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Alle radici della malattia di Parkinson

Identificata la proteina coinvolta nel processo all'origine della malattia di Parkinson: quali speranze per un nuovo trattamento? Neuropsicologia

Di Laura Stefanoni

Pubblicato il 28 Apr. 2014

Aggiornato il 02 Mar. 2015 10:54

 

– FLASH NEWS-

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze Psicologiche

Un recente studio condotto dai ricercatori della Johns Hopkins su neuroni umani coltivati in laboratorio e sulle drosophilae ha portato all’identificazione di un processo che concorre ad una particolare condizione della malattia di Parkinson, riscontrata in un gran numero di pazienti.

La possibilità inoltre di intervenire su tale processo sembrerebbe aprire le porte ad una nuova speranza di trattamento.

Infatti, sebbene alcuni farmaci, come la L-dopa, consentano ai pazienti una più facile gestione dei sintomi, il disturbo non può essere arrestato e il peggioramento della malattia porta ad un aumento dei tremori fino all’immobilità e, in alcuni casi, alla demenza.

Il progetto di ricerca coordinato da Ted Dawson, professore di neurologia e direttore del dipartimento di ingegneria cellulare del Johns Hopkins, ha preso avvio dalle scoperte in merito all’origine della malattia di Parkinson, i cui sintomi sono legati alla degenerazione delle cellule nervose responsabili della produzione di dopamina.

Le evidenze circa l’implicazione di fattori genetici nell’origine del disturbo sono apparse una decina di anni fa, quando è stata identificata una mutazione chiave in un enzima conosciuto come leucine-rich-repeat-kinase 2 (LRRK2). È stato Dawson a riconoscere che si trattasse di una chinasi, cioè un tipo di enzima in grado di trasportare gruppi fosfato alle proteine, modulandone la loro attivazione o disattivazione.

Nonostante nel corso degli anni diversi studi abbiano mostrato che il blocco dell’attività dell’enzima mutato arrestasse la degenerazione neurale mentre un suo aumento ne provocasse un peggioramento, per circa un decennio gli scienziati non sono riusciti a capire quale fosse il legame tra la mutazione di LRRK2 e la malattia di Parkinson.

Lo studio di Dawson mostra un chiaro collegamento tra LRRK2 e i meccanismi patogenetici di questa patologia.

È stato grazie a lui che sono state identificate le proteine coinvolte nel disturbo sulle quali sembrava agire LRRK2. Al tempo, nessuno sospettava che LRRK2 fosse coinvolto in attività fondamentali come la produzione delle proteine.

Le proteine identificate sono poi state sottoposte ad una serie di test per capire quali di queste potessero essere fosforilate da LRRK2.

Studiando inizialmente i risultati della mutazione di tre proteine ribosomiali (s11, s15, s27), il team di Dawson è giunto alla conclusione che una mutazione della proteina s15 bloccasse la fosforilazione di LRRK2 in modo tale da proteggere le cellule nervose dalla morte.

Con la proteina ora identificata, il team di Dawson sta affrontando ulteriori esperimenti per verificare come un eccesso nella produzione della proteina possa causare la degenerazione neuronale. Vogliono inoltre vedere cosa succede bloccando l’azione dell’enzima LRRK2 su s15 nei topi.

 

 

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Laura Stefanoni

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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