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La strada per l’inferno è lastricata di dopamina. Recensione de “I sette peccati capitali del cervello” (by Margriet Sitskoorn)

Margriet Sitskoorn con uno stile ironico e divertente illustra gli ultimi studi condotti in campo neuroscientifico nel suo saggio divulgativo

Di Valentina Davi

Pubblicato il 04 Mag. 2012

Aggiornato il 19 Ott. 2017 10:26


 

“Se tutti noi ci confessassimo a vicenda i nostri peccati, rideremmo sicuramente per la nostra totale mancanza di originalità.”

(Kahlil Gibran)

La strada per l’inferno è lastricata di dopamina. Recensione de “I sette peccati capitali del cervello” (by Margriet Sitskoorn. - Immagine: Orme Editore
I sette peccati capitali del cervello, di Margriet Sitskoorn. Edizione italiana a cura di Orme Editore

In effetti esistono dei peccati talmente comuni che chi non ne ha commesso uno almeno una volta nella vita…scagli la prima pietra! Avarizia, invidia, superbia, accidia, ira, lussuria e gola non risparmiano proprio nessuno, anche se ognuno avrà la sua personale classifica. Come mai tutti quanti ci lasciamo indurre in tentazione e a volte resistere è così difficile? Forse perché l’uomo è per natura peccatore?

I sette peccati capitali del cervello” è un interessante libro divulgativo, rigoroso dal punto di vista scientifico e con una ricchissima bibliografia, in cui Margriet Sitskoorn con uno stile ironico e divertente illustra gli ultimi studi condotti in campo neuroscientifico, “alla scoperta dei meccanismi che ancorano saldamente i peccati al cervello”.

La nostra sopravvivenza in quanto esseri umani è legata alla soddisfazione di bisogni fisici (mangiare, bere, riprodursi, accumulare beni) e sociali (necessità di appartenere ad un gruppo che ci protegga e aiuti in caso di pericolo). Per assicurarsi che tali necessità vengano soddisfatte il cervello ha a sua disposizione due sistemi efficaci: il piacere provato quando appaghiamo un bisogno – risultato del rilascio di dopamina – e il dolore provato per il mancato soddisfacimento.

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Nei peccati capitali ritroviamo i bisogni sopra citati che premono con prepotenza per essere soddisfatti in nome, appunto, della nostra stessa sopravvivenza, e il nostro cervello ci motiva a farlo attraverso i circuiti del piacere e del dolore. Filerebbe tutto liscio se non fosse per alcuni incidenti di percorso.

Il primo riguarda la competitività tra bisogni contrastanti. Se spinti dal desiderio volete portarvi a letto la donna del vostro migliore amico, rischiate l’espulsione dal gruppo, se non peggio. Ne sanno qualcosa Paolo e Francesca, trucidati dal marito di lei che non prese proprio benissimo la scoperta della loro tresca.

Il secondo problema riguarda l’edonismo a breve termine: l’appagamento immediato risulta più attraente di quello che si potrebbe avere in un secondo momento. Come non lasciarsi tentare da un gustoso hamburger Royal con formaggio anche se non dovremmo? Racchiude in sé quella combinazione perfetta di grassi, sale e zucchero un tempo indispensabile ai nostri antenati per la sopravvivenza e lo sviluppo corporeo (Kessler, 2010), ed ogni boccone è una meravigliosa scarica di dopamina e di oppioidi; un autentico piacere di breve durata che ci spinge a volerne ancora, non più per soddisfare la fame, ma per la voglia di provare nuovamente piacere. Nessuno pecca con un piatto di fagiolini: non agisce in maniera altrettanto potente sul sistema degli oppioidi.

Il terzo problema sono i bisogni che continuano ad esigere soddisfazione anche quando non sono più indispensabili alla sopravvivenza. Se accumulare beni poteva essere utile ai tempi dei nostri antenati con la clava, oggi la sovrabbondanza non lo rende più necessario; eppure accumulare stimola il circuito del piacere e spinge a volere sempre di più, sempre di più, sempre di più.

Infine, la possibilità di soddisfare la maggior parte delle nostre necessità da soli ci spinge ad essere maggiormente inclini all’individualismo e più sensibili all’accidia sociale.

Il peccato quindi pare essere fortemente radicato nel nostro cervello, sostiene la Sitskoorn, perché strettamente legato ai meccanismi di piacere/dolore che motivano e orientano i nostri comportamenti. Grazie tante cervello! Siamo quindi destinati alla dannazione eterna?! Ma no, non abbandonate ogni speranza! Esistono delle abilità e qualità in grado di sottrarre le nostre azioni al controllo diretto del piacere e del dolore come, per esempio, una buona capacità di decision making, l’abilità di immedesimarsi negli altri, di adottare un comportamento prosociale e l’autoriflessività.

Queste capacità sono legate all’attivazione di aree anteriori del neocortex, quella parte di cervello che dal punto di vista evolutivo si è sviluppata più di recente e che è in grado di influenzare e modulare i circuiti cerebrali più primitivi, come i sistemi del dolore e del piacere.

Peccatori, le fiamme dell’inferno vi attendono e la via per la salvezza è una sola: sviluppate il più possibile la vostra corteccia prefrontale!

 

 

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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