Sabrina Guzzetti
La capacità cardio-respiratoria si presenta come un fattore protettivo rispetto ai processi di invecchiamento cerebrale, oltretutto potenziabile attraverso l’esercizio aerobico, come quello che possiamo fare con una semplice camminata, un’attività facilmente accessibile e gratuita.
È ormai ampiamente documentato che all’avanzare dell’età si verifica una riduzione progressiva del volume della sostanza grigia cerebrale. Solo recentemente, grazie agli ultimi sviluppi nel campo delle neuroimmagini, è stato possibile studiare l’effetto dell’invecchiamento anche sulle fibre di sostanza bianca, che trasmettono le informazioni da una regione all’altra del cervello. Dai risultati ottenuti emerge una chiara riduzione età-correlata anche dell’integrità microstrutturale delle connessioni cerebrali.
Questo progressivo declino neurale, tuttavia, non interessa tutti gli anziani allo stesso modo; alcuni di essi mostrano una maggiore resistenza agli effetti dell’età. Perché? Questa è la domanda che sta canalizzando sempre più l’interesse dei neuroscienziati che si occupano di invecchiamento cognitivo. Uno dei fattori potenzialmente implicati in queste differenze individuali è il cardiorespiratory fitness (CRF), ossia la capacità dell’apparato cardiaco e respiratorio di fornire ossigeno ai vari distretti corporei durante un esercizio sostenuto.
In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Annals of Clinical and Translational Neurology, dei ricercatori statunitensi hanno indagato, in giovani adulti e anziani, la relazione tra CRF e integrità microstrutturale della sostanza bianca, rilevata per mezzo di una tecnica di neuroimmagine chiamata Diffusion Tensor Imaging. Per ottenere un indice quantitativo del CRF, i partecipanti sono stati sottoposti ad un test da sforzo al tapis roulant, durante il quale è stato misurato il consumo massimale di ossigeno (VO2max). Dai risultati ottenuti è emersa una chiara associazione tra CRF e integrità della sostanza bianca, osservata tuttavia soltanto negli anziani e limitatamente alle regioni cerebrali posteriori.
Il CRF pare dunque esercitare un’influenza minima sulla struttura cerebrale del giovano adulto, ma fortemente positiva su quella dell’anziano, le cui funzioni cognitive si trovano tipicamente in una condizione di progressivo declino. In alcune regioni, addirittura, le differenze età-correlate nell’integrità della sostanza bianca sono risultate pressoché del tutto annullate negli anziani con più alti indici di CRF.
Il CRF, tuttavia, non può certo essere considerato una panacea contro l’invecchiamento neurale, in quanto non ha presentato alcuna associazione con l’integrità delle connessioni anteriori, che subiscono solitamente un importante declino all’avanzare dell’età. Il meccanismo che sottostà a questa specificità regionale rimane un mistero, che probabilmente terrà impegnati ancora per lungo tempo i ricercatori. “[blockquote style=”1″]Questo studio, evidenziando l’impatto positivo del CRF sull’integrità neurale, ravviva in ogni caso la possibilità, spesso ipotizzata, che l’attività fisica, specie se di natura aerobica, possa essere in grado di ridurre il rischio di demenza o rallentarne la progressione[/blockquote], conclude Scott M. Hayes, primo autore del lavoro.
La capacità cardio-respiratoria si presenta dunque come un fattore protettivo rispetto ai processi di invecchiamento cerebrale, oltretutto potenziabile attraverso l’esercizio aerobico, come quello che possiamo fare con una semplice camminata, un’attività facilmente accessibile e gratuita. Forse, specie con la bella stagione alle porte, può davvero valere la pena lasciare un po’ più spesso la macchina in garage.
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BIBLIOGRAFIA:
- Hayes, S. M., Salat, D. H., Forman, D. E., Sperling, R. A., & Verfaellie, M. (2015). Cardiorespiratory fitness is associated with white matter integrity in aging. Annals of Clinical and Translational Neurology.