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Il dialogo con le voci: come conoscere e ascoltare il lato oscuro di sè

La scoperta dei tanti sè che abitano la nostra psiche: la necessità di prenderne consapevolezza e imparare a conoscerli attraverso il dialogo con le voci

Di Roberta Casadio

Pubblicato il 09 Ott. 2014

 

La scoperta dei tanti sé che abitano la nostra psiche e guidano la nostra vita è il compito numero uno nel percorso di consapevolezza. E’ solo assumendo responsabilità delle nostre parti che possiamo smettere di vederle negli altri. Reclamando la nostra intera eredità, possiamo vedere gli esseri umani, compresi noi stessi, con maggior compassione e comprensione. 

Dall’epoca dell’Illuminismo l’umanità ha rinnegato tutte le energie “più oscure” come la passionalità, l’irrazionalità, il misticismo, il dubbio, il paradosso ed ha ammirato, quasi venerato, la razionalità, il distacco, l’obiettività scientifica, la chiarezza.

In tal modo è stato negata gran parte dell’informazione che era accessibile a noi in quanto esseri umani. Abbiamo negato anche la nostra collera, la nostra irritabilità, mancanza di sicurezza e confusione, in favore di equilibrio, buon umore, certezza e fiducia in noi stessi. 

I “sette vizi capitali ” (dal latino vitium = difetto, abitudine deviata, storta, fuori dal retto sentiero) cioè sessualità, sensualità ed emotività, sono bisogni naturali e per lungo tempo sono stati rinnegati poiché intesi come inclinazioni morali e comportamentali distruttivi per l’animo umano, e sono stati contrapposti alle virtù, che invece promuovevano la crescita.

Tutte le attitudini considerate immorali e devianti sono state estirpate dalla società e poiché considerate inaccettabili, si sono trasformate in lato oscuro.

Il lato oscuro è quella parte di ciascuno di noi che nascondiamo a noi stessi o agli altri poiché inaccettabile. E’ ragionevole ritenere che ci voglia una gran quantità di energia per tenere sepolta la nostra vita istintiva, e quanto più a lungo e profondamente è sepolta, tanto più oscura diviene e tanta più energia è necessaria per tenerla sepolta.

 

I nostri sé

Agli inizi degli anni ’70 gli psicologi Stone cominciano ad interessarsi alle tematiche legate alla psicologia dei Sè ed affermano che la psiche contiene molti sé individuali, ognuno con una sua modalità di percezione della realtà, con la sua storia personale, le sue caratteristiche fisiche, le sue reazioni emotive, le sue opinioni su come dovremmo vivere la nostra vita (Stone & Stone, 1996).

Sidra e Hal Stone affermano:

[blockquote style=”1″].. Molto presto nelle nostre esplorazioni iniziammo a vedere che noi siamo composti da sé primari ovvero un gruppo di sé che definiscono la nostra personalità. Ogni volta che ci identifichiamo con un sé primario dall’altra parte c’è, uguale e contrario, il suo opposto ovvero un sé rinnegato. Cominciammo a vedere, comunque, che il vero dono del lavoro non era semplicemente parlare con i sé primari. Al contrario, iniziammo a vedere che il significato vero del lavoro era nel lavorare direttamente con gli opposti. Sembrava importante imparare a separarsi dai sé primari, parlare con i sé rinnegati, e poi imparare a stare fra gli opposti (dei sé primari e rinnegati) sentendoli chiaramente entrambi contemporaneamente. Erano gli opposti ad essere importanti.[/blockquote]

Quando l’Io viene a confrontarsi con la pressione di angosce non elaborabili, percepite come disintegranti e non è possibile integrare in coscienza le parti che abitano il lato oscuro, si verifica l’attivazione di un meccanismo di difesa che Melanie Kein definisce con il termine identificazione proiettiva (Kein, 1946) secondo cui si introducono parti scisse di sé all’interno dell’oggetto esterno al fine di possederlo e controllarlo.

