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Disturbo da Tic

Il disturbo da tic è uno dei disturbi più frequenti in età evolutiva: oltre il 10% della popolazione manifesta tic durante l’infanzia e l’adolescenza

Il disturbo da tic costituisce uno dei disturbi neuropsichiatrici più frequenti in età evolutiva. Con la denominazione tic si intende tutti quei movimenti stereotipati, a-finalistici, che l’individuo compie senza averne il controllo; i tic possono essere transitori oppure cronici.

I disturbi da tic costituiscono uno dei disturbi neuropsichiatrici più frequenti in età evolutiva, si stima infatti che oltre il 10% della popolazione manifesti dei tic nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza (Verdellen C. et al., 2016).

Il tic è un comportamento convulso e involontario ed è considerato un’anomalia che rientra nei disordini del movimento. Con la denominazione tic si intende tutti quei movimenti stereotipati, a-finalistici, che l’individuo compie senza averne il controllo; i tic possono essere transitori (Disturbo transitorio da Tic) oppure cronici (Disturbo persistente da Tic motori o vocali); si possono manifestare in diversi modi e coinvolgere uno o più elementi corporei: gli occhi, la voce o addirittura il comportamento.

Diverse tipologie di tic

I tic motori comprendono per esempio smorfie del viso, movimenti del collo, colpi di tosse, ammiccamenti; fanno parte di questa tipologia anche i tic vocali (emissioni di suoni non voluti) che includono per esempio il raschiarsi la gola e lo sbuffare. Quelli appena elencati sono considerati tic motori e vocali semplici perché coinvolgono solo alcuni elementi corporei e sono costituiti da movimenti brevi.

I tic motori possono essere anche complessi quando coinvolgono più elementi corporei e sono costituiti da sequenze di movimenti; ne sono un esempio il battere i piedi, effettuare movimenti mimici, saltare, toccare, odorare un oggetto. Anche i tic vocali possono essere complessi o definiti anche tic comportamentali; ne sono un esempio l’ecolalia (la ripetizione come un’eco di frasi parole o suoni sentiti per ultimi) e la coprolalia (comportamento compulsivo patologico che provoca la necessità esplosiva di pronunciare parole o frasi dal contenuto osceno e/o volgare). Oltre a queste principali tipologie esistono anche i tic distonici (movimenti coordinati consecutivi con un fine inesistente ma presunto), i tic sensitivi (scatenati da una stimolazione esterna, frequentemente riscontrato nelle persone con Sindrome di Tourette) e i tic transitori, riscontrabili più frequentemente in età infantile (DSM-5).

I tic persistenti esordiscono in genere tra i 4 e i 7 anni, raggiungono un picco di intensità in pre-adolescenza, per poi attenuarsi e sparire nella maggioranza dei casi in tarda adolescenza o nella prima età adulta (Verdellen C. et al., 2016).

L’eziologia del Disturbo da tic

Alcuni soggetti sembrano essere maggiormente predisposti rispetto ad altri a sviluppare il Disturbo da Tic per via di un’alterazione del gene SLTRK1 nel cromosoma 13; tuttavia non è matematico che a predisposizione genetica segua sempre la manifestazione di un tic nervoso. In altri casi vi possono essere disfunzioni cerebrali e del sistema nervoso centrale che incidono su due neurotrasmettitori: la dopamina e la serotonina, coinvolte nei meccanismi cerebrali di movimento volontario e nella regolazione dell’umore.

Tra le cause di un tic nervoso vi possono anche essere disagi psicologici ossessivo-compulsivi che cercano di contrastare l’ansia verso una situazione determinata oppure ancora vi possono essere implicazioni di carattere neurologico riferite principalmente ai gangli della base (formazioni dell’encefalo che svolgono un importante ruolo nel controllo dei movimenti volontari e non ma anche di alcune funzioni cognitive) (Bear et al., 2007).

I tic causati da malattie neurologiche prendono il nome di discinesie (alterazioni di un movimento), queste possono essere una conseguenza di un danno cerebrale alla nascita, di un trauma al capo, dell’uso di farmaci antiemetici oppure di farmaci utilizzati per trattare problemi psichiatrici (Segen J., 2006).

