La terapia di esposizione
Negli ultimi due decenni la ricerca ha evidenziato (Toso, 2021; 2023) che la terapia di esposizione, ossia il ripetuto confronto con stimoli di per sé innocui ma per il paziente fonte di ansia, non comporterebbe una vera e propria cancellazione della memoria di paura bensì, tale confronto “darebbe vita” a un nuovo apprendimento, capace di interferire con la memoria stessa e con la sua espressione: un apprendimento, dunque, competitivo e/o“inibitorio”. Sulla base di tale novità concettuale stanno nascendo nuove modalità operative, molto più articolate, ricche e precise, che sembrano rendere l’intervento espositivo più parsimonioso ed efficace rispetto al passato (Craske et al., 2014, Toso, 2016; da Toso, 2024).
Nello specifico, sintetizzando, dalla ricerca sta emergendo che durante il sistematico confronto con uno stimolo condizionato eccitatorio (SC), l’innesco del processo di “creazione inibitoria” dipenderebbe, oltre che da aspetti intrinseci al processo stesso (errore predittivo, dipendenza dal contesto e ricompensa gratificante), anche da aspetti estrinseci a esso (capaci di modulari i primi) tra i quali ne spicca uno in particolare: “la riduzione calorica (Fig.1)”.
Fig. 1. La figura rappresenta la sintesi del processo di apprendimento inibitorio. Viene descritta la formazione di un nuovo apprendimento (SC – no SI) come conseguenza di un sistematico confronto con lo SC. Viene evidenziata la sua azione competitiva e bloccante nei confronti dell’associazione eccitatoria (SC – no SI). Infine viene descritta l’azione “frenante” della corteccia prefrontale ventromediale rispetto all’amigdala (PFCVM). I nuovi schemi di connessioni sinaptiche, tra i vari neuroni forgianti il metaforico freno, rappresentano la nuova memoria inibitoria. La restrizione calorica ed il digiuno favoriscono e potenziano tutto questo processo (fonte Toso 2023).
Pionieristici studi sugli animali e sull’uomo (Huang et al. 2016; LeShi et al. 2018) hanno di recente dimostrato, infatti, che il digiuno e/o la restrizione calorica, abbinati alla procedura di estinzione/terapia di esposizione nel trattamento di varie forme di paura condizionata, riescono a migliorarne significativamente il mantenimento dei risultati nonostante: 1) il passar del tempo; 2) il variare dei contesti; 3) le esperienze stressanti. Nel tentativo di fornire una spiegazione a tale interessante fenomeno, sono state proposte varie ipotesi.
Terapia di esposizione e restrizione calorica
Secondo una prima tesi (Roseberry 2015) il digiuno e la restrizione calorica migliorerebbero l’apprendimento di sicurezza a causa di una conseguente alterazione nel sistema mesolimbico della dopamina. Nello specifico, la restrizione alimentare diminuirebbe i livelli basali del neurostrasmettitore e provocherebbe, al contempo, il suo rilascio potenziato (fasico) in risposta alle ricompense qualora ricevute (Carr 2007). Tutto questo andrebbe a massimizzare la sensibilità alla ricompensa conseguente all’errore di predizione ottenuto dall’omissione della minaccia attesa.
Secondo un’altra ipotesi, la restrizione calorica migliorerebbe il processo di creazione della sicurezza in quanto andrebbe a influire sul trasporto di due importanti ormoni legati all’appetito, come la grelina e l’orexina (Schwartz, 1998; Kojima et al., 1999). Questi ormoni, infatti, sono coinvolti al contempo nella regolazione della plasticità sinaptica proprio all’interno di quelle strutture protagoniste nel processo di creazione inibitoria ossia la corteccia prefrontale e l’amigdala (Ghersi et al. 2015, Verma et al., 2016).
Occorre, infine, tenere in considerazione il fatto che la restrizione calorica, e ancor più il digiuno, risultano essere fattori alquanto stressanti e, proprio per tale ragione, in un contesto di apprendimento inibitorio, risultano utili (Toso, 2023). Nel loro interessante lavoro, pubblicato con il titolo: “Preextinction stress prevents context – related renewal of fear”, Drexler e collaboratori (2018) hanno dimostrato infatti come, stressando i soggetti della loro ricerca poco prima dell’apprendimento di estinzione della paura, sia possibile favorirne la generalizzazione svincolando tale apprendimento dal contesto. Questi esiti sperimentali sono in linea con studi precedenti che hanno dimostrato l’interruzione della contestualizzazione a causa dello stress pre-apprendimento, mediato dai rapidi effetti dei glucocorticoidi (ormoni dello stress, tra i quali il cortisolo) sull’ippocampo (Schwabe et al. 2009).
Concludendo, questi pionieristici studi rendono evidente che l’utilizzo di una restrizione alimentare controllata e prossima alle sessioni espositive potrebbe essere di supporto alla terapia di esposizione nel trattamento di varie forme di ansia e paura. Sarebbe interessante che studi futuri chiariscano ulteriormente il coinvolgimento e la fisiologia di specifiche regioni cerebrali durante tale pratica, estendendola sempre più alle popolazioni cliniche e individuando le modalità adeguate di tale restrizione (dall’esatta quantità di calorie da assumere alla quantità di tempo per farlo).