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Capacità Genitoriali: Una Guida Metodologica – Il Protocollo di Milano

Capacità Genitoriali: Guida Metodologica alla Valutazione delle Capacità Genitoriali dopo separazione dei genitori.: il Protocollo di Milano

Di Alice Mannarino

Pubblicato il 29 Ott. 2012

Aggiornato il 26 Feb. 2014 12:52

 

Capacità Genitoriali Post-Separazione: Una Guida Metodologica. - Immagine: © yuryimaging - Fotolia.comGuida Metodologica alla Valutazione delle Capacità Genitoriali dopo separazione dei genitori. 

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Lo scopo del seguente articolo è quello riportare ed esaminare alcuni principi che stanno alla base del Protocollo di Milano, un documento scritto da un gruppo di psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, avvocati e magistrati (Camerini, Gulotta, Lopez et al.2012), avente l’obiettivo di fornire una serie di linee guida per la consulenza tecnica in materia di affidamento dei figli a seguito della separazione dei genitori.

Nel momento in cui  un consulente tecnico d’ufficio (ctu: psicologo, neuropsichiatra infantile o psichiatra) viene convocato dal giudice per indagare una situazione familiare egli dovrà effettuare una valutazione psicologica e relazionale degli individui della famiglia, della coppia e del sistema nel suo complesso. Ciascuna parte in causa, ovvero ciascun genitore potrà avvalersi di un proprio consulente tecnico di parte (Ctp).

Il consulente tecnico di ufficio nel rapportarsi con il magistrato che l’ha convocato e con gli avvocati delle parti deve mantenere la propria autonomia professionale e scientifica, soprattutto nello scegliere le tecniche, i metodi e gli strumenti che ritiene utili per la valutazione.

Allo stesso tempo anche i rispettivi consulenti di parte dovranno mantenere una propria autonomia cercando di salvaguardare in primis l’interesse del minore, rispetto a quello del genitore loro cliente. Ci si trova spesso di fronte a situazioni genitoriali fortemente conflittuali e quindi lo scopo dei consulenti di parte, non è quello di allearsi con il proprio cliente ma è proprio quello di lavorare con i rispettivi genitori per aiutarli ad uscire dal conflitto, favorendo la presa di coscienza dei propri errori e delle proprie responsabilità e cercando di fare capire il punto di vista dell’altro genitore, in modo tale da favorire collaborazione e comunicazione tra le parti in causa.

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Generalmente è bene che il Ctu effettui uno studio del fascicolo processuale e poi proceda con i primi colloqui valutativi. Buona prassi è quella di effettuare colloqui sia congiunti, dove sono presenti entrambi i coniugi, sia individuali; durante i colloqui congiunti si chiederà a ciascun coniuge di riportare la propria versione dei fatti e il motivo per il quale si è giunti ad una consulenza d’ufficio. Spesso durante questo tipo di colloquio i coniugi forniscono opinioni contrastanti e tendono a riproporre il consueto circuito conflittuale che caratterizza la loro relazione, in questo modo sia il Ctu che i Ctp riescono ad avere un primo quadro delle dinamiche di coppia e dei motivi che stanno alla base dei litigi familiari.

Si procede poi con colloqui individuali che il consulente d’ufficio effettuerà con ciascun genitore, in modo tale da raccogliere l’anamnesi personale, familiare e la storia di sviluppo del bambino descritta dal punto di vista di entrambi i genitori. Se si ritiene necessario, l’analisi può essere approfondita attraverso una specifica valutazione testistica, volta ad esplorare eventuali patologie e le caratteristiche psicologiche di ognuno. In questi casi il ruolo specifico del consulente è quello di valutare le capacità genitoriali e stabilire se queste sono sufficienti per la crescita adeguata di un bambino, e non quello di definire le caratteristiche psicopatologiche del genitore, o meglio, tali caratteristiche dovranno essere prese in considerazione solo nel caso in cui rischiano di andare ad interferire con lo svolgimento di un’adeguata funzione genitoriale.