La Sindrome di Tourette

Tra le patologie meglio conosciute caratterizzate da movimenti involontari ed esordio nell’infanzia vi è la Sindrome di Tourette (Disturbo neurologico che prende il nome da George Gilles de la Tourette, il neurologo francese che l’ha descritta per primo nel 1885). Questa Sindrome è caratterizzata da tic facciali, movimenti involontari multipli del corpo, ecolalia e coprolalia; la gravità dei tic può variare da lievi a invalidanti ed il 43% dei pazienti presentano alcune comorbilità come il Disturbo da Deficit d’attenzione e iperattività (ADHD) e il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC); queste condizioni sono spesso secondarie al peggioramento del quadro clinico del paziente ed è fondamentale identificarle e trattarle (Du J.C. et al., 2010).

Le cause della sindrome non sono ancora certe, vi sono fattori genetici e ambientali e si ipotizza esservi un metabolismo anormale della dopamina 4 volte più frequente nel maschio.

Resta dibattuta l’ipotesi autoimmune che prende il nome di PANDAS (Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorders Associated with Streptococcal infections) una sindrome neuropsichiatrica infantile innescata da ripetute infezioni da streptococco non adeguatamente curate che presentano diversi sintomi neuropsichiatrici tra i quali: disturbi del movimento, tic vocali, disturbo ossessivo-compulsivo (pandasitalia.it).

A differenza degli altri disturbi del movimento, i tic di Tourette sono sopprimibili per periodi limitati di tempo e sono spesso preceduti da un impulso premonitore non desiderato di cui i bambini sono meno consapevoli.

Alcuni esempi di impulso premonitore possono essere: la sensazione di avere qualcosa in gola o un disagio localizzato nelle spalle, che portano alla necessità di schiarirsi la gola o di alzare le spalle. Il tic può essere sentito come un modo per alleviare questa tensione o sensazione, simile alla sensazione che si ha dopo essersi grattati per un prurito.

Per via di questi impulsi premonitori i tic della Sindrome di Tourette sono descritti come semi-volontari.

L’intervento psicoeducativo in aggiunta a quello farmacologico è spesso necessario per aiutare il nucleo familiare e il paziente stesso ad affrontare i sintomi della sindrome.

La prognosi è positiva, solo una minoranza di bambini con la sindrome presentano una serie di gravi sintomi che persistono in età adulta; al momento della diagnosi i tic potrebbero essere al livello massimo di gravità e spesso migliorano in seguito. Indipendentemente dai sintomi le persone con la sindrome di Tourette hanno una durata di vita normale, la condizione non è degenerativa, il quoziente intellettivo non viene direttamente intaccato dalla sindrome, vi possono essere però difficoltà d’apprendimento (Singer H.S., 2005).

Fattori ambientali nel Disturbo da Tic

Negli ultimi decenni rispetto all’eziologia del Disturbo da Tic sono stati individuati fattori e condizionamenti ambientali come per esempio un’educazione particolarmente repressiva e rigida che possono portare l’individuo a trattenere tutto quello che prova all’interno di sé in una continua sfida di controllo ed a percepire un senso di insicurezza e inadeguatezza (Verdellen C. et al., 2016).

Quando in comorbilità al Disturbo da Tic vi è anche un Disturbo Ossessivo Compulsivo o Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, è fondamentale intervenire anche su questi aspetti con interventi psicologici ed eventualmente farmacologici così da migliorare la qualità della vita del paziente, ridurre l’incidenza del tic e dei danni correlati.

Disturbo da Tic: l’ intervento farmacologico

Per il trattamento farmacologico dei tic semplici e complessi vengono utilizzati generalmente tre categorie di psicofarmaci: le benzodiazepine, gli ansiolitici non benzodiazepinici e i neurolettici, ma in alcuni casi possono essere utilizzati anche gli antidepressivi (Porta M., 1996).

I farmaci più efficaci sono i neurolettici classici come l’aloperidolo ma per i loro effetti collaterali a carico del sistema extrapiramidale vengono spesso preferiti i neurolettici di nuova generazione anch’essi antidopaminergici come il risperidone  o la sulpiride.

