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La Tendenza alla Procrastinazione da Dove Origina?

Le radici della procrastinazione si possono rintracciare in due componenti: L’intolleranza alla frustrazione e L’autovalutazione globale.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 16 Gen. 2013

 

La Tendenza alla Procrastinazione da Dove Origina?. - Immagine: © iQoncept - Fotolia.com LEGGI LA PRIMA PARTE DELL’ARTICOLO

Quali aspetti della personalità favoriscono una tendenza alla procrastinazione distruttiva?

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La procrastinazione si riferisce all’atto di sostituire attività prioritarie e importanti con attività piacevoli o compiti meno rilevanti o urgenti. Il procrastinatore è colui che rimanda le cose importanti con l’intento di occuparsene in un altro momento e così rischia di chiudersi nella gabbia del domani.

Abbiamo discusso di come la procrastinazione possa essere una strategia pericolosa e di quanto si importante monitorare la propria tendenza a procrastinare. Il dubbio successivo è: quali aspetti della personalità favoriscono una tendenza alla procrastinazione distruttiva?

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Un recente studio di Harrington (2005) considera il rapporto tra diverse componenti cognitive e la tendenza a procrastinare l’attività di studio in studenti universitari. Harrington ci mostra il ruolo di due componenti: intolleranza alla frustrazione e autovalutazione globale.

L’intolleranza alla frustrazione rappresenta la richiesta assoluta che le realtà sia esattamente come noi la desideriamo, una pretesa (es: la vita deve essere sempre facile e libera da ostacoli) e l’insostenibilità della sua frustrazione (es: non posso sopportare di fare cose difficili o di combattere contro ostacoli).

L’autovalutazione globale  rappresenta la definizione del proprio valore personale come dipendente dal raggiungimento di certe condizioni assolute (es: sono una persona di valore solo se ho sempre successo in quello che faccio).

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Queste due convinzioni estreme e assolute, spesso tanto radicate dall’essere implicite nella coscienza individuale, rappresentano un carico pesante sullo stato emotivo presente. Se la fatica è insopportabile e il fallimento implica l’essere totalmente inadeguato allora lo stress e la paura di fallire innanzi a un compito diventano molto più intense.

Certo questi piani pretenziosi o generalizzati ci illudono (1) che esista una vita senza fatica e dolori, che sia legittimo auspicarla e richiederla oppure che (2) esista la possibilità di ottenere la rassicurazione di essere persone di valore una volta per tutte. Abbandonare questi piani significa (1) abbracciare quella leggera malinconia dell’essere pulviscolo nell’universo, (2) capire che solo dolore, fatica e sfida conducono alla soddisfazione, (3) accettare che del valore personale nulla in fondo si può dire.

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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