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La Self-Mirroring Therapy: usare i Neuroni Specchio per comprendere se stessi

La self-mirroring therapy permette di "sfruttare" verso se stessi quei meccanismi di risonanza empatica, mediati appunto dal sistema dei neuroni specchio.

Di Redazione

Pubblicato il 24 Apr. 2014

Aggiornato il 13 Mag. 2015 12:05

 

 

 

Neuroni specchio. - Immagine: ©-ktsdesign-Fotolia.comLa SMT  attraverso una particolare tecnica di videoregistrazione della seduta terapeutica, grazie alla quale il  paziente dapprima osserva il filmato di se stesso durante un momento emotivamente significativo (ad esempio mentre rievoca un episodio)  e poi ri-vede se stesso mentre osservava tale filmato,  permette di “sfruttare” verso se stessi (e quindi usarli a fini terapeutici) quei meccanismi  di risonanza empatica, mediati appunto dal sistema dei neuroni specchio, che normalmente usiamo per comprendere in modo intuitivo, automatico  e inconscio le intenzioni e gli stati emotivi degli altri.

La self mirroring therapy ( SMT ), ideata e sviluppata da Piergiuseppe Vinai e Maurizio Speciale, nasce dall’esigenza di trovare un’applicazione psicoterapeutica alle recenti scoperte neurofisiologiche sul sistema dei neuroni specchio.

Se da una lato, infatti, tali scoperte hanno avuto un grande valore esplicativo incominciando a chiarire  i meccanismi  alla base delle  dinamiche emozionali che avvengono durante la relazione  paziente- terapeuta, dall’altro non hanno avuto un altrettanto valore applicativo nel facilitare il processo di cambiamento da parte del paziente.

La SMT  attraverso una particolare tecnica di videoregistrazione della seduta terapeutica, grazie alla quale il  paziente dapprima osserva il filmato di se stesso durante un momento emotivamente significativo (ad esempio mentre rievoca un episodio)  e poi ri-vede se stesso mentre osservava tale filmato,  permette di “sfruttare” verso se stessi (e quindi usarli a fini terapeutici) quei meccanismi  di risonanza empatica, mediati appunto dal sistema dei neuroni specchio, che normalmente usiamo per comprendere in modo intuitivo, automatico  e inconscio le intenzioni  e gli stati emotivi degli altri.

Attraverso tale procedura  il paziente osservandosi  come se fosse un “personaggio” di un film, riconosce le proprie emozioni  non a partire  dalle proprie capacità autoriflessive e introspettive (capacità alquanto limitate nella popolazione clinica in generale e, in particolare, nei pazienti alessitimici) ma dalla visione del proprio comportamento non verbale e, in particolare, dalla propria espressione mimico- facciale.

Inoltre l’osservarsi dall’esterno  facilita una maggior riflessione sui propri stati mentali incrementando cosi’ le proprie capacità metacognitive.

Nel setting, quindi, tale metodologia  “sfrutta”  come fattore terapeutico oltre che le “parole” soprattutto la visione di se stessi. A tal proposito  la ricerca neuroscientifica  mostra  sempre più chiaramente  l’importanza dell’esperienza visiva; essa, attivando il meccanismo dei neuroni specchio,  si configura come una processo multimodale che implica l’attivazione di circuiti cerebrali non solo “visivi” ma anche sensori-motori, viscero-motori e affettivi .

Quando, osserviamo un altro individuo esprimere un’espressione emotiva, si attivano gli stessi circuiti motori, viscero-motori ed affettivi che sono coinvolti quando noi stessi produciamo quella stessa espressione emotiva; la vista, ad esempio, di un individuo che provando l’emozione di  disgusto  è in in preda a conati di vomito, induce spesso nell’osservatore reazioni simili  a quelli che proverebbe lui stesso assaggiando un alimento disgustoso.

Questo meccanismo  definito da Vittorio Gallese “simulazione incarnata” (embodied simulation) ci permetterebbe non solo di “vedere” l’espressione emotiva altrui ma anche di “comprenderla” come se fossimo noi stessi a provare quella particolare emozione.

La SMT fa si che il paziente usi questo “potere” dell’immagine e, in particolare della propria immagine, (che, come confermano recenti studi  neuroscientifici, attiverebbe ancor più intensamente il sistema dei neuroni specchio) a  fini terapeutici per comprendere in modo più  “profondo” le proprie emozioni,  le proprie convinzioni  e più in generale il proprio modo di funzionare.

L’effetto terapeutico per il paziente è una sorta di insight  sulle convinzioni disfunzionali che nel tempo ha sviluppato su di se e sugli altri attivando, conseguentemente, stati emotivi di  accudimento, compassione  e di “perdono” verso se stesso. 

Tutto ciò gli  consente  di entrare più in sintonia e di  migliorare il rapporto  con quel “personaggio” che osserva nel video e, quindi, in ultima analisi, di raggiungere, in tempi relativamente brevi, un maggior  livello  di benessere psichico.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  • P.Vinai, M.Speciale ( 2013) “Il colloquio nella Video-Based cognitive Therapy” in G. Ruggiero, S.Sassaroli ” Il colloquio in psicoterapia cognitiva” Raffaello Cortina, Milano
  • M.Speciale, F.Tonello, P.Vinai (2014) “Incontro tra Tecnologia e Psicologia: esperienze italiane” in A. Cantagallo “Teleriabilitazione ed ausili: la tecnologia in aiuto delle persone con disturbi neuropsicologici” Franco Angeli, Milano
  • P. Vinai, M. Speciale, L.Vinai, C. Bruno, P. Vinai, M. Ambrosecchia, M. Ardizzi, G.M. Ruggiero, V. Gallese “Implementing the ABC framework of the Rational Emotive Behavior Therapy through the Self Mirroring technique: clinical implications and neurophysiological background”.  Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy.   (submitted)

CONSULTA IL SITO:  www.selfmirroringtherapy.com

 

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