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Il mondo degli adolescenti: la transizione dall’infanzia all’età adulta – Psicologia

Come funziona il mondo degli adolescenti? Per comprenderlo è necessario valutare i cambiamenti fisici, cognitivi e morali di questo periodo - Psicologia

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 04 Dic. 2014

Abstract

L’adolescenza è connotata da innumerevoli cambiamenti fisici, psicologici, emotivi e sociali. Frequentemente gli adulti (genitori ed insegnanti) non sono preparati emotivamente ad affrontare queste metamorfosi, vivendole come “stravaganze” o “capricci”. Per questa ragione, talvolta, non utilizzano le strategie adatte a consentire ai propri figli o alunni di transitare agevolmente verso l’adultità.

 

Le caratteristiche generali adolescenziali

Nell’adolescenza si notano quattro tipi di cambiamenti.

• La completa maturazione fisica.

• Il raggiungimento della maturità sessuale.

• L’acquisizione dello stato di adulto.

• Il conseguimento del pieno sviluppo cognitivo (Berti e Bombi, 2005, pag. 328).

Nel corso di questo periodo si completa lo sviluppo fisico, anche se i soggetti di sesso maschile, spesso, portano a compimento l’accrescimento somatico nelle epoche successive della vita.

Le notevoli modificazioni che avvengono a livello corporeo perturbano la cenestesi, tanto da aversi, in alcuni casi, la dismorfofobia, ovvero la sensazione che il proprio corpo presenti delle anomalie (Stevani, 2011, pag. 250). Tale fenomeno si estrinseca nella dismetria di valutazione, cioè la sensazione soggettiva di sentire i propri organi in maniera difforme da quello che realmente sono (Mastrangelo, 1986, pag. 25). Questo, talvolta, può determinare un cattivo rapporto con la propria corporeità.Compaiono dei timori legati all’adeguatezza del proprio corpo.

In pratica, l’adolescente, confrontandosi con i coetanei, ha paura che la sua fisicità non sia appropriata. Oggetto di recriminazione divengono, ad esempio, l’altezza, le dimensione del seno. D’altra parte, il confronto con i modelli proposti dai mass – media conduce la ragazza o il ragazzo ad una cronica inadeguatezza. L’eccessiva magrezza che i personaggi della moda e dello spettacolo esibiscono, sovente, induce la ragazza a non accettare le proprie rotondità, frutto dello sviluppo puberale. Anche per il ragazzo, il prototipo mediatico è un giovane dalle larghe spalle, che presenta un notevole sviluppo della muscolatura. Ciò, spinto alle estreme conseguenze, determina la bigoressia, ovvero un’ossessività che si palesa in esercizi fisici fatti fino allo stremo delle forze (Stevani, op. cit., pag. 252).

L’inizio dell’adolescenza corrisponde alla fase della pubertà, ovvero alla maturazione dell’apparato riproduttivo e alla comparsa dei caratteri sessuali secondari. La maturità sessuale si completa nel giro di due, tre anni per le ragazze, a partire dai dieci anni di età. Per i ragazzi essa si compie nell’arco temporale di quattro, cinque anni, a partire dagli undici anni (Berti e Bombi, op. cit., pag. 329).

 

Lo sviluppo psicologico, cognitivo e morale

In questo lungo ciclo di transizione dall’infanzia all’età adulta entrambi i sessi provano un vissuto di disagio legato essenzialmente a due fattori:

• l’immagine corporea;

• il ruolo sociale (Berti e Bombi, op. cit., pag. 330).

L’immagine corporea non è più quella dell’infanzia, ma nemmeno quella dell’età adulta, così come il ruolo sociale. Antonelli, riportato in Mastrangelo (op. cit., pag. 26), sostiene che l’adolescente vive tre lutti.

• Il primo è caratterizzato dalla perdita del corpo infantile;

• il secondo è contraddistinto dalla perdita del ruolo infantile;

• il terzo è rappresentato dalla perdita dei genitori dell’infanzia.

