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Le Psychiatric Band nella Riabilitazione Psichiatrica – Seconda Parte

Psychiatric Band: Musicoterapia Musico Centrata: dove il fare musica è il mezzo ma soprattutto l’obiettivo principale della terapia musicale

Di Gaspare Palmieri

Pubblicato il 18 Lug. 2012

Ogni essere umano ha diritto di star bene senza impedimenti ostili o speculazioni di iene.

Star bene è un diritto, non è una pretesa, spicchi il volo chi sta male verso una mano tesa…

 Impariamo a volare, Fermata Fornaci

 

 

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Le Psychiatric Band nella Riabilitazione Psichiatrica - Seconda Parte - Immagine: © Orlando Florin Rosu - Fotolia.comFornaci è la fermata più vicina del trenino nei pressi dell’Ospedale Privato Villa Igea, dove lavoro da quasi dieci anni. Nel 2009, in occasione del concorso Oltre il muro, di cui ho accennato nell’articolo precedente, si è formato all’interno del Day Hospital il gruppo musicale Fermata Fornaci, che ha partecipato con la canzone Impariamo a volare. La nascita del gruppo è stata favorita inizialmente dalla presenza al Day Hospital di un utente diplomato al conservatorio e polistrumentista. Il testo del primo brano scritto è nato da una poesia di un altro utente riadattata su una base musicale ed elaborata in gruppo, insieme agli operatori.

L’esperienza positiva del concorso ci ha spinti a strutturare l’attività di songwriting in modo continuativo, coinvolgendo nella conduzione del gruppo una cantautrice modenese senza esperienze pregresse in ambito psichiatrico. La scelta di coinvolgere come guida del gruppo una persona che non aveva mai avuto contatti con lo psicomondo è stata dettata dall’idea di favorire un atteggiamento il più possibile non mediato da “interferenze” psichiatriche.

La conduttrice del gruppo, che potremmo anche chiamare maestra d’arte (cioè esperta nella sua arte), viene comunque affiancata dagli operatori del centro, preparati e formati dal punto di vista psichiatrico. Abbiamo pensato che per i nostri utenti fosse utile avere la possibilità di instaurare con la maestra d’arte un rapporto libero da intenzionalità terapeutiche, anche se in presenza di persone specializzate che potessero mediare e facilitare la conduzione e la partecipazione al gruppo.

Le Psychiatric Band nella Riabilitazione Psichiatrica - Prima Parte
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Come accennavo anche nella prima parte dell’articolo, spesso in maniera inconscia, il nostro atteggiamento e la nostra attenzione nei confronti degli utenti viene inevitabilmente condizionato da anni di esperienza come operatori all’interno dell’istituzione. Mi sono reso conto in prima persona di questo fenomeno quando mi è capitato di esibirmi come musicista all’interno di contesti terapeutici come residenze psichiatriche o centri diurni. Smettere i panni dello psichiatra mi ha fatto vedere gli utenti da punti di vista diversi, notando ad esempio con maggiore attenzione il grado di sedazione di alcuni, come se il mio occhio si fosse “abituato” a guardare senza osservare la realtà clinica dove lavoro quotidianamente.

Nei Fermata Fornaci affianco la conduttrice insieme agli altri operatori (due infermiere, due tecniche della riabilitazione psichiatrica, un assistente sociale che partecipano a turno), cercando comunque di lasciare la massima libertà espressiva e svolgo il ruolo di chitarrista di accompagnamento, soprattutto durante i live.

Il gruppo si svolge settimanalmente al lunedì e ha una durata di un’ora e mezzo. Vi partecipano mediamente circa venti persone, metà delle quali sono affette da psicosi o schizofrenia, il resto da disturbi affettivi, della personalità, alcuni con pregresso abuso di alcol e sostanze.

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Il nostro modo di fare songwriting si ispira al modello della Musicoterapia Musico Centrata, dove il “fare musica” è il mezzo ma soprattutto l’obiettivo principale della terapia musicale (Caneva, 2007). Gli utenti in grado di suonare strumenti musicali vengono invitati a partecipare come musicisti, mentre quelli che non sanno suonare cantano come coro e possono accompagnare il tempo con semplici strumenti a percussione (maracas, tamburelli, triangolo…) e comunque partecipano alla composizione dei brani.

Nei brani ci sono alcune brevi parti soliste affidate a chi è più intonato e a chi se la sente e lunghe parti corali, che assicurano un maggior coinvolgimento di tutti nel progetto. Oltre al musicista polistrumentista che fa ancora parte del gruppo in questi tre anni abbiamo avuto un batterista, un bassista e un chitarrista, che poi hanno lasciato la band perché avevano terminato il percorso terapeutico. Una delle principali difficoltà a portare avanti una psychiatric band in un Day Hospital o in un Centro Diurno, è proprio quella del “turnover” degli utenti, che comporta ripetuti e camaleontici cambiamenti di formazione e il dover insegnare da capo ogni volta il repertorio ai nuovi arrivati.