Dalle parole di Klein:

[blockquote style=”1″]Una delle primissime difese nei confronti della paura dei persecutori, siano questi immaginati nel mondo esterno o interiorizzati, è costituita dalla scotomizzazione, cioè dal diniego della realtà psichica; questo può produrre una limitazione considerevole dei meccanismi dell’introiezione e della proiezione e tradursi in diniego della realtà esterna, una situazione che costituisce la base delle psicosi più gravi.[/blockquote]

Se non permettiamo a queste parti che ci appartengono di dialogare con noi, se continuiamo a rinnegarle, esse aumenteranno di intensità, verranno proiettate all’esterno e alla fine proromperanno nelle nostre vite fuori controllo. Al contrario noi abbiamo più possibilità di controllarle quando è permesso loro di esprimersi in modo equilibrato e di essere ascoltate.

La scoperta dei tanti sé che abitano la nostra psiche e guidano la nostra vita è il compito numero uno nel percorso di consapevolezza. E’ solo assumendo responsabilità delle nostre parti che possiamo smettere di vederle negli altri. Reclamando la nostra intera eredità, possiamo vedere gli esseri umani, compresi noi stessi, con maggior compassione e comprensione.

Il Dialogo con le Voci 

Il Dialogo con le Voci fornisce l’accesso diretto alle sub-personalità (i nostri sé) e offre l’occasione di separarle dalla personalità totale e di trattarle come unità psichiche indipendenti ed interagenti. Usando il Dialogo con le Voci ci si rivolge direttamente ad ogni sub-personalità, sia come entità individuale, sia come parte di una personalità totale.

 

Questa tecnica ho lo scopo di aumentare consapevolezza nella costituzione psicologica del soggetto. Questa è una esplorazione rilassata e allo stesso tempo vigile che tende ad incoraggiare la voce a parlare della persona in questione come di un’entità separata. Poiché le voci sono come persone, se il facilitatore è veramente disponibile ed interessato, esse si aprono; se al contrario sentono la mancanza di accettazione o la disapprovazione, tendono a ritirarsi o perfino ad aggredire.

Inoltre, il Dialogo con le Voci è un esplorazione congiunta, e questo atteggiamento allontana il vincolo relazionale genitore-bambino ma incoraggia il soggetto ad evitare di rinunciare al proprio potere in favore di quello del facilitatore. Infatti, lo scopo ultimo è l’espansione della coscienza e non la convalida della visione del facilitatore.

Il Dialogo con le Voci è a volte utilizzato nel lavoro con gli uditori di voci e prevede una o più conversazioni dove il facilitatore entra in contatto direttamente con le voci che la persona sente ed il soggetto uditore riporta ciò che la voce risponde (Cortens et al., 2007).

Secondo questa prospettiva, in accordo con quanto prima espresso, le voci vengono considerate vere per la persona che le sente e quindi vengono esplorate, riconosciute, onorate ed ascoltate (Romme & Escher, 2000). Nella sostanza non vi sono grandi differenze se non che l’uditore non riconosce la voce come parte di sé.

Lo scopo ultimo del dialogo con le voci è quello di una esplorazione vigile e rilassata di chi sono le voci e di cosa vogliono dalla persona e si pratica solo quando certe condizioni sono soddisfatte, ad esempio la piena volontà di collaborazione da parte dell’uditore.

La persona stessa può essere incoraggiata a strutturare una parte della giornata per ascoltare e dialogare con le sue voci, ad esempio dandosi degli appuntamenti quando sono entrambe le parti disponibili (questo potrebbe aiutare la persona ad entrare in una migliore relazione con la voce).

Lo scopo del rapportarsi con le voci, anche quelle più critiche, consiste nello scoprire la funzione protettiva delle voci più aggressive e comprendere quali siano le esperienze che elicitano la loro ira. Quando l’emozione che guida la voce aggressiva è riconosciuta ed accettata, di solito la voce si calma o si ritira (May, 2014). Questa tecnica con gli uditori di voci può essere unita a tecniche derivanti dalla Gestalt (ad esempio la tecnica della sedia vuota) e dalla Drama Therapy.

Cambiare il rapporto con le proprie voci potrebbe essere di grande aiuto per le persone che provano forte stress dovuto alla presenza di voci critiche, aggressive ed invalidanti. Questo viaggio di scoperta e consapevolezza può essere affrontato all’interno di un percorso più ampio che prevede la collaborazione di diverse figure professionali e di altri significativi per la persona.

 

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Roberta Casadio
Roberta Casadio

Psicologa clinica e specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale, Recovery worker

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