Editoriale a cura di Erica Pugliese
La violenza nelle relazioni intime: i dati dell’Istat
La violenza nelle relazioni intime (Intimate Partner Violence – IPV) costituisce un problema psicologico e sociale complesso con impatti significativi sulla salute individuale e sulla società in generale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’IPV come un insieme di comportamenti dannosi fisici, sessuali o psicologici perpetrati da un partner nella relazione intima (OMS, 2021). Questo fenomeno multi-sfaccettato comprende varie forme di violenza, tra cui quella fisica, sessuale, psicologica, economica e assistita (Consiglio d’Europa, 2011).
In Italia, come nel resto del mondo, la violenza domestica è un fenomeno diffuso. Secondo i dati dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica, 2023), il 31,5% delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale durante la propria vita. Il Report del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale, aggiornato al 19 novembre 2023, mette in luce che nel corso dell’anno sono state uccise 87 donne in ambito familiare o affettivo, e di queste, 55 hanno perso la vita per mano del proprio partner o ex partner.
I dati dell’Istat rivelano che, in media, una donna muore ogni 72 ore a causa di queste circostanze. Ancora più allarmante è il fatto che, negli ultimi mesi, sono stati registrati omicidi di donne perpetrati dai loro partner, avvenuti addirittura nella stessa giornata. Nel mondo, combattere la violenza di genere è oggi una sfida complessa che pretende a gran voce una comprensione approfondita per prevenire e intervenire in modo efficace, riducendo le conseguenze sulla salute mentale e fisica delle vittime e dei figli che assistono (Wessells et al., 2022; Oliver & Jaffre, 2023).
La violenza nelle relazioni intime: quale origine psicologica?
Nella comprensione della fenomenologia della violenza nelle relazioni intime, rimane ancora oggi da esplorare l’origine psicologica del senso di obbligo della vittima nel tentativo di salvare gli altri o dell’incapacità del maltrattante di accettare il rifiuto e/o la fine della relazione. Si pone la domanda su perché alcune persone si sentano moralmente e altruisticamente obbligate a preservare gli altri dalle proprie emozioni disregolate o credano che siano i partner ad essere in qualche modo “obbligati” a curare o risolvere il proprio malessere psicologico. È importante comprendere da quale fonte derivino tali comportamenti e per quali motivi venga consentito il maltrattamento o si agisca con violenza verso i compagni. Inoltre, è necessario indagare sul motivo per cui alcune vittime ritornano dai loro aguzzini e perché, nonostante siano consapevoli del pericolo, spesso non riescono a distanziarsene.
Le domande sono numerose e richiedono una risposta tempestiva se si vuole davvero tentare di arginare il fenomeno della violenza nelle relazioni intime. L’obiettivo di questa ricerca di risposte non è quello di colpevolizzare la vittima, poiché l’unico vero responsabile della violenza è il suo aggressore, ma piuttosto di approfondire le condizioni psicologiche che legano le vittime di violenza e i loro aguzzini. Queste condizioni sono rimaste inesplorate per anni, creando un enorme vuoto nella letteratura scientifica.
La Dipendenza Affettiva Patologica: un fattore di rischio per la violenza nelle relazioni intime
La Dipendenza Affettiva Patologica (Pathological Affective Dependence, PAD) emerge come un rilevante fattore di rischio per l’IPV (Pugliese et al., 2023a; Pugliese et al., 2023b). Questa condizione, che lega a doppio filo vittime e partner abusanti, rappresenta un legame apparentemente inestricabile con un partner problematico o maltrattante, caratterizzato da conflittualità persistente, abusi, violenza e manipolazioni. La PAD si manifesta con l’incapacità di uno o entrambi i partner di interrompere la relazione, persino quando le conseguenze negative sono evidenti, raggiungendo livelli di malessere elevati. Le persone dipendenti affettive possono congelarsi nella relazione maladattiva a lungo, con ricadute gravi come la trasformazione del conflitto in violenza relazionale o gesti estremi come il suicidio, femminicidio, uxoricidio o omicidio-suicidio, purtroppo ancora frequenti. Un altro aspetto spesso trascurato è che la dipendenza affettiva patologica può essere presente non solo nella vittima, ma anche nella personalità dell’aggressore o dell’omicida.
