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I fantasmi nella stanza dei bambini: un’eredità transgenerazionale

I genitori trasmettono aspetti fantasmatici della propria infanzia ai figli, essere consapevoli di questo porterebbe a un ottimale funzionamento familiare.

Di Angela Niro

Pubblicato il 17 Dic. 2014

Aggiornato il 14 Mar. 2016 10:35

 

Nei primi mesi di vita e anche nei primi anni, la relazione madre-bambino è il fattore psicologico più facilmente soggetto a un intervento terapeutico e profilattico e quindi merita di essere studiato assiduamente e con una speciale attenzione (Spitz, 1973). 

Nel momento successivo alla nascita il nuovo nato compie il primo tentativo di adattamento ad un ambiente differente e meno protetto sostenuto dalla funzione di caretaker che è parte del patrimonio di tutte le specie. La sua innata predisposizione a stabilire una relazione con chi si occupa di lui è indipendente dal fatto che questo gli fornisca cibo e nutrimento. In questo periodo è il sostegno dato all’Io dall’assistenza materna che permette al piccolo di vivere e di svilupparsi, malgrado egli non sia ancora capace di sentirsi responsabile di ciò che è buono e cattivo nell’ambiente e di controllarlo (Winnicot, 1970) .

Le ricerche condotte in campo psicoanalitico sull’importanza delle relazioni familiari per lo sviluppo dell’individuo hanno indicato la consultazione terapeutica, una prospettiva di salute per l’intero nucleo familiare, favorendo l’abbandono di una consultazione esclusiva sulla prima infanzia. Le finalità principali di un tale impegno erano quelle di promuovere il miglioramento delle competenze genitoriali e le potenzialità di sviluppo del bambino.

Il lavoro pioneristico compiuto della psicoanalista Selma Fraiberg, in questo ambito di studi, costituisce il frutto di anni di esperienza clinica con le famiglie nel portare alla luce remote angosce e la loro influenza sulle relazioni familiari.

I fantasmi di cui l’autrice parla, intrusi del passato che hanno preso la residenza nella stanza dei bambini, costituiscono l’eredità psicologica di una tragedia familiare destinata a ripetersi per generazioni, la cui individuazione, ha aperto la via alla comprensione della ripetizione del passato nel presente. Un’indagine che con accoglienza, attenzione e silenzio concede l’emergere di orrori rimossi che legano genitori, figli e nipoti in una perversa spirale di sofferenza. Un passato di segreti di famiglia, promiscuità, crimine, abbandono, abusi infantili, trascuratezza, disordine e anche psicosi accomunano due donne la sig.ra March e Annie e le relazioni problematiche con il loro figli, Maria e Greg.

Il comportamento dei bambini, giunti molto piccoli in osservazione, a soli rispettivamente cinque e tre mesi era permeato per lo più da una difesa molto forte nei confronti del caregiver, l’evitamento. Pochi o nessuno sguardo, sorrisi o vocalizzi, né tentativi di girare la testa verso la mamma o di cercarla in momenti di angoscia o disagio. Quasi una profonda compromissione del canale uditivo e visivo peggiorato nel caso di Greg anche da denutrizione.

In assenza di modelli di trattamento a disposizione, l’impresa compiuta dalla Fraiberg e dai suoi collaboratori è stata quella di sviluppare un programma per la salute mentale infantile introducendo via via metodi nel corso dell’attività clinica. L’utilizzo del transfert, la ripetizione del passato nel presente e l’interpretazione erano al centro della psicoterapia psicoanalitica utilizzata, accompagnata da osservazioni dello sviluppo del bambino e della responsività del comportamento materno.

La risposta al quesito clinico che coinvolge le madri in una abnorme difficoltà di ascolto delle grida strazianti degli infanti proviene dalla storia degli stessi dei genitori, affollata di fantasmi.

L’individuo singolarmente preso non utilizza tutti i possibili meccanismi di difesa, ma si limita a selezionarne alcuni, questi però si fissano nel suo Io, diventano modalità abituali di reazione del suo carattere che si ripetono nel corso dell’intera esistenza ogniqualvolta, si presenta una situazione analoga a quella originaria (Freud, 1937).

La signora March era stata a sua volta una bambina abbandonata da una madre che aveva sofferto di psicosi post-partum, cresciuta prima da una zia ed in seguito dalla nonna in una situazione di povertà e promiscuità. Si tratta di una madre le cui grida non sono state sentite, il cui dolore insopportabile è stato tagliato fuori, lasciando spazio ad uno sguardo vuoto e senza speranza, proprio quello che traspariva dagli occhi dalla piccola Marie. La rivelazione dei vecchi sentimenti di bambina era sopraggiunta grazie al lavoro terapeutico, così come il sollievo di poter piangere e sentire il conforto e la comprensione del suo terapeuta. L’ascolto delle grida della madre aveva permesso l’ascolto di quelle del suo bambino innescando una serie di cambiamenti positivi nella relazione diadica con scambi di tenerezze e attenzioni.

Il passato di sofferenze di Annie, una mamma adolescente che alterna accessi di rabbia a umore estremamente depresso aveva ugualmente compromesso la capacità di prendersi cura del suo bambino Greg. Annie era stata abbandonata dalla madre e picchiata per banali disobbedienze dal suo patrigno alcolizzato. Un’intensa paura che impulsi sadici e distruttivi potessero condurla a picchiare e uccidere il suo bambino, proprio come faceva il suo patrigno con lei, la costringeva a evitare il contatto con il piccolo. Anche in questo caso la vicinanza consapevole con vissuti emotivi di rabbia, paura, tristezza e abbandono, le ha consentito di separarsi della dall’identificazione con l’aggressore in atto, in favore di un avvicinamento al figlio. I progressi compiuti hanno permesso di sradicare prima l’evitamento, poi uno strano sorriso che il bambino mostrava ai suoi comportamenti aggressivi, gli stessi che lei aveva usato per tollerare affetti dolorosi.

Un esame profondo delle dinamiche relazionali disfunzionali, l’attribuzione di un significato a comportamenti distruttivi o scarsamente responsivi, sentire le proprie emozioni, può rappresentare un dispositivo di prima scelta delle nuove generazioni di genitori. Accogliere la nascita di un bambino concretamente comporta il riesame del proprio mondo interiore, delle figure, delle relazioni, delle emozioni, delle esperienze che l’hanno definito e l’elaborazione di antiche sofferenze in modo da aprirsi a questo passaggio con piena maturità.

Diventare genitore diviene così un compito complesso da gestire, in cui si palesano aspetti concreti e fantasmatici trasmessi dal genitore al figlio e in cui è indispensabile raggiungere la guarigione del caregiver per il funzionamento ottimale dell’intero nucleo familiare.

 

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