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Le Basi Psicologiche dell’Etica #1: Jonathan Haidt

Jonathan Haidt e le basi psicologiche dell'etica. L’uomo è dotato di una intuizione morale che non dipende dal ragionamento.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 28 Mar. 2013

Aggiornato il 13 Apr. 2016 15:23

 

Le Basi Psicologiche dell’Etica #1: Le Ricerche di Jonathan Haidt
Prof. Jonathan Haidt

Jonathan Haidt e le basi psicologiche dell’etica. L’uomo è dotato di una intuizione morale che non dipende dal ragionamento.

Il sentimento etico, in quanto stato mentale e comportamentale, può essere oggetto di indagine scientifica e psicologica. Ci sono molte ricerche su questo argomento e tra le più famose ci sono delle ricerche di Jonathan Haidt. Da qualche anno, il prof. Jonathan Haidt, che insegna all’Università della Virginia, negli Stati Uniti, fa interessanti esperimenti di psicologia del senso morale. Per esempio, nell’anno 2001, sul quarto numero di quell’annata della Psychological Review, a pagina 814 apparve un articolo dallo strano titolo: “Il cane emotivo e la sua coda razionale”. L’articolo iniziava con una scena agitata:

“Julie e Mark sono fratello e sorella. Stanno viaggiando insieme in Francia durante le vacanze estive. Una notte sono soli in cabina vicino alla spiaggia. Decidono che potrebbe essere interessante e divertente provare a  fare l’amore. Almeno sarebbe una nuova esperienza per entrambi. Julie già prende la pillola per il controllo delle nascite, ma anche Mark usa un preservativo, giusto per essere sicuro. A entrambi piace aver fatto l’amore, ma decidono di non farlo mai più. Considereranno quella notte come un segreto speciale che li renderà perfino più prossimi l’uno all’altro. Cosa pensi di tutto questo? Era “ok” per loro fare l’amore?”

Questa vignetta è stata utilizzata per eseguire uno degli esperimenti psicologici concepiti da Jonathan Haidt. Qual è l’obiettivo di questo esperimento? Haidt fece leggere la vignetta a un certo numero di persone, partecipanti volontari. La gran maggioranza, subito dopo aver letto il brano, esprimeva repulsione, condanna, ribrezzo, o almeno disorientamento e/o perplessità. A questo punto, Jonathan Haidt chiedeva alle persone di giustificare i loro sentimenti di condanna o repulsione. Qui iniziava il nocciolo dell’esperimento. Secondo Jonathan Haidt nessuno riusciva a giustificare in maniera razionale i propri sentimenti di ripulsa. Naturalmente anche nell’articolo di Jonathan Haidt il termine “razionale” è utilizzato secondo il significato moderno di calcolo dei pro e dei contro, dell’utilità e della dannosità pubblica e privata dell’atto. Per questa morale utilitaria non c’è un atto di per sé malefico, un valore in sé, se non quello dell’oggettiva dannosità.

In breve, secondo Jonathan Haidt nessun partecipante seppe giustificare in maniera convincente la propria condanna. A chi invocò danni genetici per l’eventuale prole, si rispose che i due consanguinei avevano usato varie precauzioni. Altri invocavano invece problemi di tipo emotivo, ma gli si rispondeva che invece il rapporto sessuale incestuoso era stato gratificante e privo di conseguenze emotive negative.

Giudizio morale: una questione di stomaco. Immagine: © Andy Dean - Fotolia.com -
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I risultati di questo esperimento possono essere interpretati in molte maniere. Jonathan Haidt ne ha tratto la conclusione che l’uomo è dotato di una intuizione morale che non dipende dal ragionamento. La reazione affettiva, caratterizzata da immediatezza istantanea, da assenza di sforzo da parte dell’attenzione consapevole e prodotta in maniera automatica e non intenzionale era capace di predire molto meglio il giudizio morale di ogni ragionamento sui pro e contro prodotto a posteriori.

Attenzione. Jonathan Haidt non arriva a sostenere che esistano valori universali. Questa conclusione filosofica andrebbe al di là del suo esperimento, e della scienza tutta. Jonathan Haidt sostiene semmai che esiste una tendenza universale al giudizio morale immediato, che è differente dal ragionamento ponderato. Il giudizio morale è quindi un giudizio spontaneo e non pensato. Certo, è vero che i suoi contenuti possono variare a seconda delle culture e delle sensibilità, che essi possono essersi automatizzati dopo essere stati appresi (o dopo che siano stati inculcati, diranno alcuni spiriti critici) o perché essi sarebbero legati a certe predisposizioni biologiche o naturali.

Jonathan Haidt non si esprime subito sui contenuti morali, e sembra incline semmai a individuare una funzione morale spontanea e universale, dal contenuto però relativo.

Jonathan Haidt conclude il suo lavoro assumendo che ogni giudizio morale obbedisca a una sua particolare bilancia morale in sé giusta, sebbene solo parzialmente. Attenzione: il politeismo morale di Jonathan Haidt non cade nell’immoralismo, ma in una sorta di panmoralismo ecumenico, in cui tutti i valori sono altrettanto pieni di una loro onesta e sincera moralità e inoltre sembrano essere in grado di convivere quasi armonicamente.

È giusto notare che il pluralismo morale di Jonathan Haidt non diventa relativismo morale. Per Jonathan Haidt ogni individuo è sempre moralmente motivato, e questa moralità è un valore in sé che non rimanda a nient’altro, tanto meno a un calcolo utilitaristico. L’obiettivo del suo esperimento psicologico era proprio mostrare la natura auto-fondante della moralità. La moralità è quindi un’emozione che non si appoggia ad alcun calcolo razionale, ma è un valore in sé. E il pluralismo non diventa mai relativismo per due ragioni: perché Jonathan Haidt crede nella genuinità del sentimento morale, che per lui non è un inganno prodotto da stati mentali insensati, e perché per Haidt questa pluralità di valori non è infinita, ma si articola su quatto assi, a quatto ordini di valori:

1) Rifiuto della Sofferenza;

2) Reciprocità, Giustizia ed Equità;

3) Gerarchia, Rispetto e Dovere; 

4) Purezza e Contaminazione.

Jonathan Haidt si fida di quella che lui chiama l’intuizione morale dell’uomo, e su di essa fonda la sua visione dell’etica, visione che è al fondo tradizionalista in quanto per lui l’etica è un valore in sé e non il prodotto di una convenienza utilitarista. Dunque, per Jonathan Haidt l’intuizione è sinonimo di verità. Per questa strada Jonathan Haidt rimane all’interno dell’ordine morale, e si rifiuta di attribuire un peso ad obiettivi meta-morali come l’utilità. Ma c’è qualcosa di ancor più notevole. Jonathan Haidt ammette che i valori morali possano essere il prodotto dell’evoluzione, ma per lui questo rimane ininfluente. Che i doveri, che le motivazioni morali, o anzi che l’organo percettivo della moralità (che sia la coscienza?) siano un prodotto di un processo biologico evolutivo non costituisce motivo di dissacrazione o di perdita di senso per la moralità stessa.

Il sentire morale non diventa un futile inganno solo perché è frutto dell’evoluzione. Haidt rimane all’interno del gioco morale.
LEGGI ANCHE: Le Basi Psicologiche dell’Etica #2: Obiezioni all’esperimento di Haidt

 

VIDEO: Jonathan Haidt: radici morali dei liberali e conservatori

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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