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Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – PARTE 3

Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità - Il lavoro dei Danzamovimento terapeuti - Un'analisi delle prime interazioni e del movimento.

Di Redazione

Pubblicato il 18 Ott. 2013

Alessandra Cocchi.

 

Dal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità

Un intervento di Danza Movimento Terapia

PARTE 3

Prime interazioni e analisi del movimento nel caso di L.

LEGGI: PARTE 1PARTE 2

 

Il gemello sacrificato - parte 3. - Immagine: © andreyfire - Fotolia.comDal gemello “sacrificato” alla rinascita della individualità – Il lavoro dei Danzamovimento terapeuti per un’analisi delle prime interazioni e del movimento del bambino.

Quando lo vedo arrivare nel corridoio accompagnato dal papà e quando in palestra mi sta di fronte rigido e chiuso nella sua giacca a vento, noto che l’effort1 del peso2 non è mai interamente attivato, e prevale in sua sostituzione il flusso di tensione muscolare3 tenuto ad alta intensità4. Mentre sta in piedi, con le braccia lungo il corpo, studiandomi e raccontandomi le sue fantasie, L. congela il movimento e il respiro, e mantiene un flusso di forma5 chiuso e ristretto.

Secondo Judith Kestenberg il flusso di forma chiuso ha a che fare con un disagio nei confronti dell’ambiente circostante, il quale non favorisce la motivazione a gettare un ponte fra sé e il mondo. Osservo che, qualunque cosa faccia, manca in L. la connessione col centro del corpo, e, ancor prima, col respiro6, che non può sostenere le altre azioni. Il flusso di tensione muscolare tenuto non gli permette di allargare la forma del corpo, come se creasse una vera e propria seconda pelle (Bick 1968). Ciò suggerisce la mancanza di un oggetto interno contenitivo e l’ ansia per non potersi lasciare andare all’aiuto e alla disponibilità emotiva degli altri.

Un obiettivo di lavoro nella prima fase della terapia riguarda la costruzione di una relazione che diventi una pelle mentale per L., che gli permetta di interiorizzare il nostro appuntamento come uno spazio-tempo in cui poter stare in presenza di un adulto interessato e partecipe, che riconosca e contenga la sua parte deprivata, facendogli sentire accolta la totalità del suo essere.

Questo tipo di relazione permette una regressione terapeutica (Winnicott, Kohut), che favorisce la sperimentazione di oggetti Sé empatici, riducendo nel paziente la scissione verticale che lo divide fra aspetti di grandiosità e sensazioni di vuoto e inibizione, in modo da integrarli nella totalità del Sé.

Inoltre, salta subito all’occhio uno scarso utilizzo della cinesfera7: L. è spesso confinato nel suo spazio intimo8, da cui a volte esce improvvisamente per mimare calci e pugni allo specchio indirizzati a “rivali”, o per ripropormi le coreografie dei suoi eroi del wrestling. Quando si dedica a tali movimenti di apertura, predomina il pre-effort9 della repentinità10: in quella situazione il corpo “si scompone”, per cui, invece che sferrare calci e pugni come vorrebbe, gli arti “esplodono” fuori dalla cinesfera intima, perdendo ogni coordinazione.

Gli manca quindi una vera e propria gestualità direzionale11 che parta dal centro del corpo e vada verso l’esterno; non è in grado di attivare efficacemente la connessione nucleo-distale12. Nei suoi gesti e movimenti non riesce a esprimere l’intenzionalità di andare verso lo spazio, gli oggetti e le persone per prendere o raggiungere ciò che desidera.

Judith Kestenberg (Kestenberg 1975) descrive il neonato come impegnato, nei primi mesi, a formare un suo guscio di tensione muscolare esterna per sentire nel corpo la differenziazione dalla madre; in questa condizione, il piccolo, intento ad acquisire il controllo sul restringersi e l’espandersi, sul mantenere una tensione corporea costante e sul riadattarla nei suoi spostamenti, crea una prima relazione direzionale quando comincia ad afferrare gli oggetti.

II desiderio di prendere oggetti distanti lo spinge fuori dal centro del corpo, verso lo spazio, per raggiungerli.

