Facebook: terreno fertile sia per esibire con astuzia solo i capitoli migliori della propria vita sia per celare l’invidia dietro a parole poco sincere.
Seduti alla solita scrivania in una grigia giornata uguale a molte altre cercate conforto in un caffè appena munto dalla macchinetta dell’ufficio e con l’occhio sulla sempre aperta pagina di facebook, vi imbattete in un post che ritrae un conoscente sdraiato all’ombra di una palma mentre sorseggia un cocktail dalle spregiudicate dimensioni e contempla con sguardo annebbiato l’oceano che non ha certo dimenticato di immortalare.
LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: SOCIAL NETWORK
Due sono le vostre possibili e immediate reazioni: cliccare energicamente il tasto mi piace e prendere a testate la tastiera o commentare con parole sincere del tipo “spero di avere notizie dalla Farnesina del tuo ritrovamento a largo del pacifico” o “ mi auguro che una noce di cocco ti colpisca in mezzo agli occhi”. In verità questo non lo fate mai, preferendo nascondere i vostri cattivi pensieri dietro a parole benevole.
In ogni caso, ciò che probabilmente vi sta divorando, è il mostro dell’Invidia, niente di meno che uno dei sette peccati capitali, un vizio che nell’Antico Testamento viene qualificato come “la carie delle ossa” (Pr 14; 30).
Infatti, mentre della lussuria ci si può addirittura far vanto, l’invidia è un’emozione che fatichiamo ad accettare in noi stessi, forse proprio in virtù dei pensieri malevoli che l’accompagnano.
Ma come nasce questa emozione così tipicamente umana eppur così largamente condannata?
Prendiamo in prestito le lezioni del prof.Castelfranchi, direttore dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, per tentare di rispondere a questa domanda.
L’invidia prevede un soggetto invidioso, X (il grigio impiegato), un soggetto invidiato, Y (il collega in riva al mare) e un oggetto dell’invidia, Z (il mare, il sole, il silenzio, il cielo limpido, il cocktail).
Dunque si può dire che X invidi Y per via di Z e che ovviamente, in termini di scopi e credenze, X desideri Z che crede di non possedere come invece fa Y.
Un aspetto importante nel comprendere la connotazione negativa di questa emozione umana è che il bene in questione, in questo caso Z, non è un bene scarso. In altre parole il fortunato Y non ha sottratto nulla al povero X, ovvero la sua presenza sulle coste del pacifico non comporta nessuna riduzione delle possibilità che anche X ci possa andare. Ma l’invidia c’è proprio perchè Y può avere Z e X no. Perché poi si possa parlare di vera e propria invidia sono necessarie anche le credenze “X non può avere Z” e “Y può avere Z”. Ecco allora che X, portatore di una mente umana, naturalmente avvezza a far valutazioni sulla base di comparazioni, avverte il peso della sua inferiorità per non poter essere anche lui in riva al mare. L’invidia è dunque l’emozione dell’inferiorità.
E’ proprio la consapevolezza di non poter avere qualcosa, di essere per questo inferiori all’altro, a rendere l’invidia così brutta. Infatti se X potesse ottenere (o fosse convinto di poter ottenere) Z, anche a fatica, il sentimento si tramuterebbe in emulazione, sempre di natura competitiva, ma mai veramente lesiva.
Invece, se si prova la vera invidia, si può addirittura desiderare che Y soffra ma tale scopo non potendosi rendere evidente, a meno che non si ceda alla rabbia, si manifesta nel gioire delle disgrazie di Y.
Fatte tutte queste considerazioni diventa chiaro come Facebook sia terreno fertile sia per esibire con astuzia solo i capitoli migliori della propria vita (avete mai postato la vostra faccia pallida e annoiata in ufficio?!) che per celare l’invidia dietro a parole poco sincere.
LEGGI ANCHE ARTICOLI SU: PSICOLOGIA DEI NEW MEDIA
Non stupisce dunque che, secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di Sistemi Informativi della Technische Universität di Darmstadt in collaborazione con l’Istituto dei Sistemi Informativi della Humboldt-Universität di Berlino, siano soprattutto coloro che fruiscono del social network come fonte principale di informazioni a rischiare invidia e frustrazione.
Quindi attenti a cosa postate e non pensate che commenti amichevoli vi salvino dalle gufate altrui perchè l’invidia ama celarsi e non c’è niente di più comodo che farlo dietro ad un “mi piace”.
E adesso non scordatevi di cliccare “mi piace” a questo articolo! Sarete mica invidiosi? :)
LEGGI:
SOCIAL NETWORK – PSICOLOGIA DEI NEW MEDIA
APPROFONDIMENTI:
- Articolo de “La Repubblica” – “Facebook spinge all’invidia e all’infelicità”. Un’altra ricerca in arrivo. Fatta per discutere
- Articolo de “La Stampa” – Facebook ci rende più invidiosi e insoddisfatti
BIBLIOGRAFIA
- Castelfranchi, C. (2005). Che figura. Emozioni e immagine sociale. Il Mulino: Bologna.