Questi cambiamenti possono rappresentare una difficoltà, ma anche uno stimolo in quanto il gruppo è sempre in divenire, e le canzoni (che non cambiano nella musica e nel testo) possono subire delle evoluzioni nell’arrangiamento, a seconda di chi ci sia a interpretarle. Questo consente alla parte del gruppo che rimane invece fissa di sforzarsi a trovare soluzioni interpretative nuove e protegge dalla possibile noia e monotonia di eseguire per mesi o anni gli stessi brani. Ad esempio, nella prima fase del progetto avevamo un utente batterista e quindi il repertorio aveva assunto una veste sicuramente più rock, anche con l’introduzione di un bassista volontario che ci accompagnava nelle uscite, precedute comunque da vere prove in una saletta attrezzata concessa gratuitamente dal Comune di Modena. Con la dimissione del batterista abbiamo dovuto riarrangiare il repertorio per una versione unplugged , solo con chitarre e basso.

Per ovviare in parte a questo problema del turnover, abbiamo comunque trovato la possibilità, attraverso l’Associazione Escomarte di consentire la copertura assicurativa anche a quei pazienti dimessi, che intendono continuare a frequentare il gruppo.

Musica e Didattica Metacognitiva 2. - Immagine: © Kzenon - Fotolia.com
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Gli incontri iniziano con esercizi di riscaldamento della voce e di respirazione proposti dalla conduttrice. Questi esercizi aiutano sia ad acquisire una maggiore consapevolezza vocale a persone che non hanno conoscenze canore, sia a indurre uno stato di rilassamento. Vengono impartite alcune semplici nozioni di tecnica vocale, in particolare rispetto all’apertura della bocca e all’uso del diaframma. Altri esercizi proposti in apertura di incontro sono quelli sul ritmo, in cui si invitano i partecipanti a seguire con le mani semplici ritmiche accompagnati da un piccolo djembè. Per un periodo abbiamo avuto anche uno studente di infermieristica e percussionista che ci ha accompagnato. La questione ritmica è sicuramente fondamentale e per alcune persone molto complicata, anche per i brani più semplici. In questo senso le terapie farmacologiche sedative non aiutano di certo…

Ognuno può proporre un argomento per i testi. I partecipanti vengono invitati a portare nel gruppo le proprie riflessioni, i propri pensieri e talvolta le proprie poesie che vengono scritte per lo più a casa tra un incontro e l’altro.

Si parte solitamente da questi scritti per sviluppare la tematica all’interno del gruppo e iniziare a mettere insieme qualche rima. Gli argomenti dei testi sono assolutamente variegati. Alcuni brani trattano temi sociali come nella ballad Universi paralleli in cui vengono messe a confronto la vita di un barbone e la vita di uno yuppie con una conclusione saggia “ma dov’è dov’è questa diversità, la questione è la mentalità”. Oppure nel blues La fibra si affronta la questione della tecnologia e del mondo virtuale, con i rischi annessi “non sento più il vento, non vedo più il sole, è ora di uscire da questo torpore”.

Musica & Terapia: "La prossima volta porti la chitarra". - Immagine: © RA Studio - Fotolia.com
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Alcune canzoni descrivono il percorso di cure in modo serio e toccante come nella ballad Impariamo a volare, il cui ritornello recita: “tanta strada abbiamo ancora da fare, a volte siamo pacchi da dimenticare, ci sono persone che ci vogliono aiutare, fidiamoci di loro e lasciamoci un po’ andare”. Lo stesso argomento viene affrontato in modo decisamente più leggero in Radio DH che recita “Qui radio DH, ci serve della vitamina K, in questo gruppo si parla davvero, dall’Efexor ad Omero”. Altri brani sono ancora più ironici e leggeri come Perché, un tango che racconta le pene d’amore in modo insolito “Perché? Perché? il telefono non squilla e penso a te. Perché? Perché? Piango anche quando sono sul bidet”.

Altre volte ancora si parte da momenti intimistici come in Una paglia e un cappuccino, nata da alcune frasi poetiche di un’utente scritte alle cinque del mattino, con di fronte appunto una sigaretta e un cappuccino, che vengono integrati magicamente all’interno del gruppo. L’esperienza individuale e certe parti di sé possono acquistare un senso nuovo grazie alla condivisione gruppale fornita dal songwriting.

Le idee melodiche iniziali per le musiche vengono proposte dalla conduttrice o dall’utente polistrumentista, mentre è il gruppo stesso, in modo democratico (spesso per alzata di mano) che sceglie tra le diverse idee e gli arrangiamenti.

Il gruppo ha sfornato fino adesso otto brani e si è esibito circa 2 volte all’anno a partire dal 2009.

E’ quasi inutile dire che il prossimo passo sarà la registrazione di un CD. Stay tuned…

 

 

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