Sebbene abbia constatato l’incompleta attivazione dell’effort del peso, scorgo in questa sua posizione eretta, stazionaria, rigida, un tentativo di mantenimento dell’atteggiamento corporeo tipico del bambino nella fase anale dello sviluppo psicosessuale (Kestenberg 1975). In questa fase l’attenzione del bambino è molto concentrata sulla parte inferiore del corpo, perchè deve imparare a stare in piedi; l’esplorazione e il mantenimento della posizione eretta dà al piccolo la sensazione di essere “tutto di un pezzo”, un solido muro verticale che si oppone alla gravità. In effetti L. raramente cammina per la stanza, più che altro sta fermo o al massimo passa il peso da un piede all’altro, o fa pochi passi avanti e indietro o lateralmente, esibendo ritmi ora anali lottanti, ora genitali interni13; in tutto ciò le braccia sono sempre piegate strette vicine al busto, o, più spesso, lungo il corpo, ciondoloni.

Nell’intento di accogliere il bambino e di farlo sentire visto e sostenuto, in un primo momento sono ricorsa, nel modo di stare in piedi o seduta, di muovermi, di parlare, di ascoltarlo, soprattutto al rispecchiamento e alla sintonizzazione sui ritmi, le intensità e le forme del corpo di L.14. Ad esempio: durante i suoi racconti fantastici mi mettevo di fianco a lui e ne imitavo il ritmo con cui passava il peso da un piede all’altro; oppure stavo seduta di fronte a lui raggomitolata, anche io in un flusso di forma chiuso, dondolandomi al ritmo dei suoi spostamenti di peso. A volte gli proponevo attività ispirate alle arti marziali, modulando il movimento e suggerendo la sperimentazione di una maggiore pienezza dei movimenti del calcio e del pugno da lui ricercati.

Tutte le volte che lo rispecchiavo con troppa precisione, o quando gli proponevo di muoverci insieme, cioè di “negoziare” i suoi movimenti coi miei, cadeva nel flusso neutro15, deanimandosi come una bambola di pezza, con lo sguardo perso nello spazio remoto16. Nei bruschi cambiamenti degli attributi del flusso di tensione17 ora descritti, ho potuto vedere come, nel corpo, L. esprimesse uno scollegamento fra l’immagine irrealistica e fantastica di sé e il reale vissuto corporeo. L., infatti, sentiva l’impulso di passare bruscamente dallo stato di ritiro e chiusura descritto, ad azioni che avrebbero richiesto l’attivazione della connessione corporea omolaterale e controlaterale18, necessaria per sferrare un pugno o un calcio efficaci e credibili. Lo scomporsi del suo movimento quando tentava un aggancio “reale” agli spericolati atti che mi descriveva, non davano la sensazione di un movimento espressivo e compiuto, diretto a un fine, come avviene quando gli effort descritti da Laban si esplicano nella loro pienezza. L’uso frequente del pre-effort della repentinità, legato ad azioni che si svolgono prevalentemente su un piano sagittale19, indica, secondo Kestenberg, uno stato di allerta permanente, un essere pronti all’attacco e alla fuga come difesa controfobica20.

Il non avere raggiunto la capacità di usare effort pieni denotava una scarsa padronanza degli schemi di movimento che permettono di affrontare la vita quotidiana; il wrestler alle prese con le sue micidiali coreografie lottanti, il karateka che esegue (termine) i suoi kata con efficacia e convinzione di combattente, erano solo ideali per L., che sferrava calci e pugni davvero poco realistici.

 

LEGGI: PARTE 1 – PARTE 2

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LA SINGOLARITA’ COME MATRICE DI DIFFERENZE: TEORIA DEL BIG BANG E FUNZIONE RELAZIONALE DEL SINTOMO

 

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NOTE

1Nella LMA il termine effort indica la manifestazione dinamica nel movimento, originata da un impulso interno e visibile all’esterno in rapporto alla forza di gravità (peso) e alla gestione attiva dello spazio e del tempo.

