Ore 9:00 del mattino. La sala è gremita. Tutti sono in attesa. Finalmente fa il suo ingresso Otto Kernberg: un uomo piccolino, composto, che con le sue teorie ha letteralmente rivoluzionato il mondo della psicodinamica e non solo.
L’arduo compito di presentare la Lectio Magistralis del Professor Kernberg spetta al dott. Mauro Grimoldi, presidente dell’OPL, che dopo aver simpaticamente scherzato sull’ampia coorte di sintomi ansiosi e disturbi del sonno che lo ha colpito nei giorni precedenti all’idea di dover introdurre un personaggio del calibro di Otto Kernberg, illustra in maniera breve e concisa perché la psicologia è debitrice nei confronti di questo professore, il cui contributo alla disciplina psicologica è innegabile; basti pensare che qualsiasi manuale di psicologia riporta almeno un capitolo inerente la sua teoria. Il presidente dell’OPL non si dilunga troppo, ridendo ci svela che sa che, come nei concerti pop a cui partecipava da ragazzo, nessuno è lì per ascoltare il gruppo di supporto, sono tutti in trepidazione per l’headliner.
Il prof. esordisce nel più inaspettato dei modi, scusandosi, con un sorriso, di non parlare italiano. Conquistata così tutta la platea, inizia ad esporre la sua teoria del Disturbo Narcisistico Di Personalità all’interno della concezione psicoanalitica, con una chiarezza espositiva che ne ha permesso la comprensione anche a chi non è avvezzo alla terminologia psicodinamica.
Il narcisismo patologico, che si configura come uno specifico disturbo di personalità, rientra all’interno dell’organizzazione borderline di personalità, caratterizzata da un deficit nell’integrazione delle rappresentazioni positive e negative di Sé e degli altri. A differenza del Disturbo Borderline di Personalità in cui il soggetto continua ad oscillare tra idealizzazione e svalutazione, il Disturbo narcisistico rimane ancorato alla parte idealizzata. A difesa del caos interiore determinato dalla mancanza di integrazione si sviluppa un Sé grandioso patologico che include le rappresentazioni idealizzate e le fantasie grandiose sul Sé e sugli altri; le rappresentazioni negative vengono invece proiettate all’esterno. Ciò rende impossibile un coinvolgimento profondo nelle relazioni interpersonali poiché l’altro viene continuamente svalutato: “Non ho bisogno di nessuno. Ho tutto ciò di cui ho bisogno” è il motto del narcisista, che nega la dipendenza dagli altri e si rifugia nella sua onnipotenza. In realtà il narcisista è una persona profondamente sola, che allontana tutto e tutti per difendersi da una realtà pericolosa che in ogni momento potrebbe invalidare la sua rappresentazione idealizzata di sé. La sua condizione è talmente drammatica che paradossalmente ha un estremo bisogno dell’ammirazione dell’altro per poter mantenere intatta la propria immagine grandiosa: ovviamente la critica da parte dell’altro non è concessa!
Chissà invece se la commissione che segue la stesura del DSM V, la cui pubblicazione è prevista per il 2013, accetterà di buon grado le critiche mosse nei suoi confronti da Kernberg.
“Lasciatemi dire che il sistema di classificazione americano finge di essere un sistema scientifico, ma in realtà non lo è, è un sistema politico e riflette l’impegno ideologico dell’American Psychiatric Association.”
Secondo il professore all’interno dell’APA si evidenziano principalmente due aree di conflitto: la prima riguarda la descrizione delle patologie, che deve fare i conti con la diatriba tra la psicologia clinica, sostenitrice dell’approccio categoriale, e la psicologia sperimentale, che utilizza invece criteri dimensionali; la seconda, invece, riguarda la concettualizzazione dei Disturbi di Personalità, dove oggi emerge forte una tendenza a riconcettualizzare tali disturbi in un’ottica neurobiologica radicale, sotto la spinta dell’industria farmaceutica. Per quanto riguarda il destino dei Disturbi di Personalità presenti nel DSM IV, Kernberg illustra come la commissione abbia risparmiato solo i 5 che sono stati oggetto di ricerca empirica in tempi recenti. Fra gli esclusi inizialmente c’era anche il Disturbo Narcisistico di Personalità, scelta che è stata frutto della spinosa battaglia tra la neurobiologia radicale e la psicodinamica. Tuttavia, sotto la pressione della psichiatria clinica, alla fine, il Disturbo Narcisistico è stato reintrodotto tra i Disturbi di Personalità, anche se con un impoverimento dei criteri diagnostici rispetto al DSM IV che certamente non soddisfa i clinici.
Una sola cosa è certa: il DSM V sarà una vera gatta da pelare per tutti i clinici, cognitivi o psicodinamici.
Dopo una breve pausa è il turno del Prof. Yeomans che inizia la sua brillante relazione dal tema “The TFP approach to the Narcissistic patient”. La psicoterapia focalizzata sul transfert (TFP), applicata per molti disturbi di personalità, si pone come obiettivo centrale il cambiamento strutturale della personalità. È un intervento centrato sull’individuo, che tiene conto degli aspetti del Sé e degli altri significativi interiorizzati dal soggetto e sui quali investe emotivamente.
Nello specifico quando si applica il TFP a pazienti con un disturbo narcisistico di personalità l’obiettivo è neutralizzare il Sé grandioso patologico attraverso l’integrazione delle parti scisse del Sé. Ciò è reso complesso dalla tenacia dei processi difensivi che rinforzano il Sé Grandioso Patologico e la straordinaria sensibilità all’umiliazione, alla vergogna, al senso di inferiorità e alla sottomissione. Come suggerisce il nome TFP, si tratta di una terapia focalizzata sulla costante interpretazione del transfert, ovvero i sentimenti che il paziente prova verso il terapeuta che tipicamente è considerato come un individuo da svalutare e da sconfiggere, e del controtrasfert, ovvero ciò che il terapeuta percepisce nella relazione (che il più delle volte è noia, preoccupazione e voglia di contrattaccare).
La TFP inizia con la formulazione di un contratto terapeutico, tuttavia gli interventi non si susseguono secondo un percorso prestabilito, un protocollo diremmo noi, ma sono frutto della valutazione del tema affettivo dominante che il paziente mostra: più il narcisismo è patologico, più rigida sarà la cornice terapeutica all’interno della quale verrà indagata la natura più primitiva dell’aggressività del paziente. Nel corso delle sedute il terapeuta impone al paziente narcisista di vivere un confronto con la realtà e di andare incontro gradualmente a momenti di consapevolezza che entrano inevitabilmente in conflitto con il suo abituale modo di rifugiarsi all’interno di un falso Sé. Il terapeuta diviene così l’unica congiunzione tra realtà e realtà immaginata ed è solo in questo momento che può tentare di incrementare la funzione riflessiva del paziente.
Ore 13:00 si conclude quest’interessante e affascinante Lectio.