
La prima fase è quella dell’assopimento, in cui tutto l’organismo si prepara alla dimensione vera e propria del sonno: il battito del cuore diminuisce, così come il respiro, e la temperatura del corpo inizia ad abbassarsi. È così che ci addormentiamo. Durante la fase d’inizio, il cervello modifica il suo stato bioelettrico: si passa dalle onde alfa, caratteristiche di una condizione di rilassamento, alle onde theta, tipiche dello stato di dormiveglia, fino alle onde delta del sonno profondo.

Il sonno vero e proprio consiste in una serie di cinque cicli della durata di circa novanta minuti ciascuno e caratterizzati da una fase di sonno profondo (sonno non REM), seguita da una fase di sonno più leggero (stadio REM); solo quest’ultima è caratterizzata dalla presenza dei sogni ed è in questa fase che si organizzano e si fissano i ricordi.
È quello che si legge su un articolo pubblicato dall’ Association for Psychological Science e riportato su Psypost alcune settimane fa. Le dottoresse Payne e Kensinger, psicologhe rispettivamente dell’università di Notre Dame e del Boston College e coautrici di una review sugli effetti del sonno sul nostro organismo, affermano che il sonno non solo consolida i ricordi, ma farebbe qualcosa in più, ovvero ricostruirebbe e riorganizzerebbe le nostre memorie.
In particolare, la persona addormentata tenderebbe a immagazzinare la parte emozionale di un ricordo: ad esempio, se alle persone vengono mostrate scene ad alto impatto emotivo (come gravi incidenti stradali), esse tendono a ricordare e fissare, durante il sonno, proprio la parte emotiva dell’esperienza più che i dettagli del fatto. Ai partecipanti dello studio in questione è stato proposto proprio qualcosa di simile: venivano loro mostrate scene emotivamente attivanti prima di addormentarsi, dopodiché veniva loro misurata l’attività del cervello durante il sonno e il loro ricordo effettivo al risveglio. Ciò che emerge è il fatto che queste persone ricordano meglio l’emozione provata e non, ad esempio, i dettagli presenti nella scena. Anche a livello cerebrale si evidenzia che le regioni attive durante il sonno sono quelle della memoria e delle emozioni.

Un altro studio pubblicato su The Journal of Neuroscience mette in evidenze come il sonno sia fondamentale per il consolidamento della memoria a lungo termine. Analizzando il tracciato elettroencefalografico di 191 volontari è emerso che, durante la fase di sonno REM vi è un aumento dell’attività cerebrale: in particolare, più il cervello è attivo durante questa fase, migliore sarà il ricordo. Ciò che gli autori sostengono è che durante la veglia è come se il nostro cervello “catalogasse” nella corteccia prefrontale tutte le informazioni che gli arrivano, mentre sarebbe l’attività dell’ippocampo durante il sonno a consolidarle.
Nelle attuali società occidentali con ritmi di vita frenetici, tra le prime cose a pagarne le conseguenze sono proprio le ore di sonno, probabilmente perché vi è ancora una convinzione alla base che dormendo “non si fa niente”. Ma questo non è vero: il cervello è impegnato, non solo a consolidare ciò che abbiamo fatto, letto e pensato, ma anche a riorganizzare tutte queste informazioni scegliendo tra le più rilevanti e rendendoci creativi. Se abbiamo una buona idea, insomma, ci verrà in mente probabilmente al mattino. Perciò, dormiamoci sopra.
BIBLIOGRAFIA:
- Cartwright, R. D., (2010). The twenty-four hour mind: the role of sleep and dreaming in our emotional lives. Oxford University press.
- Diekelmann, S., & Born, J., (2010). The memory function of sleep, Neuroscience.
- Sleep Makes memories stronger. Psypost.