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Omicidio-Suicidio alla clinica di Paderno Dugnano. Prospettiva Psicologica

Commento psicologico su GB che giovedì 2 gennaio ha ucciso la moglie ricoverata nella clinica «Emilio Bernardelli» a Paderno Dugnano e che poi si è ucciso.

Di Sandra Sassaroli

Pubblicato il 06 Gen. 2014

 

 

Due righe di commento sull’uomo (GB) che giovedì 2 gennaio ha ucciso la moglie (MP) nella clinica «Emilio Bernardelli» a Paderno Dugnano, dove la donna era ricoverata per un’ischemia cerebrale, e che poi si è ucciso.

Una storia dolorosa che nei giornali viene descritta come una storia di affetto e di amore.  Un uomo, dopo un grave evento invalidante, per non potere rinunciare alla donna con la quale vive e che ama, la uccide e si uccide.

Però potrebbe essere anche una storia di dipendenza eccessiva. La donna dopo l’ischemia (sono passati solo due mesi) stava lentamente riprendendosi e aveva bisogno di tempo. I medici stessi dicono che occorrono molti mesi perché la situazione cerebrale dopo un trauma si assesti.  E allora perché ucciderla? Cito dal Corriere della Sera:

MP non era in pericolo di vita. Si stava riabilitando, era cosciente e vigile, la signora aveva sicuramente subito dei danni però nessuno può giudicare “perenne” un quadro evolutivo come poteva essere il suo “anche se comunque era un quadro importante”.

Se dobbiamo fare una riflessione su questa vicenda, certo non è quella della Bossi Fedrigotti, che qui citiamo

“la tragedia fornirà motivo per discutere di nuovo di eutanasia, la cosiddetta morte dolce in contrasto con quella violenta, scioccante a colpi di rivoltella: ma avrebbe, anche a più dolce delle morti, indotto G. a vincere il suo smarrimento, a posare la pistola, a continuare a vivere, magari anche dieci anni, da solo e soprattutto senza A?”

Mi chiedo: ma che c’entra l’eutanasia?

Non viene voglia di riflettere da psicoterapeuti su questo omicidio? Si possono fare alcune ipotesi (che rimarranno ipotesi) perché ora la scena è ferma per sempre.

La prima è quella che ha dominato la scena giornalistica e che ha a che fare con il dolore e la depressione.  L’uomo si è sentito solo, senza l’affetto di sua moglie, probabilmente con difficoltà a sentirsi competente e adeguato. Il dolore è troppo grande e non sa affrontarlo in modo profondo, e prende la scorciatoia, spara a lei e a se stesso.  Certo se fossi stata la moglie avrei voluto essere messa al corrente della scelta e che mi venisse richiesto, in quello specifico momento, non prima, mentre se ne parlava prima che le cose vere accadessero.

In questo caso, da clinici, pensiamo che quest’uomo fosse poco abituato ad affrontare in modo consapevole le emozioni dolorose.  E che anzi ne fuggisse, le temesse.

Oppure l’uomo è un ansioso, ha visioni catastrofiche del futuro, teme che da solo non ce la farà, non tollera di non conoscere ciò che ha davanti a sé e affronta l’evento chiudendo il futuro che non sa prevedere, che teme di non sapere affrontare e organizzare.  In questo caso l’ansia, la paura, hanno portato a una scelta poco riflessiva, non condivisa.

Oppure è un impulsivo, è arrabbiato con il destino che gli ha fatto quello scherzo, protesta contro l’evento che gli sembra gli tolga la libertà di scegliere la vita che preferiva fare.

Gli spari, a se stesso e alla moglie sono spari di rabbia e di protesta. Che non tengono conto delle esigenze e del punto di vista della compagna. E forse anche dei figli, che non sono stati consultati sull’esito cruento che si andava preparando.

 

Insomma in tutti i casi abbiamo una persona poco capace di accettare e affrontare in modo consapevole questa fase dolorosa della vita in cui sembra che tutte le certezze si perdano, e in cui si è davanti a eventi improvvisi e imprevisti che non si pensava di potere affrontare.

La consapevolezza emotiva, la capacità di accettazione della realtà e di quello che essa improvvisamente ci impone sono tipici argomenti di un intervento psicologico.

Così come la capacità di mettersi in relazione con l’altro e condividere ciò che l’altro prova o può provare o pensa o può pensare.  MP non parlava in questa fase ma certo GB non è stato capace di mettersi nei panni di lei. Per dolore? Per paura? Per rabbia?  Si è messo violentemente al centro della scena decidendone lo script e il finale.

Insomma, a mio parere, un evento della patologia mentale e della violenza più che un evento dell’esagerato amore.

LEGGI ANCHE: VIOLENZA  SUICIDIO

BIBLIOGRAFIA:

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

“Amour”, Storia d’Amore e Distruzione – RECENSIONE (M. Haneke, 2012)

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Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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