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Il re è nudo! – Il potere del leader ha bisogno della sua follia

Nelle organizzazioni leader e follower sono in relazione. Il follower può esercitare un’influenza attiva verso l’alto, a dispetto dello squilibrio di potere

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 17 Feb. 2016

E’ noto che più si sale nella gerarchia aziendale e più è difficile trovare persone che dicano la verità, bambini innocenti che osino gridare: ‘Il re è nudo!

 

Il re è nudo è una celebre frase della fiaba ‘I vestiti nuovi dell’imperatore’ di Hans Christian Andersen. Nella fiaba si narra di un re che amava i vestiti e che cadde in una trappola così raccontata:

Una volta arrivarono due impostori: si fecero passare per tessitori e sostennero di saper tessere la stoffa più bella che mai si potesse immaginare. Non solo i colori e il disegno erano straordinariamente belli, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili agli uomini che non erano all’altezza della loro carica e a quelli molto stupidi.

I truffatori finsero di lavorare sui tessuti, ovviamente inesistenti, ma nessuno osò denunciare la truffa in atto proprio per quel meccanismo che prevedeva che a non vedere i tessuti fossero gli incapaci e gli stupidi.

L’epilogo è noto: il re viene vestito con i vestiti inesistenti e sfila per la città nudo:

E così l’imperatore aprì il corteo sotto il bel baldacchino e la gente che era per strada o alla finestra diceva: «Che meraviglia i nuovi vestiti dell’imperatore! Che splendido strascico porta! Come gli stanno bene!».

Nessuno voleva far capire che non vedeva niente, perché altrimenti avrebbe dimostrato di essere stupido o di non essere all’altezza del suo incarico.

«Ma non ha niente addosso!» disse un bambino «Signore, sentite la voce dell’innocenza!» replicò il padre, e ognuno sussurrava all’altro quel che il bambino aveva detto. «Non ha niente addosso! C’è un bambino che dice che non ha niente addosso!». «Non ha proprio niente addosso!» gridava alla fine tutta la gente. E l’imperatore, rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: «Ormai devo restare fino alla fine». E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era.

 

Il leader e il giullare

Come non associare le figure allegoriche della fiaba di Andersen, ai protagonisti che circondano il re dei nostri giorni che spesso sono soli con il loro potere, privi di verifiche concrete sui loro comportamenti, circondati da collaboratori, che vivono in uno stato di soggezione gerarchica? In realtà i leader avrebbero bisogno di persone sincere, di folli che, ricorrendo all’arma dell’umorismo, riescono a limitare le conseguenze dell’arroganza e dell’ostilità. In questo senso, il potere del leader ha bisogno della sua follia.

Il Re Lear shakespeariano aveva un buffone di corte, che aveva la funzione, importantissima, di dire la verità al potere. Re Lear fallisce perché, in un certo senso, non dà ascolto alle parole del suo buffone e rimane agganciato ad un solo punto di vista. Il principe Hal, invece, diventa un grande sovrano perché sa ascoltare i suggerimenti e le lezioni di un altro straordinario personaggio comico: Falstaff, furfante memorabile, ma anche inimitabile maestro di saggezza popolare. Sono gli individui come Falstaff e il Fool, che si muovono lontano dal cuore dell’organizzazione, a dire al leader la verità e a ricordargli la natura terrena e provvisoria del suo potere.

Anche Erasmo da Rotterdam, nel suo ‘Elogio della Follia‘, esamina il rapporto tra il leader ed il giullare. Sotto le apparenze della follia, il giullare può dire ciò che per altri è indicibile; usando le risorse dell’umorismo, il folle protegge il re dal rischio di diventare arrogante e malato di narcisismo.

Nei tempi passati i sovrani, dunque, gradivano il giullare di corte, a cui era consentito dire, ridendo e facendo ridere, la verità, per esempio su quanto effimero sia il potere. Erano, in definitiva, la coscienza critica, ma nascosta, del re.

Oggi, all’interno delle organizzazioni, leadership e followership sono ruoli in relazione ed il follower può esercitare un’influenza verso l’alto in modo attivo, in altre parole ‘a dispetto dello squilibrio di potere, l’influenza può essere esercitata da entrambi i ruoli come parte di uno scambio sociale’ (Hollander, 1992).

La followership non può essere sudditanza e neppure silente attesa dell’entrata del leader come se fosse il Re Sole; d’altra parte il leader non deve essere malato di narcisismo, ovvero avere una personalità che la psicologia clinica definisce maniacale.

 

Narcisismo e Leadership: gli svantaggi delle apparenze. - Immagine di Costanza Prinetti
Narcisismo e Leadership: gli svantaggi delle apparenze.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Vitullo A. (2006). Leadership riflessive. La ricerca di anima nelle organizzazioni. APOGEO
  • Cialdini R.B. (1995). Le armi della persuasione. Giunti Editore. Firenze.
  • Nico P. (2005). Le parole dei leader. Franco Angeli Editore. Milano.
  • Bevington D. (2013). The complete Works of Shakespeare, 7th ed. Longman.
  • Carena C. (2014), a cura di, Da Rotterdam E. Elogio della follia. Einaudi Editore. Torino.
  • Hollander E.P. (1992). Leadership, followership, self, and others. JAI Press. New York.
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