Il lutto più grave è senza dubbio simboleggiato dalla perdita del ruolo infantile. La nostra società non ha un ruolo sociale ben preciso da dare a questi soggetti, che non sono più bambini, ma nemmeno adulti, e li condanna ad una marginalità sociale. Questa esclusione conduce, sovente, l’adolescente ad una forma di compenso, che è rappresentata dalla ipervalutazione di sé, che può palesarsi, talvolta, in comportamenti spavaldi e aggressivi. L’emarginazione sfocia in uno stato di opposizione sociale, che può esprimersi in comportamenti falsamente trasgressivi, quali fughe da casa, furti negli esercizi commerciali, abuso di sostanze (alcol e droghe), sesso non protetto (Mastrangelo, op. cit., pag. 26). Altre volte il disagio derivante da tale condizione si estrinseca in disturbi psicologici (anoressia-bulimia, distimia, ciclotimia, stati depressivi) (Mastrangelo, op. cit., pag. 28).

Nell’ambito dello sviluppo cognitivo, secondo Piaget, il minore, intorno ai dodici anni, transita dal periodo delle operazioni concrete a quello delle operazioni formali. Tale fase è caratterizzata dall’acquisizione del pensiero ipotetico-deduttivo e dal primato del possibile sul reale (Berti e Bombi, op. cit., pag. 338). L’acquisizione di tali costrutti incanala il ragazzo verso alcune conquiste cognitive.In virtù di ciò, l’adolescente è in grado di:

• costruire delle teorie nei vari ambiti del sapere;

• elaborare delle ideologie relativa alla realtà empirica e alla vita, nel suo svolgersi;

• sviluppare una spiccata analisi dell’incoerenza fra idee e comportamenti, che si osserva negli esseri umani.

Altre caratteristiche del pensiero ipotetico – deduttivo sono rappresentate dai seguenti parametri.

• L’ indecisione: l’adolescente di fronte ad una scelta spesso non decide, in considerazione delle diverse variabili insite nelle opzioni considerate, che appaiono tutte egualmente intriganti.

• L’egocentrismo che è responsabile dell’edificazione di un proprio mondo al di fuori della realtà (Berti e Bombi, op. cit., pag. 345 – 346).

• La costruzione di un pubblico immaginario e la strutturazione di una fiaba o leggenda personale, come messo in evidenza da Elkind, citato in Stevani (op. cit., pag. 262). L’adolescente, infatti, ritiene che le sue azioni siano osservate e commentate da un pubblico immaginario, spettatore della sua grandezza. Inoltre, egli pensa di essere il destinatario di una sorte speciale, frutto di una fiaba o leggenda personale, diversa da quella di tutti gli altri, che lo porterà a compiere delle imprese memorabili.

Le differenti percezioni di sé: è come se il ragazzo vivesse e percepisse diversi fenotipi di sé, tutti possibili nel momento in cui sono vissuti, anche se in forte contraddizione uno con l’altro. In alcuni momenti immagina di essere il miglior figlio che i genitori possano desiderare, subito dopo si percepisce come il peggiore (Berti e Bombi, op. cit., pag. 348).

Riguardo al periodo precedente dello sviluppo cognitivo, ovvero il periodo delle operazioni concrete, si palesano delle differenze, come Keating, citato in Stevani (op. cit., pag. 253), osserva.

• Nel periodo antecedente il bambino vive come tempo prevalente il presente, durante l’adolescenza la dimensione temporale privilegiata è il futuro.

• Nel periodo della scuola primaria i ragionamenti sono basati sui dati concreti, nell’adolescenza si sviluppa invece la riflessione metacognitiva, che trascende la concretezza. L’acquisizione del pensiero formale ha il suo riverbero anche nella strutturazione del giudizio morale.

Kohlberg, citato in Berti e Bombi (op. cit., pag. 350 – 351), distingue tre fasi nello sviluppo del giudizio morale.

