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Memorie Olfattive: una Base Scientifica alla Sindrome di Proust

sindrome di Proust : Gli odori sono in grado di richiamare alla memoria episodi autobiografici in modo vivido ed emotivamente connotato.

Di Alessia Offredi

Pubblicato il 12 Dic. 2012

 

Di Alessia Offredi

Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzo di «maddalena». Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa.

(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913)

Memorie Olfattive: una Base Scientifica al Fenomeno di Proust. - Immagine: © Igor Yaruta - Fotolia.comGli odori sono in grado di richiamare alla memoria episodi autobiografici in modo estremamente vivido, dettagliato ed emotivamente connotato (Chu & Downes, 2000): si tratta della famosa Sindrome di Proust, dal nome dell’autore che per primo descrisse un evento simile in relazione all’odore di una “maddalena”.

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L’olfatto sarebbe dunque una via d’accesso “privilegiata” rispetto agli altri canali sensoriali.

Diversi studi hanno dimostrato che nel disturbo post traumatico da stress, gli odori legati al trauma (come quelli di sangue o benzina) innescano nei pazienti memorie dettagliate, ancorate profondamente e durature nel tempo (Kline & Rausch, 1985; Vermetten & Bremner, 2003).

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La vicinanza anatomica del sistema olfattivo alle strutture deputate alle emozioni (amigdala) e alla memoria (ippocampo) è stata vista come un’ulteriore prova a favore della Sindrome di Proust (Lombion, Bechtoille, Nezelof & Millot, 2010). Per verificare se gli stimoli olfattivi siano effettivamente evocativi di memorie più vivide, emotivamente cariche e dettagliate rispetto a stimoli provenienti da altri canali sensoriali, Toffolo e colleghi hanno condotto un nuovo studio, analizzando in particolare le memorie avversive.  

Come i ricordi influenzano le emozioni. - Immagine: © adimas - Fotolia.com
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Al campione, composto da 70 donne, è stato chiesto di guardare un filmato contenente scene violente o spaventose, con la consegna di prestare massima attenzione al contenuto del video. Contestualmente alla visione del filmato, venivano diffuse nella stanza una fragranza, una luce colorata e una musica. Dopo la visione, veniva chiesto alle partecipanti di esprimere una valutazione sul film, riguardante l’aspetto emotivo, la vividezza delle immagini, la loro gradevolezza e il grado di attivazione provato durante la visione. Una settimana dopo i soggetti sono stati di nuovo intervistati sulle medesime scale, fornendo loro uno degli stimoli sensoriali percepiti durante il film.

Coloro a cui veniva riproposto lo stimolo olfattivo manifestavano un ricordo del video meno piacevole, più dettagliato e riportavano livelli più alti di arousal.

La sindrome di Proust non sembra essere apparentemente confermata in questo studio: i ricordi suscitati da stimoli olfattivi non sono stati descritti con parole prese in prestito dal lessico emotivo, o per lo meno non in modo significativamente differente dagli altri. Colpa del setting in laboratorio? Può essere.

Tuttavia, lo studio di Lang e colleghi (2000) riguardante l’umore ci permette di interpretare i risultati in maniera più scrupolosa. Secondo questi autori, l’umore è formato da una componente d’attivazione fisiologica e una di valenza edonica: nel presente studio si riscontra effettivamente una maggior attivazione dell’individuo in risposta a stimoli olfattivi e una minore piacevolezza dei ricordi innescati dagli odori.

In questa prospettiva, è lecito affermare che le memorie olfattive siano maggiormente connesse all’aspetto emotivo delle memorie visive o uditive, al contrario di quanto affermato precedentemente in letteratura (ad esempio, Sherer & Zentner, 2000). Si comprende bene dunque il motivo per cui Marcel Proust si sia immerso in ricordi dell’infanzia dai toni caldi e affettuosi: una ninna nanna forse non avrebbe avuto lo stesso effetto. Merito della “maddalena”. 

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