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A beautiful mind (2001) – Cinema & Psicoterapia nr. 33

John Nash, matematico schizofrenico, rappresenta la speranza di avere una vita qualitativamente buona per le persone che convivono con questa patologia

Di Antonio Scarinci

Pubblicato il 28 Nov. 2014

Antonio Scarinci.
Psicologo Psicoterapeuta. Socio Didatta SITCC
 

RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA  #33

A beautiful mind (2001)

Proposte di visione e lettura (Coratti, Lorenzini, Scarinci, Segre, 2012)

 

La capacità di convivere con una malattia così grave e la speranza di avere una vita qualitativamente buona, come è stato per John Nash, possono essere uno stimolo importante, per i malati e i loro familiari.

Info:

Diretto da Ron Howard. Interpretato da Russell Crowe. Gran Bretagna 2001. Il film è ispirato all’omonima biografia di Sylvia Nasar.

Trama:

Il film racconta la storia di John Nash matematico, vincitore a soli diciannove anni di una borsa di studio alla Università di Princeton nel 1947, successivamente ricercatore al MIT di Boston e poi docente a Princeton, insignito nel 1994 del premio Nobel per l’economia in rela¬zione alle sue geniali intuizioni sulla “Teoria dei Giochi”.

I rapporti umani sono il tallone d’Achille del prestigioso matematico; nonostante ciò si sposa con Alicia, una giovane studentessa di Fisica. Nash ha solo un amico Charles, il suo compagno di stanza, che ha una nipote e passa il suo tempo con le formule matematiche.

Nella sua vita compare anche William Parcher un oscuro agente governativo che lo ingaggia per missioni segrete. In realtà i tre personaggi Charles, sua nipote e Parcher non sono nient’altro che allucinazioni: Nash, infatti è affetto da schizofrenia paranoide. Curato e assistito da sua moglie riesce a convivere con le allucinazioni, tornando anche all’attività accademica.

Motivi di interesse:

Il film mostra la sintomatologia negativa e positiva della schizofrenia in numerose scene. Un occhio attento riesce a distinguere le allucinazioni di Nash dallo sviluppo “realistico” del film, ma non è certo un compito semplice.

Questo dà il senso di quanto nella mente del malato i sintomi positivi siano vissuti come reali e quanto la sua vita si dispieghi lungo un mondo visto dall’esterno come immaginario, ma costrui¬to dallo schizofrenico su percezioni ritenute valide e inconfutabili.

In alcune scene si possono riscontrare queste differenze. Solo per fare un paio di esempi, possiamo citare la scena in cui la nipotina di Charles corre in mezzo ai piccioni che restano tranquilli e non si alzano in volo né si spostano, o ancora la scena in cui, dopo che John decifra un messaggio, si affaccia dalla finestra, vede Parcher e chiede chi sia quell’uomo senza ricevere risposta e venendo ignorato.

La capacità di convivere con una malattia così grave e la speranza di avere una vita qualitativamente buona, come è stato per John Nash, possono essere uno stimolo importante, per i malati e i loro familiari. Affrontare una patologia così grave non è certo facile e le conseguenze di una mancata consapevolezza possono essere molto invalidanti e in alcuni casi addirittura drammatiche.

La nostra esperienza clinica ci fa dire che ai pazienti stabilizzati la visione del film e di recenti interviste rilasciate dal Premio Nobel infondono coraggio e fiducia nella possibilità di gestire la malattia.

Indicazioni per l’utilizzo:

Il film può essere uno strumento utile di psicoeducazione per i familiari, per i pazienti e per la comprensione della malattia per gli studenti.

Trailer

 

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RUBRICA CINEMA & PSICOTERAPIA

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Coratti, B., Lorenzini, R., Scarinci, A., Segre, A., (2012). Territori dell’incontro. Strumenti psicoterapeutici, Alpes Italia, Roma. ACQUISTA ONLINE
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SCRITTO DA
Antonio Scarinci
Antonio Scarinci

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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