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SITCC 2012 – Il trattamento del Disturbo Borderline secondo Shelley McMain

SITCC 2012: La McMain descrive i diversi aspetti non specifici di trattamento con i paziente con Disturbo Borderline di Personalità.

Di Andrea Bassanini

Pubblicato il 08 Ott. 2012

Aggiornato il 09 Ott. 2012 17:19

Sessione Plenaria di Shelley McMain – “Improving Psychotherapy for Borderline Personality Disorder”

SITCC 2012 Roma - Reportage dal Congresso Annuale della Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo-ComportamentaleShelley McMain presenta un lavoro molto interessante sul Disturbo Borderline di Personalità, che da una parte, mette in discussione i risultati del modello DBT e dall’altra ne propone una rilettura.

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Venerdì al Convegno SITCC ho avuto la possibilità di seguire un intervento molto stimolante ad opera di Shelley McMain sul Disturbo Borderline di Personalità. La McMain è una terapeuta ricercatrice dell’Università di Toronto, formata al modello DBT direttamente da Marsha Linehan. 

La relatrice presenta un lavoro molto interessante che da una parte, mette in discussione i risultati del modello DBT e dall’altra ne propone una rilettura, una specificazione molto interessante che riflette non solo l’interessa di McMain per diffondere in modo critico il modello, ma anche una notevole onestà intellettuale. 

Marsha Linehan. - Immagine: © University of Washington http://faculty.washington.edu/linehan/
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Il dato rilevante che sviluppa la prima parte dell’intervento ci concentra su una recente ricerca svolta dal gruppo di McMain in cui viene mostrato che, ad un follow-up di due anni, non hanno trovato differenze significative di outcome tra l’intervento DBT e la GPM (General Psychiatric Management). 

Questo ha sollevato molti interrogativi nel gruppo ricerca e sembra che abbiamo sfruttato tali dati per riflettere in modo più approfondito sulle applicazione del modello DBT. 

Infatti, la seconda parte della presentazione di McMain si concentra su una riflessione clinica, a mio parere, molto importante: Sarebbe forse opportuno specificare gli interventi DBT in modo più preciso, a seconda delle caratteristiche cliniche dei pazienti? 

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Tale domanda potrebbe sembrare, ad una prima lettura, banale (tutti risponderemmo “ma certo!” o forse no?), però credo sia nata dalla constatazione che, talvolta, la DBT viene applicata in modo formalmente ineccepibile ma in una forma un po’ “blind”, seguendo il manuale e il protocollo Linehan, senza preoccuparsi troppo degli outcome. E’ vero che la mole di ricerche presenti in letteratura sul modello Linehan ormai è ingombrante e sull’efficacia di tale protocollo pochi discutono. Però, e questa è la riflessione di McMain, va sempre considerato che il focus dell’intervento debba “variare”, ad esempio centrato sul funzionamento relazionale oppure sulla gestione della rabbia o ancora sui sintomi specificamente borderline, a seconda delle caratteristiche cliniche dei pazienti. 

La terza ed ultima parte della sessione plenaria di McMain si concentra sugli aspetti clinici. In particolare, riprendendo brillanti lavori recenti (Livesly, 2012; Stoffers et al., 2012), vengono indicati e descritti diversi aspetti non specifici di trattamento con i paziente con Disturbo Borderline di Personalità. 

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 Tali aspetti riescono, a mio parere, a rappresentare una “guideline” di trattamento per l’atteggiamento relazionale del terapeuta che si trova a svolgere percorsi psicoterapici con pazienti borderline. 

Gli elementi sottolineati da McMain sono i seguenti: 

– Il Terapeuta deve avere in mente una cornice teorica coerente, precisa e chiara;

– E’ opportuno esplicitare la struttura del trattamento con il paziente;

– Lavorare sulla relazione terapeutica, seguendo linee chiare e uno stile terapeutico basato su un atteggiamento aperto, paziente, attivo e proattivo e promuovente la self-agency del paziente; 

– Bilanciare il focus del trattamento seguendo i due poli della validazione e del cambiamento (che fa eco ai principi della ACT, grande assente, a mio parere, del Convegno SITCC);

– Focalizzarsi su obiettivi specifici e precisi; 

– Promuovere nel paziente un atteggiamento di comprensione di sé e dei propri stati mentali;

– Infine, McMain ricorda che i terapeuti che lavorano con questi paziente necessitano di un equipe e di un supporto dai colleghi. Il suo consiglio è quindi quello di limitare al massimo le barriere e gli ostacoli alla richiesta di supporto da parte del terapeuta. 

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Insomma, l’intervento della McMain è riuscito a unire in modo stimolante, intelligente e utile, ricerca, riflessione e clinica.  

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Andrea Bassanini
Andrea Bassanini

Psicologo - Spec. in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale

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