Roman Polanski può non piacere? Difficile, guardatevi il suo ultimo film, presentato a Venezia. Carnage è tratto da una piece teatrale di Yasmina Reza, che collabora anche alla sceneggiatura. Scena d’inizio: due bambini litigano in mezzo a un gruppo di compagni e uno andando via si volta e dà una bastonata in faccia a un altro che si accascia. Il film è l’incontro di 4 personaggi, i genitori dei ragazzini che tentano una pacificazione.
Ma non tutti i personaggi di Carnage sono uguali, ce n’è uno assetato di sangue e giustizia. Finirà in scene di rabbia e rimproveri, mentre ubriachi si insultano, urlano e vomitano. La più malata è la madre del figlio che ha avuto la bastonata, interpretata da Jodie Foster. Vorrebbe essere diversa, vorrebbe essere elegante e sposata a un uomo civile, con una vita perfetta. Ma questa vita non le è possibile, il suo uomo è rozzo, vende sciacquoni, con una rabbia repressa che lei teme e gestisce. Un uomo capace di gettare un criceto fuori di casa nelle vie di New York condannandolo a morte certa. E la nostra Jodie Foster se ne vergogna. La vita non è stata buona con lei, ha tentato in tutti i modi di elevarsi con un controllo spasmodico e perfezionista di tutto: le letture, l’arte, la scrittura, i rapporti, l’educazione del suo figlio.
Non riesce a digerire il danno subito dal ragazzo, l’imperfezione dei canini danneggiati, il suo dolore psicologico, la minaccia che essi rappresentano alla sua disperata forza di volontà che doveva elevarla al disopra della vita triste e insoddisfacente nella quale è immersa. Non accetta soluzioni di compromesso, vuole che la colpa, la responsabilità, l’errore che è piombato nella sua vita spariscano. O che almeno vengano sanati da una perfetta forma di richiesta di perdono e accettazione di colpa. Non consente a nessuno di andare via, di sdrammatizzare, di adattarsi alla vita così come essa scorre al di fuori delle nostre preferenze e desideri. Riparte sempre di nuovo a rimproverare al mondo il fallimento del suo controllo. L’ingiustizia subita, che occorre sanare ad ogni costo.
La sua controparte è il padre dell’aggressore, (l’attore Cristoph Waltz) un avvocato ricco, sempre al telefono, che tende a razionalizzare, sdrammatizzare, scherzare, che non vuole essere coinvolto troppo è cinico e non sopporta la tendenza di lei a drammatizzare e divenire fondamentalista, e che forse disprezza un po’ suo figlio, insieme a tutte le posizioni morali rigide e esagerate. Nella vita occorre funzionare, vincere, non credere.
Le due figure sono così distanti, così impossibili a comprendersi e capirsi che alla fine trascinano con loro tutto e tutti.
I coniugi seguono, l’alcol distrugge il perbenismo un poco formale di Kate Winslet e le scene finali sono le scene di una rissa inelegante e assurda di reciproci urli e rimproveri, ormai affogati nella disorganizzazione del discorso alcolico.
La lezione finale di Carnage è di un Roman Polanski che guardando i bambini nel parco, sempre in lontananza, li vede giocare con il criceto. Non hanno bisogno di protezione, sapranno trovare un modo di fare pace che è il modo paziente della vita e non il modo rabbioso e dolente degli adulti.