso proteggono nell’unico modo che hanno imparato. Quindi è molto importante lavorare con quelle parti e la prima cosa che vorrei dire è che abbiamo bisogno di essere curiosi, abbiamo bisogno di capire davvero cosa sta succedendo all’interno del sistema. Se non capiamo che cosa sta accadendo con queste parti protettive, sarà molto difficile intervenire. Continueranno a disturbare il nostro lavoro, perché potrebbe sembrare loro molto pericoloso.

C: Quali sono le cose più importanti da sapere, secondo la tua esperienza clinica, per lavorare lentamente con queste parti aggressive?

D: Prima di tutto che hanno ottime ragioni per non fidarsi di noi e una delle cose che aiuta è quella di pensare che noi vogliamo ottenere che questa parte inizi a fidarsi di noi. A volte non ci sentiamo bene se i pazienti non si fidano di noi, ma non è una questione personale. Hanno una buona ragione per non fidarsi di nessuno. A volte le persone di cui avrebbero dovuto avere fiducia, non l’hanno meritata. Quindi questo processo richiede tempo, il tempo per creare un ambiente sicuro e per fare in modo che il paziente sappia che cercheremo di capire anche questa parte aggressiva di lui, che siamo curiosi di sapere, che siamo disposti ad accettare gli attacchi, perché cercheremo per esempio per capire che conflitto sta avvenendo all’interno. Tutto quello che facciamo per essere più empatici con queste parti, ci aiuterà nel processo.

C: Un aspetto che ho trovato molto interessante è una capacità di base, ma non scontata: ricordare che abbiamo sempre bisogno di guidare queste parti all’interno del sistema e non di lavorare con loro solo all’esterno. Puoi dirci qualcosa a riguardo?

D: Sì, questo è importante, ma in ogni caso a volte ci si perde. A volte, quando si parla troppo con alcune parti o si diventa troppo curiosi, perché abbiamo imparato molto sulla dissociazione ed è fantastico e facciamo molte domande sui nomi, sul ruolo, sull’aspetto, … a volte si rischia di promuovere una maggiore divisione! Quindi per andare avanti bisogna sempre verificare lo stato interno del sistema, tenendo in mente che il paziente è una persona unica, con diversi aspetti che sono in conflitto e il nostro obiettivo è soprattutto osservare il processo: capire perché il conflitto è lì e perché ha senso e come possiamo ridurlo. Questa è la chiave.

C: Un nuovo libro sta per essere disponibile in italiano: “Disturbo Borderline di personalità e terapia EMDR”, scritto da te e Annabel Gonzalez. Puoi dirci qualcosa sui contenuti più importanti?

D: Questo è un libro che apprezzo molto, perché è una sorta di sintesi del mio lavoro di 12 anni. Ho iniziato la mia pratica clinica con i pazienti borderline, lavorando molto duramente, così ho iniziato a fare molta psico-educazione, cercando di aiutare i pazienti a capire meglio loro stessi e a trovare modi migliori di aiutarsi. Poi sono entrata in contatto con molti studi e informazioni sulla dissociazione e alla fine quando ho conosciuto meglio il tema del trauma complesso, ho iniziato a mettere insieme i pezzi. E ‘stato molto utile avere tutte le esperienze che ho avuto, dalle primissime ad oggi. E’ stato utilissimo anche aver fatto degli errori. Così ho cercato di mettere tutto questo insieme nel mio libro: come imparare dalle cose che non aiutano molto e come trattare il trauma complesso e la dissociazione nel lavoro con BPD, con una costante attenzione all’attaccamento. Il libro copre uno spettro di situazioni cliniche che vanno da disturbo borderline di personalità, con principalmente difficoltà legate all’attaccamento e a traumi relazionali, a casi di DBP molto più complessi più legati al metodo di lavoro dell’approccio progressivo. Abbiamo inserito molti esempi clinici e trattato diversi aspetti che è veramente importante prendere in considerazione con questi pazienti: la regolazione delle emozioni, l’identità e come lavorare con questo, i confini, l’autolesionismo e il suicidio, come collaborare con la famiglia. Ci sono molte cose diverse che sono interessanti da sapere se si è interessati a questo argomento.

C: C’è qualche parte del libro su come integrare tecniche sensomotorie ed EMDR?

D: Non specificamente, questo è più focalizzato sull’utilizzo dell’EMDR e su come integrare l’EMDR e altri trattamenti specifici per il disturbo borderline di personalità. E come ho detto prima ci sono molte indicazioni per la psicoeducazione ma nella prospettiva dell’EMDR e della teoria della dissociazione strutturale. La terapia sensomotoria è lì, ne sono sicura, perché il corpo è sempre lì, ma questo libro in particolare è sulla terapia EMDR.

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