Negli ultimi decenni, la ricerca sulla PAD e sugli effetti intrapsichici di relazioni intime disfunzionali ha conosciuto uno sviluppo notevole, anche grazie all’attenzione mediatica sul tema. A questo si affianca, dal punto di vista clinico, un crescente numero di pazienti che si rivolgono a psicoterapeuti e/o psichiatri in seguito alla comparsa di sintomi depressivi e ansiosi riconducibili a relazioni intime problematiche.
Il presente numero monografico sulla dipendenza affettiva patologica e la violenza nelle relazioni intime risponde alla richiesta di clinici e accademici di una nuova prospettiva di comprensione del fenomeno e di intervento. Le domande affrontate spingono verso un’analisi approfondita delle dinamiche relazionali, incoraggiando a individuare modalità per interrompere il ciclo della violenza nelle relazioni intime. Unendo l’osservazione clinica a un’analisi scientifica rigorosa, gli esperti del settore condivideranno la propria esperienza in questo numero monografico dedicato al tema.
Il numero si apre con lo stato dell’arte del lavoro di ricerca attualmente in corso di Erica Pugliese, che presenterà una prima teorizzazione cognitivista della dipendenza affettiva patologica, del ciclo della violenza nelle relazioni, insieme ai profili tipici delle persone con dipendenza affettiva. Vengono introdotti i risultati preliminari della scala per la misurazione delle PAD e i vari interventi attualmente presenti in letteratura, anticipando un nuovo protocollo attualmente in corso di validazione. Segue il contributo di Sara Mellano e Simona Gaudi sulle conseguenze a lungo termine della violenza.
Le autrici analizzeranno l’epigenetica della violenza e come le cicatrici psicologiche dei traumi si trasmettano attraverso le generazioni.
Successivamente, il lavoro di Allison Uvelli, Mirta Menegatti e Marta Floridi approfondisce i danni causati dalla violenza sia sulla salute mentale che fisica delle vittime e la necessità di identificarli come danni oggettivi delle vittime, attraverso una revisione sistematica sulle conseguenze anatomo-funzionali della violenza. Si passa poi al contributo di Maria Grazia Foschino-Barbaro, Marvita Goffredo, Alessandra Sgaramella e Alessandro Costantini sulle vittime indirette della violenza nelle relazioni, esplorando gli effetti della violenza sui minori orfani a seguito di crimini domestici. Le autrici e l’autore descriveranno l’emergenza di questo
fenomeno spesso trascurato e le relative cure. Nel successivo contributo di Manuel Villegas si possono leggere le testimonianze di donne con dipendenza affettiva e i compiti specifici per affrontarla in terapia, focalizzandosi sulle distorsioni cognitive ed emotive riscontrabili nei discorsi dei pazienti. Infine, il numero si chiude con l’articolo di Claudia Perdighe e Ivan Pavesi, che, attraverso riflessioni su tre casi clinici, affrontano il delicato ruolo dell’umiliazione nei comportamenti antisociali, tra cui lo scarso rispetto per i diritti dell’altro/a. Un tema assolutamente centrale nella violenza tra i partner e che rappresenta l’altra faccia della medaglia della condizione psicologica di dipendenza affettiva e della violenza di genere.
Questo numero monografico ha il fine ultimo di stimolare ulteriori ricerche e interventi volti a comprendere e affrontare il fenomeno della violenza interpersonale. Siamo fiduciosi che questo approccio integrato tra esperienza clinica e ricerca scientifica possa contribuire significativamente a costruire una maggiore consapevolezza e a elaborare strategie più efficaci per prevenire e intervenire in situazioni di violenza di genere. È fondamentale riconoscere che il genoma della violenza nelle relazioni intime è intrinsecamente intessuto di elementi psicologici, sociali, culturali ed economici. Ignorare una delle dimensioni limiterebbe la nostra comprensione e la nostra capacità di affrontare con successo questa complessa problematica.
Pertanto, incoraggiamo un approccio completo che consideri tutti gli aspetti, poiché è solo un impegno su più fronti che può condurre a un cambiamento reale e sostenibile.