2Riporto la chiara spiegazione di Katya Bloom: <<L’ effort del peso, designato come forte o leggero, riguarda la sensazione fisica del corpo stesso e la sensibilità tattile. Rendendo conscio questo aspetto dell’esperienza, secondo Laban, sviluppiamo una intenzione con cui operare, fare qualcosa col corpo. (…) L’elemento del peso, quindi, è legato al senso di efficacia e di attività, alla capacità di esercitare un impatto, oltre che di essere in-formati. Un senso di presenza tridimensionale ci mette a disposizione un luogo a partire dal quale provare sensazioni, vedere o pensare.>>(Bloom 2006, p. 37).

3<<L’elemento del flusso (libero o tenuto/legato) riguarda il controllo o la libertà dei sentimenti che si esprimono nel movimento. Quando ci sono carenze nell’ambiente primario, o quando il bebé è estremamente sensibile ai fattori di disturbo affettivo, le sue reazioni possono essere caratterizzate da un flusso legato. Intendo con questo le strategie per la regolazione e il controllo degli affetti di fronte a sentimenti arcaici che chiamano in causa il terrore dell’estinzione. (…) Naturalmente questi sentimenti primitivi che ho ricondotto all’elemento del flusso non sono circoscritti alla prima infanzia. Le carenze dell’ambiente originario lasciano in qualche misura l’impronta sull’esperienza successiva di tutti noi, ma se son state gravi e durature avranno probabilità molto maggiori di essere riattivate in momenti di stress e di trauma durante tutto il corso della vita.>> (Bloom 2006, pp. 91, 92).

4Il flusso tenuto di tensione muscolare è legato secondo la LMA e il KMP alla relativa libertà o restrizione del flusso del respiro e dell’energia, della forza vitale del corpo; ha a che fare col controllo muscolare dei confini del corpo, dei sentimenti, del vissuto corporeo e delle emozioni. In questa modalità non si esprime né si riceve un messaggio affettivo, ma si comunica all’altro di non avvicinarsi, rinunciando così a entrare in contatto (Govoni 2012).

5Nel KMP il flusso di forma è il fattore di base del movimento, è <<la forma del corpo che cambia e si muove adattandosi, sia rispetto a se stessi, che all’ambiente esterno>>. La respirazione polmonare è anche il primo movimento verso la relazione con l’ambiente esterno, e plasma uno spazio interno tridimensionale. Il neonato dapprima apre e chiude la propria forma corporea per respirare e per assecondare le sensazioni interne e raggiungere uno stato di comfort. L’esperienza del flusso della forma nutrita dal respiro, crea una prima connessione con la differenziazione del sé dalla madre: così il bambino sperimenta l’allargamento e il restringimento della forma corporea anche in relazione allo spazio che lo accoglie, facendo una prima esperienza dei propri confini. Il neonato sostenuto dall’abbraccio della mamma, cede il suo peso e si aggiusta nella forma. La madre cerca di sintonizzarsi con il respiro e con il peso del bambino dando origine così ad un legame e ad un rapporto di fiducia.

6Bartenieff/Hackney descrivono il respiro come il fattore-base del movimento, il primo atto con cui nasciamo alla vita: il respiro è cellulare e polmonare fa sì che sperimentiamo il senso di pieno e vuoto, e una forma primaria di tridimensionalità; è la percezione di base per la fiducia nell’esserci.

7Nella LMA la cinesfera è lo spazio che circonda il corpo, direttamente raggiungibile dal soggetto, in cui vengono descritti i tracciati di movimento in dimensioni, piani, diagonali, in relazione al centro di gravità del corpo.

8Nella LMA è l’area della cinesfera più contigua al centro del corpo.

9 Secondo Judith Kestenberg gli effort di Laban hanno nello sviluppo una funzione adattativa, vengono usati per cooperare col mondo esterno; i precursori degli effort, o pre-effort sono invece collegati al flusso di tensione e sono i principali mezzi motori dei meccanismi di apprendimento e difesa; mediano fra l’Es e l’Io. Si veda R. M. Govoni, Danza: linguaggio poetico del corpo e strumento di cura, pagg. 71, 72.