 Quindi è importante indagare il profilo di personalità del genitore ma è sbagliato valutare la funzione genitoriale sulla base del solo profilo psicopatologico (vi sono madri depresse che, se ben compensate e trattate, presentano un’adeguata capacità genitoriale).

Questo è un punto cruciale in materia di valutazione delle capacità parentali ed un aspetto che ancora oggi molti esperti non comprendono in pieno. Molto utile da questo punto di vista è l’Assessment of Parental Skill-Interview (Camerini et al. 2011), si tratta di uno strumento che si propone si effettuare un assessment non tanto del profilo di personalità del genitore, ma dei comportamenti che definiscono le “funzioni di base” legate all’esercizio concreto della genitorialità.

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La consulenza procede attraverso incontri individuali con il minore, secondo modalità operative che variano in base alla sua età. Lo scopo è quello di valutare il funzionamento cognitivo, affettivo e sociale del bambino e la sua rappresentazione di ciascun genitore e della coppia genitoriale, con una specifica attenzione alle capacità riflessive (la “funzione riflessiva”, secondo la definizione di Fonagy è la capacità di comprendere gli stati mentali altrui e propri). Si predilige l’osservazione durante il gioco ed il disegno quando il bambino è piccolo, per poi passare ad un colloquio/dialogo con bambini più grandi e pre-adolescenti. Seguono incontri di osservazione della relazione genitore/minore e coppia genitoriale/minore in modo tale da poter valutare le dinamiche familiari e relazionali e il posizionamento affettivo del minore in presenza dei genitori. Utili strumenti possono essere il Trilogue Play Test Clinico e il disegno congiunto.

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L’analisi di questi incontri consente all’esperto di constatare l’eventuale presenza di fenomeni di alleanza del minore con un genitore e discapito dell’altro e di comprendere i meccanismi che stanno alla base di questa dinamica conflittuale. L’esperto deve cercare di concentrare i colloqui con il minore, in modo tale da ridurre al minimo lo stress subito dal bambino, facendo attenzione alle eventuali influenze esercitate da uno e dall’altro genitore e le informazioni da questi veicolate. Si osservano situazioni fortemente conflittuali dove il genitore, nel portare avanti la propria campagna denigratoria nei confronti dell’ex coniuge, finisce con il manipolare i bisogni e le necessità del figlio. L’esperto cercherà di intervenire, quando è possibile, per provare a stemperare queste dinamiche in modo tale da ridurre il clima conflittuale nel quale il minore vive.

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Terminata la fase degli incontri, il lavoro dell’esperto prevede la stesura di un documento scritto nel quale verrà sintetizzato quanto è emerso dalle operazioni peritali, nonché le risposte ai quesiti formulati dal giudice. Il consulente dovrà in primis definire il proprio approccio teorico-metodologico e poi esplicitare gli strumenti utilizzati per la valutazione. Nell’analizzare e descrivere le dinamiche osservate è bene distinguere gli elementi descrittivi ed informativi dalle valutazione ed interpretazioni dei dati. Nel rispondere al quesito il consulente dovrà indicare le proposte ritenute più idonee, nel rispetto dell’affidamento condiviso, rispetto alla modalità di custodia dei figli, al loro collocamento prevalente e alla frequentazione dell’uno o dell’altro genitore. Potrà inoltre indicare eventuali interventi ritenuti necessari per il bene del minore e dei genitori (terapia, sostegno educativo, parent traning), ovviamente tenendo conto delle risorse presenti sul territorio di riferimento, in ambito pubblico o privato.

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BIBLIOGRAFIA:

  • Camerini, G., Gulotta, G., Lopez, G., et al. (2012) Protocollo di Milano, Linee guida per la consulenza tecnica in materia di affidamento dei figli a seguito di separazione dei genitori: contributi psico-forensi. (DOWNLOAD PDF)
  • Camerini, G., Volpini, L., Lopez, G., (2011) Manuale di valutazione delle capacità genitoriali, Scienze psicologiche e diritto, Maggioli Editore.
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