La terapia di esposizione
La terapia espositiva si riferisce a un processo terapeutico in cui una persona viene esposta ripetutamente a stimoli che, per loro natura, non sono pericolosi ma che nel paziente provocano molta ansia e paura. Per questo, la persona tende sempre più a evitare di confrontarsi con tali stimoli ansiogeni. Questo approccio terapeutico risulta efficace per la cura dei disturbi d’ansia; ciononostante, un numero considerevole di pazienti non riesce a beneficiarne completamente, o sperimenta il ritorno della paura a distanza di tempo dal trattamento.
Con l’obiettivo di superare questi limiti, nel corso del tempo, la comprensione dei meccanismi alla base della terapia di esposizione è progredita, portando a nuovi approcci concettuali e pratici. Attualmente, l’opinione prevalentemente condivisa (LeDoux, 2016; Craske et al., 2014) è che la terapia di esposizione non elimini la “memoria eccitatoria”, ma piuttosto promuova un nuovo apprendimento in grado di interferire con essa e con la sua manifestazione; un apprendimento dunque “inibitorio” (Toso, 2021).
Questo rinnovato approccio, che sembra migliorare l’efficacia della terapia, sta diventando sempre più prominente aprendo un campo decisamente in forte espansione (Toso, 2023). La continua interazione tra la ricerca scientifica e la pratica clinica sta generando nuove e affascinanti informazioni sul processo di estinzione della paura, cambiando gradualmente il modo in cui viene attuata la terapia.
In particolare, la ricerca sta rivelando che durante l’esposizione sistematica a uno stimolo condizionato eccitatorio (SC), il processo di “creazione inibitoria” dipende non solo da elementi interni o intrinseci al processo stesso (come gli errori di predizione, la dipendenza dal contesto e le ricompense gratificanti), ma anche da fattori estrinseci o esterni, tra cui quelli biologici (come la qualità del sonno, lo stato del microbiota intestinale e l’attività fisica), psicologici (come il comportamento di evitamento o le strategie di protezione) e ambientali (come l’uso di farmaci in particolare le benzodiazepine o l’ansia dei familiari e/o del terapeuta).
Questo crescente corpus di conoscenze sta fornendo una comprensione sempre più chiara del processo di estinzione della paura e permette di sviluppare una terapia di esposizione più precisa. Questo implica l’adattamento di approcci e l’uso di specifici e puntuali interventi di integrazione alla terapia (vedi rappresentazione sottostante).
Alla luce di queste novità, ad oggi, non è più sufficiente considerare solo l’abituazione o la ristrutturazione del pensiero del paziente (processi che comunque sono coinvolti nell’esposizione allo stimolo eccitatorio). Inoltre, un approccio “standard” che si applica a tutti i pazienti non è più ragionevole, mentre è necessario adottare un approccio clinico che tenga conto della complessità del processo di estinzione e delle specificità di ogni singolo individuo, consentendo di costruire un piano diagnostico e terapeutico ad hoc per ciascun paziente, un intervento quindi più personalizzato e mirato.
I principali aspetti innovativi introdotti nella Nuova terapia di esposizione di precisione
Nella figura sottostante, troviamo in grigio, in alto a destra, la rappresentazione del nuovo meccanismo ritenuto alla base del processo di estinzione della paura definito come “apprendimento inibitorio” (Toso, 2021).
Nei riquadri blu, sono elencati gli aspetti modulatori intrinseci al processo stesso (errore predittivo, dipendenza dal contesto e ricompensa gratificante) e le strategie proposte per sfruttarli al meglio.
Nei riquadri in rosso, invece i principali fattori estrinseci al processo (biologici, psicologici e ambientali) ed altrettante strategie d’intervento. Fattori intrinseci ed estrinseci agiscono sinergicamente durante il confronto con lo SC eccitatorio; entrambi vanno presi in considerazione sia in fase di valutazione che di trattamento.