10Nel KMP il pre-effort della repentinità corrisponde a uno stato di all’erta, ha a che fare con difese di tipo attacco-fuga, del “buttarsi” a fare qualcosa, degli acting-out, e si esplica principalmente nel piano sagittale (salto, corsa, pugno, calcio, strisciare…); a questo pre-effort è collegato il processo cognitivo dell’apprendimento tramite intuizione.

11Nel KMP la gestualità direzionale è quella che si dirige dal centro del corpo al suo esterno, direzionata verso qualcosa, per entrarvi in relazione. I movimenti direzionali possono essere spoke-like (a una dimensione, dritti), ark-like (a due dimensioni, curvi, ad arco) e carving (scolpire lo spazio, tridimensionali).

12Nello studio sulle connessioni corporee Bartenieff/Hackney, la connessione nucleo-distale (o irradiazione ombelicale) comprende lo sviluppo del sostegno del nucL. interno del respiro e dei muscoli/ossa interne del corpo in relazione con il movimento di ciascun arto verso l’ambiente.

13Nel KMP i ritmi del flusso di tensione muscolare denotano il flusso continuo fra tensione e rilassamento dei muscoli Essi si organizzano il modo in cui l’essere umano organizza i suoi impulsi energetici, che si manifestano attraverso variazioni toniche. <<Questi ritmi si definiscono come combinazioni di ritmi più semplici essenziali, sia per certi tipi di compiti sia per funzioni fisiche elementari. Ritmi specifici si associano alle seguenti azioni: 1) succhiare, mordere, 2) tendere, torcere, 3) correre, fermarsi, 4) ondeggiare, oscillare, 5) saltare, balzare. (…) Ciascuno di questi ritmi può essere classificato anche secondo le corrispondenti fasi e zone libidiche. Così: 1) succhiare e mordere sono attività della fase orale, 2) tendere e torcere appartengono alla fase anale, 3) correre e fermarsi alla fase uretrale, 4) ondeggiare, oscillare alla fase genitale interna, 5) saltare e balzare alla fase genitale esterna. Va distinta anche una versione libidica o sadica nei modelli di movimento di ciascuna fase, che connota una maggiore o minore quantità di sforzo, oppure, in termini più soggettivi, una qualità più indulgente (indulging) o combattiva (fighting) del movimento.>> (La Barre 2001, p. 39).

14Stern sottolinea il vincolo fra la sintonizzazione affettiva e la percezione dell’altrui movimento attraverso gli affetti vitali; ciò corrisponde alle qualità che i Danzamovimento Terapeuti osservano attraverso il flusso di forma, ritmi di del flusso di tensione muscolare e gli attributi del flusso di tensione del KMP e tramite gli Effort nella LMA: <<Nel lavoro di Danza Movimento Terapia si perfeziona la tecnica del rispecchiamento attraverso la possibilità di sintonizzarsi al flusso di tensione e al flusso di forma del movimento del paziente.>> (Govoni 2010, Kestenberg 1990).

15Il flusso neutro o deanimato è un flusso che impiega livelli minimi di tensione muscolare (Govoni 2012).

16Nella LMA è lo spazio al di fuori della cinesfera, cioè non direttamente raggiungibile dal corpo.

17Nel KMP gli attributi del flusso di tensione sono la parte “affettiva” del flusso di tensione, derivano da bisogni biologici e psichici e organizzano la loro regolazione affettiva, cioè l’espressione dei sentimenti e le reazioni emotive alla sicurezza e al pericolo.

18La Hackney descrive la cross-lateral connectivity come il movimento controlaterale del corpo connesso al centro del corpo stesso, che impegna le catene muscolari che vanno dai piedi al pavimento pelvico e dalla spina dorsale alla connessione scapola/braccio/mano, fino alla testa. Hackney descrive come nel bambino, l’imparare a usare questa connessione sia successiva al saper padroneggiare la connessione omolaterale, che organizza il corpo in una parte che mantiene la stabilità, mentre l’altra si muove e lavora, è legata alla funzioni laterali del cervello e alla chiarezza di pensiero (Hackney, 1998, pp. 177 et segg.).

19Il piano sagittale nella LMA indica i movimenti che spostano il corpo avanti e indietro in relazione al suo centro.

20Si veda anche nota 8.

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