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Psicologia e Psicoterapia Cognitiva: i segreti della coscienza

Ci sono aspetti delle nostre reazioni emotive che non sono chiari alla coscienza. La teoria del Self-Memory System.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 21 Feb. 2012

 

Psicologia e Psicoterapia Cognitiva: i segreti della coscienza - Immagine: © mtkang - Fotolia.com -“Passavo ogni giorno davanti a quella porta socchiusa. E c’era ogni giorno quel terribile passo, tra tutti il più vicino alla soglia. Erano così inquiete le ombre che intravedevo a quella distanza che anche l’idea di porvi attenzione svegliava un profondo fastidio. Quel passo portava con sé la paura e bastava talvolta a torcere lo stomaco e scaldarmi la testa. Avrei potuto andare a vedere una volta per tutte, direste voi.
Non ricordavo cosa vi fosse rinchiuso, eppure non doveva esser così pericoloso come lo percepivo. Potevo scoprirlo. E invece mi occupai di licenziare quel passo, di renderlo più breve e stare lontano. Cercai di ignorare quella porta, di farmi sicuro oltre quanto non fossi. E più ero distante più la sicurezza acquisiva un velo di realtà, almeno ai miei occhi. Tanto si fece appresa quell’abitudine, che quasi dimenticai la porta e i suoi segreti, come se appartenesse a un mondo dimenticato. Essa restò lì, ferma, per anni, ma non cessò di esistere.
Finché un giorno mi ritrovai nuovamente appresso alla soglia. Fu quasi per caso o per sbadataggine, ma scoprii che la profonda paura di quel fanciullo era sempre lì, pronta ad attendermi tra le ombre, immutata. E tuttora esiste anche se ho almeno il coraggio di considerarla. Un coraggio però che basta a malapena per chiedermi: cosa temo di quella stanza e dei suoi segreti?”

 

Ci sono aspetti delle nostre reazioni emotive che non sono chiari alla coscienza. Questo è sempre stato un cruccio della psicologia cognitiva che si muoveva tra i modelli basati sull’inconscio e i modelli basati sul condizionamento. Quali spiegazioni alternative ha trovato?

Lostrano caso della coscienza. Immagine: © puckillustrations - Fotolia.com
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Partiamo dall’esempio descritto e immaginiamo che quella porta rappresenti il passaggio verso un ricordo doloroso. Potrebbe trattarsi di un episodio specifico (un trauma), ma anche di una condizione più generale (es: i ricordi di come ci si sentiva schiacciati dalle pesanti critiche dei genitori). Ricordi e temi di vita dolenti possono nascondersi oltre la porta e stimoli contestuali del tempo presente possono farli rivivere. È il caso per esempio di coloro i quali, innanzi a ogni presa in giro del collega di turno, rischiano di provare lo stesso senso di umiliazione di soprusi infantili ad opera dei bulli del quartiere. A questo punto la coscienza potrebbe trarre apparentemente un certo vantaggio dall’inibire l’accesso di questi ricordi a sé stessa.

Questa è l’idea chiave di Conway e collaboratori (2004), due ricercatori esperti nel campo della memoria autobiografica, e della loro Self-Memory System Theory (Conway & Pleydell-Pearce, 2000). Molto si è scritto riguardo alle strategie cognitive di controllo della minaccia che possono essere attivate dal sistema di controllo cosciente (es: ipermonitoraggio, attenzione selettiva, rimuginio e ruminazione, soppressione del pensiero ecc…). La Self-Memory System Theory spiega un altro genere di risposta, descrivendo il sistema di controllo esecutivo centrale non solo come attivatore di strategie cognitive ma anche come inibitore dell’accesso di informazioni autobiografiche nella coscienza, in quanto pericolose e dolorose.

 

Come fa la coscienza a inibire l’accesso a sé stessa di qualcosa che però è in grado di cogliere e di percepire come minaccia? Sembra un paradosso. A questo livello secondo gli autori entra in gioco il sistema associativo con cui leghiamo stimoli nella nostra memoria a lungo termine (o conoscenza autobiografica). I ricordi o gli stimoli che nella rete associativa si pongono in una posizione di vicinanza a questo tema dolente (il passo) vengono marchiati essi stessi come pericolosi e innescano una risposta di inibizione ed evitamento mentale. La vista della porta, il passo, le ombre divengono tutti segnali di pericolo, per cui non c’è bisogno di sapere cosa si nasconde oltre la soglia che nei fatti rimane oscuro. Basta tenersi lontano dalle vie di accesso a quel tema con credenze protettive (il cercare di farsi sicuro, banalmente un po’ raccontandosela) o con strategie di evitamento.

Le modalità di evitamento che conseguentemente si innescano possono avere diverse forme, tutte riducibili alle vecchie reazioni di attacco e di fuga. L’individuo può rispondere alla paura con rabbia contro lo stimolo che rischia di attivare il tema dolente, può fuggire lontano con la mente nei mondi del ragionamento iperazionale o della dissociazione vera e propria, oppure può decidere per tutelarsi di alterare direttamente la coscienza attraverso l’uso di sostanze. Lo scopo salvaguardato resta il medesimo: impedire l’accesso a un tema percepito come distruttivo per la coscienza.

La Self-Memory System Theory ha mostrato interessanti punti di forza e di sviluppo futuro. Primo, offre una spiegazione cognitiva a un fenomeno che è sempre stato un po’ oscuro e lo fa rimanendo ancorata alla ricerca, senza trovare spiegazioni in derive filosofiche. Secondo, offre un ponte scientifico di discussione tra approcci dinamici e cognitivi su temi di importante valore clinico come l’attività mentale ai limiti della consapevolezza e i meccanismi di difesa. Infine, apre molte nuove porte al trattamento dei disturbi psicologici. Per alcuni ricercatori infatti la SMS Theory rappresenta la spiegazione di fondo all’efficacia di una terapia di terza generazione che sta riscuotendo ampio successo come l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) (Gunter & Bodner, 2009). Inoltre conferma la consapevolezza clinica per cui occorre attraversare assieme al paziente quella porta, conoscere cosa vi si nasconde imparare a restarci dentro per comprendere che non può distruggerci.

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

  • Conway, M.A.,Meares, K. & Standart, S. (2004). Images and goals. Memory, 12(4), 525-531.
  • Conway, M.A. & Pleydell-Pearce, C.W. (2000). The Construction of Autobiographical Memories in the Self-Memory System. Psychological Review, 107(2), 261-288
  • Gunter, R.W., & Bodner, G.E. (2009). EMDR Works… But How? Recent Progress in the Search for Treatment Mechanisms. Journal of EMDR Practice and Research, 3(3), 161-168.
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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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