Quando il dolore percepito è di breve durata, lo stimolo viene elaborato a livello delle aree sensoriali mentre, quando tende a prolungarsi nel tempo, anche solo di qualche minuto, sembrerebbe che l’attività cerebrale sottostante a tale processo coinvolga le aree deputate all’ elaborazione delle informazioni emotive.
Il dolore rappresenta il mezzo attraverso cui l’organismo ci segnala che c’è qualcosa che non va, che siamo di fronte ad un potenziale problema. Sebbene si tratti di un importante campanello d’allarme, quando tale esperienza si protrae nel tempo, mantenendosi continua ed intensa, può trasformarsi in una vera e propria malattia.
Alcuni ricercatori della Technische Universität München (TUM) si sono dedicati allo studio di tale problematica, cercando di fare chiarezza sui meccanismi sottesi all’esperienza di dolore cronico e sulle differenze che la caratterizzano rispetto a quelle forme di dolore che mantengono un valore adattivo.
Da questo studio è emerso in modo particolare una differenza a livello delle aree cerebrali che risultano attivate nelle differenti esperienze dolorose. Quando il dolore percepito è di breve durata, lo stimolo viene elaborato a livello delle aree sensoriali mentre, quando tende a prolungarsi nel tempo, anche solo di qualche minuto, sembrerebbe che l’attività cerebrale sottostante a tale processo coinvolga le aree deputate all’elaborazione delle informazioni emotive.
Scopo dello studio è stato quello di indagare in che modo la durata del dolore influenzi l’attività cerebrale e come possa intervenire su tale meccanismo l’attività di un placebo. Pertanto, ai 41 soggetti che hanno preso parte allo studio è stato chiesto di indossare una cuffia con 64 elettrodi al fine di monitorare il livello di attivazione delle diverse aree nel corso dell’esperimento. Ciascuno di essi è stato poi sottoposto per un periodo di circa 10 minuti a stimoli dolorosi di diversa intensità sul dorso di una mano, mentre con l’altra mano doveva indicare con un cursore il grado di dolore percepito su di una scala da 1 a 100.
I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come in effetti, nonostante lo stimolo doloroso avesse una durata di soli 10 minuti il fatto che esso fosse duraturo nel tempo determinava non soltanto l’attivazione delle aree sensoriali ma anche di quelle deputate all’ elaborazione dei processi emotivi.
In una seconda fase dell’esperimento è stato dimostrato come non sia solo la durata dell’esperienza dolorosa ad influenzare la percezione di un particolare stimolo, ma anche un’anticipazione dello stimolo stesso. Durante questa fase, 20 soggetti appartenenti al campione oggetto di studio sono stati sottoposti ad una doppia stimolazione dolorosa sempre sul dorso di una mano ed è stato poi chiesto loro di esprimere verbalmente il grado di intensità percepito.
In seguito all’applicazione di due tipi di creme di cui una veniva presentata come in grado di alleviare il dolore, veniva chiesto loro di valutare nuovamente il dolore percepito. Sebbene nessuna di queste due creme contenesse una sostanza attiva, i soggetti valutavano il dolore sull’ area della pelle su cui era stata applicata la crema che presumibilmente era in grado di alleviare il dolore come effettivamente inferiore rispetto a quello percepito sull’ altra area della pelle.
Afferma Markus Ploner, autore dello studio:
“I nostri risultati mostrano come i nostri processi cerebrali siano differenti anche di fronte ad uno stesso stimolo doloroso. Una mappatura sistematica e una migliore comprensione di questo complesso fenomeno neurologico del dolore nel cervello è un grande cambiamento, ma è assolutamente essenziale per migliorare il trattamento terapeutico di questo tipo di pazienti”.
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BIBLIOGRAFIA:
- Schulz, E., May, E.S., Postorino, M., Tiemann, L., Nickel, M.M., Witkovsky, V., Schmidt, P. Gross, J. & Ploner, M. (2015). Prefrontal gamma oscillations encode tonic pain in humans, Cerebral Cortex. DOI: 10.1093/cercor/bhv043
- Tiemann, L., May, E.S., Postorino, M., Schulz, E., Nickel, M.M., Bingel, U. & Ploner, M. (2015). Differential neurophysiological correlates of bottom-up and top-down modulations of pain. Pain, 156(2):289-96. DOI: 10.1097/01.j.pain.0000460309.94442.44