• Fase preconvenzionale, tipica dei bambini fino a nove anni, caratterizzata dall’attenersi a regole morali e sociali, che si sentono estranee al proprio sé, con lo scopo di evitare di incorrere in punizioni.

• Fase convenzionale, che contraddistingue gli adolescenti e gli adulti, ovvero i dettami morali e sociali sono interiorizzati a tal punto che diviene spontaneo comportarsi in un certo modo nelle varie circostanze.

• Fase postconvenzionale, che è peculiare di alcuni adulti che aderiscono a norme morali e sociali, interiorizzandole indipendentemente dalle leggi vigenti nel proprio contesto sociale. È quello che accade agli individui che sono contrari alla militarizzazione, anche se nella nazione in cui vivono è obbligatorio il servizio militare di leva. Essi, pur di difendere le proprie idee, subiscono la reclusione.

 

L’adolescente, la famiglia e i coetanei

Il rapporto fra adolescenti e genitori è animato da due necessità contrastanti:

• l’esigenza di autonomia;

• il bisogno di dipendenza.

“…Questa situazione caratterizzata da un ripetuto allontanarsi e riavvicinarsi viene chiamata marginalità psicologica…” (Berti e Bombi, op. cit., pag. 357).

Il ragazzo spesso riesce ad emanciparsi da questa dialettica antitetica attraverso l’identificazione con figure genitoriali positive. Per agevolare ciò i genitori devono essere presenti in maniera non opprimente nella sua vita, lasciandogli ampi spazi di autonomia. La presenza di figure adulte solide e autorevoli aiuta, quindi, l’adolescente a non smarrire la bussola nei momenti di forte contraddizione che egli sperimenta (Mastrangelo, op. cit., pag. 28).

La marginalità sociale, che gli adolescenti vivono, li spinge a ricercare fortemente la compagnia di altri marginali sociali, cioè i propri coetanei. Nell’ambito del gruppo dei pari si possono avere diverse aggregazioni, come Brown, citato in Berti e Bombi (op. cit., pag. 359), fa notare.

• Il gruppo allargato è costituito dagli adolescenti che condividono la stessa reputazione sociale. Tale gruppo può essere definito, utilizzando la definizione di Saottini, riportato in Stevani (op. cit., pag. 258), evasivo – trasgressivo ed è caratterizzato dalla ricerca del divertimento a tutti i costi, dall’opposizione verso gli adulti. Di questa aggregazione sociale, di solito, fanno parte i soggetti che hanno un’autostima deficitaria e un rapporto conflittuale con i “grandi”, dai quali si sentono poco considerati.

• Il piccolo gruppo è formato dagli adolescenti che si riconoscono simili perché condividono delle attività. Esso può essere formale, cioè basato su regole rigide, oppure informale, come quello costituito da ragazzi che condividono gli stessi interessi e trascorrono insieme il loro tempo libero. Spesso i gruppi formali sono promossi dagli adulti. I giovani che fanno parte di questi gruppi formali hanno un’ideologia della vita che si basa sul sistema valoriale tradizionale, hanno un buon rapporto con la propria famiglia e con la propria corporeità, che si estrinseca in una partecipazione alle attività sportive (Stevani, op. cit., pag. 258).

• Un microgruppo sociale importante nell’adolescenza è rappresentato dalla diade amicale. Nell’adolescenza l’amicizia assume una grande importanza: infatti, l’amico diventa uno specchio in cui riflettersi. Il concetto di amicizia assume delle connotazioni diverse a seconda del sesso: per i ragazzi essa è una relazione fianco a fianco, cioè un luogo dove si condividono delle attività; per le ragazze è una relazione faccia a faccia, ovvero un luogo dove si spartiscono delle confidenze, dei vissuti emotivi (Berti e Bombi, op. cit., pag. 365).

