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Uno studio suggerisce che il trattamento farmacologico precoce in bambini con ADHD moderato o grave non ha effetti significativi sulla riduzione dei sintomi
Uno studio, che rappresenta fino ad oggi la più grande analisi a lungo termine su bambini in età prescolare con con deficit di attenzione ADHD, suggerisce che il trattamento farmacologico precoce in bambini con ADHD moderato o grave non ha effetti significativi sulla riduzione dei sintomi, tanto che 9 bambini su 10 continuano ad avere gravi sintomi anche molto tempo dopo la diagnosi e l’inizio del trattamento.
Lo studio, pubblicato sul Journal of American Academy of Child and Adolescent Psychiatry è stato condotto dai ricercatori del Johns Hopkins Children’s Center.
Visto che l’ADHD riceve una diagnosi sempre più precoce è di fondamentale importanza comprendere come ADHD progredisce in questa fascia di età, afferma il capo ricercatore e psichiatra infantile Mark Riddle. “Abbiamo scoperto che l’ADHD nei bambini in età prescolare è una condizione cronica e persistente, che richiede trattamenti comportamentali e farmacologici a lungo termine migliori di quelli in uso al momento”.
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Bambini con ADHD, dai 3 a 5 anni, sono stati inseriti nello studio e trattati per diversi mesi, poi stati indirizzati ai pediatri per il monitoraggio della cura in corso.
Nel corso dei sei anni successivi, i ricercatori hanno utilizzato relazioni dettagliate da parte dei genitori e degli insegnanti per monitorare il comportamento dei bambini, il rendimento scolastico, e la frequenza e la gravità di tre dei sintomi di ADHD: disattenzione, iperattività e impulsività. La procedura diagnostica veniva ripetuta dai clinici dello studio all’inizio, a metà e alla fine della ricerca.
Lo studio mostra che quasi il 90% dei 186 bambini seguiti hanno continuato a lottare con i sintomi di ADHD anche sei anni dopo la diagnosi, inoltre quelli trattati farmacologicamente hanno continuato ad avere sintomi gravi come quelli che non hanno assunto farmaci.
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L’assunzione del farmaco quindi non sembra fare la differenza in più di due terzi dei bambini.
In particolare, il 62% dei bambini che hanno assunto farmaci anti- ADHD mostravano iperattività e impulsività clinicamente significativa, rispetto al 58% di quelli che non avevano assunto farmaci. Anche la disattenzione era clinicamente significativa nel 65% dei bambini in terapia, rispetto al 62% nei bambini non trattati farmacologicamente.
Tuttavia, i ricercatori avvertono che non è chiaro se la mancanza di efficacia dei farmaci sia dovuta alla scelta del farmaco, non ottimale, al dosaggio, alla scarsa adesione, all’inefficacia del farmaco di per sé, o ad altre ragioni.
“Il nostro studio non è stato progettato per rispondere a queste domande, ma qualunque sia il motivo, è preoccupante che i bambini con ADHD, anche se trattati con i farmaci, continuino ad avere sintomi” ha spiegato Riddle.
I bambini che avevano un disturbo oppositivo-provocatorio e un disturbo della condotta in aggiunta all’ ADHD hanno avuto il 30% in più di probabilità di avere i sintomi di ADHD persistenti sei anni dopo la diagnosi, rispetto ai bambini la cui unica diagnosi era di ADHD.
“L’ADHD è considerata una condizione neurocomportamentale ed è caratterizzata da incapacità di concentrazione, irrequietezza, iperattività e comportamento impulsivo, e può avere effetti profondi e duraturi sullo sviluppo intellettuale ed emotivo di un bambino”, ha aggiunto Riddle, “questo può mettere in pericolo l’apprendimento e il rendimento scolastico e anche la sicurezza fisica, infatti i bambini con ADHD sono a più alto rischio di infortuni e ricoveri. “
Secondo i ricercatori, oltre il 7 per cento dei bambini americani sono attualmente in trattamento per l’ADHD, e l’onere economico della condizione è stimato tra $ 36 e 52 miliardi dollari all’anno.
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BIBLIOGRAFIA:
- Riddle M.A., Yershova K., Lazzaretto D., Paykina N., Yenokyan G., Greenhill L., Abikoff H., et al. (2013). The Preschool Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder Treatment Study (PATS) 6-Year Follow-Up Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 52(3) (March 2013).