Il trattamento farmacologico non “guarisce” i tic ma aiuta la persona a controllarli.

Disturbo da Tic: l’intervento psicologico

I Disturbi da Tic vengono trattati principalmente utilizzando la tecnica dell’esposizione e della prevenzione della risposta con lo scopo di estinguere i pensieri e i rituali che il soggetto mette in atto per contenere l’ansia e di modificare le credenze disfunzionali e le interpretazioni della persona sulle possibili conseguenze che possono essere scatenate dalle situazioni-problema (Verdellen C. et al., 2016).

Dopo che la persona avrà imparato a conoscere e riconoscere i sintomi del disturbo, ne verrà valutata la frequenza e tipologia anche attraverso questionari auto-valutativi e strumenti standardizzati, verrà poi stabilito un ordine gerarchico delle situazioni che scatenano i sintomi ed i comportamenti disfunzionali. Seguirà poi il trattamento che consiste nell’esporre il paziente ad alcune situazioni ansiogene presentate in maniera crescente sia nel setting terapeutico che nel contesto quotidiano e che lo portano a mettere in atto una serie di rituali. L’obiettivo è quello di portare il paziente ad apprendere che l’ansia gradualmente diminuisce anche senza condotte di evitamento e rituali e che le conseguenze che aveva previsto possono anche non verificarsi; questa ristrutturazione delle interpretazioni delle situazioni-problema e delle conseguenze porta ad una modificazione comportamentale.

Nel caso di pazienti con disturbo da tic in età evolutiva è fondamentale il coinvolgimento dell’intero nucleo familiare con l’obiettivo di favorire la comprensione dei comportamenti del bambino, fornire strategie per la loro gestione e modificazione e porre attenzione sugli atteggiamenti dei componenti familiari in merito al disturbo ed al soggetto stesso. Risulta controproducente sgridare o spazientirsi in seguito alla manifestazione dei tic perché come in un vortice questo aumenta l’ansia e di conseguenza gli stessi tic. Indispensabile risulta anche nel contesto familiare il monitoraggio delle situazioni in cui i tic si manifestano così da poterle prevedere e quando possibile evitare.

Vi sono due principali modelli di terapia comportamentale utilizzati per trattare il Disturbo da Tic: il trattamento HRT (habit reversal therapy) e la tecnica ERP (Exposure and response prevention).

L’Habit Reversal Training, spesso tradotto come addestramento per la regressione delle abitudini disfunzionali, è ad oggi l’intervento considerato più efficace secondo le ricerche internazionali.

Nell’Habit Reversal Training si affronta separatamente ogni tic, prima prendendone coscienza, poi imparando una risposta competitiva che lo previene.

La tecnica ERP: exposure and response prevention utilizzata principalmente nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo ha come target tutti i tic in una volta e prevede il contatto o esposizione graduale o prolungata con lo stimolo o la situazione che generalmente innesca i sintomi e la prevenzione della risposta, ossia l’interruzione dei comportamenti messi in atto dopo il contatto con lo stimolo o la situazione, per un tempo maggiore di quello generalmente tollerato. Sconfiggendo i tic per un significativo periodo di tempo, il bambino può abituarsi alla sgradevole sensazione premonitrice (allarme-tic), che spesso precede un tic e si placa una volta che si manifesta il tic (Verdellen C. et al., 2016).

Una significativa riduzione dei tic è stata osservata sia con l’Exposure and Response Prevention che con l’Habit Reversal Training. Uno studio controllato ha mostrato che non ci sono differenze fra i due metodi (Verdellen et al., 2004). I risultati hanno suggerito che l’Exposure and Response Prevention è più efficace quando sono coinvolti più tic come nella Sindrome di Tourette, quando invece il bambino ha un solo tic o pochi tic diversi, l’ Habit Reversal Training risulta più appropriato. È consigliabile provare l’altro metodo se quello precedentemente utilizzato non ha portato ad una sufficiente riduzione dei tic (Verdellen C. et al., 2016).

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