L’adesione ad un gruppo esercita una forte attrattiva sui giovani. Spesso, però, entrarne a far parte non è facile. I gruppi sono caratterizzati dal conformismo dei suoi membri. Infatti, gli appartenenti alla stessa aggregazione hanno in comune il modo di pensare, il vestiario, le abitudini, i luoghi da frequentare. In altre parole, attraverso questa comunanza, ritrovano un’identità collettiva.

Altra peculiarità è il favoritismo, ovvero i singoli membri ritengono che il proprio gruppo sia migliore rispetto agli altri (Berti e Bombi, op. cit., pag. 363). Con il passare del tempo il gruppo perde d’importanza agli occhi dell’adolescente. Questo avviene per due fattori:

• la riscoperta della propria famiglia di origine;

• la formazioni delle diadi affettive.

Le relazioni amorose rappresentano un momento importante di crescita per l’adolescente. Attraverso esse, il ragazzo o la ragazza cementano la propria identità, sviluppano le abilità sociali, fugano il senso di solitudine (Stevani, op. cit., pag. 257).

 

Adolescenza, delinquenza, devianza e identità

Nella sua fase iniziale l’adolescenza diventa il picco dei comportamenti antisociali, che tendono a scomparire intorno ai diciotto – venti anni. Solo una piccola parte passa dalla devianza alla criminalità: sono quei soggetti che hanno avuto dei comportamenti antisociali precoci (Berti e Bombi, op. cit., pag. 368). Questi soggetti, inoltre, sono contraddistinti dall’avere una famiglia incoerente e, durante il periodo della scuola primaria, dall’essere stati rifiutati dai coetanei. Nella loro vita è frequente l’esperienza dell’insuccesso scolastico, con anni scolastici ripetuti più volte (Berti e Bombi, op. cit., pag. 369) .

L’aggregazione in gruppi delinquenziali diventa una maniera per superare l’esclusione sociale. In questo caso, l’identità delinquenziale esercita un certo fascino e regala il sospirato senso di appartenenza (Berti e Bombi, op. cit., pag. 369). Secondo De Leo, citato in Stevani (op. cit., pag. 264), la devianza minorile ha una valenza comunicativa, ovvero l’adolescente attraverso essa invia dei messaggi relativi al suo sistema di attribuzioni e di significati. Questi producono due risultati:

• strumentali, relativi alla dimensione pratica del comportamento deviante;

• espressivi, riguardanti la propria identità, il rapporto con l’alterità, il rapporto con i valori del mondo degli adulti.
Gli adolescenti sono, come si diceva, alla ricerca della propria identità. Perché ci sia la conquista dell’identità, il ragazzo deve compiere due azioni:

• l’esplorazione di diverse alternative esistenziali;

• il successivo impegno in una di esse (Marcia, citato in Berti e Bombi, op. cit., pag. 376).

In sintonia con l’identità è la costruzione del proprio futuro, ovvero della prospettiva temporale. Con tale termine si intende il finalizzare le attività del presente ad eventuali sbocchi lavorativi futuri. Di solito gli adolescenti che hanno maggiore successo scolastico sono quelli che hanno una prospettiva temporale più positiva (Berti e Bombi, op. cit., pag. 381).

In conclusione, come osserva la Oliverio Ferraris, citata in Stevani (op. cit., pag. 246), l’età adolescenziale ha degli archetipi evolutivi a cui deve ottemperare, che sono:

• il reperire una nuova fenomenologia nei rapporti con l’alterità;

• il costruirsi l’identità di adulto;

• il percepirsi come un’individualità ben separata da quella genitoriale;

• l’organizzare la mappa cognitiva della propria adultità, fatta di variabili valoriali, attribuzioni di significati, interpretazioni della realtà.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  •  Berti, A. E., & Bombi, A. S. (2005). Corso di psicologia dello sviluppo. Bologna: Il Mulino.
  • Costabile, A., Bellacicco, D., Bellagamba, F. e Stevani, J. (2011). Fondamenti di psicologia dello sviluppo. Roma – Bari: Laterza.
  •  Mastrangelo, G. (1986). Manuale di neuropsichiatria infantile. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore.
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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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