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Le macro-tecniche della terapia strategica

Non solo tecniche di prescrizione del sintomo, le tecniche della terapia strategica si suddividono in quattro macro-categorie

Di Carlo Massarutto

Pubblicato il 04 Set. 2023

Le tecniche nella terapia strategica

La terapia strategica è riconosciuta per le sue tecniche di intervento, molto spesso sintetizzate con “prescrizione del sintomo”, in realtà, come vedremo non sono sempre prescrizioni del sintomo.

Risulta necessario fare una piccola digressione, una precisazione doverosa, rispetto alle tecniche, che spesso sono state associate ad un problema definito, creando l’implicito paradigma: ogni problema ha la sua sola soluzione, mentre le tecniche terapeutiche strategiche hanno una funzione molto più estesa, lavorando di pari passo o in opposto alla logica del problema.

Quando parliamo di problemi di natura psicologica stiamo parlando di problemi che non hanno una logica ordinaria (dalla logica aristotelica, se a uguale a b, allora b uguale ad a, il principio del terzo escluso, i principi di contraddizione, di coerenza interna, di congruenza tra modelli), ma siamo di fronte a logiche non ordinarie, ambivalenti. Come suggeriva Gregory Bateson: “per un essere umano essere in contraddizione è la regola, non l’eccezione”.

Nelle logiche non ordinarie che sottendono le tecniche strategiche troviamo la logica del paradosso, per cui due effetti opposti avvengono all’unisono, quella della contraddizione, dove due effetti opposti avvengono in momenti diversi, e quella della credenza, dove il soggetto è mosso da credenze interne e limitanti o potenzianti, dove il soggetto legge e filtra la realtà in funzione della credenza, non cogliendo gli elementi che la disconfermerebbero.

Il concetto alla base delle tecniche strategiche sta nel principio del similia similibus curantur, secondo cui solo una soluzione che abbia la stessa logica del problema può davvero essere risolutiva.

Va inoltre precisato che il target dell’approccio strategico risiede nelle tentate soluzioni disfunzionali, quindi quello che il soggetto mette in atto per cercare di risolvere o uscire dal problema, che potremmo chiamare, solo per semplicità di linguaggio “sintomo”, ascrivendolo alla categoria di tentate soluzioni o di sintomi fisici che la persona riporta.

In psicologia, un sintomo è un comportamento o una manifestazione fisica che indica un disturbo o una malattia, o una difficoltà emotiva o psicologica. Nell’approccio strategico, il sintomo è visto come una tentata soluzione disfunzionale del problema del paziente, che può essere modificata per risolvere il problema sottostante.

Vedremo ora le principali macro-categorie di tecniche strategiche, basate sui costrutti logici non lineari di paradosso, contraddizione e credenza.

Quattro macro-categorie di tecniche

Le tecniche della terapia strategica si suddividono in quattro macro-categorie:

Tecniche di aumento del sintomo

Tecniche per lo più costruite con una logica paradossale, a volte conosciute come prescrizione del sintomo, sono quelle tecniche che mirano a far aumentare il sintomo o il comportamento disfunzionale del paziente, prescrivendolo, al fine di interrompere la tentata soluzione disfunzionale del problema del paziente o di creare una nuova credenza. La tecnica più famosa di questa categoria è quella della peggior fantasia: “di qui alla prossima volta che ci vediamo, vorrei che lei ogni giorno dopo pranzo esegua un compito particolare, ogni giorno, dopo pranzo, andrà in camera sua, creerà la penombra, punterà una sveglia che suona mezz’ora più tardi, si metterà comodo sul letto e, in questa mezz’ora, andrà a rievocare tutte le sensazioni che teme, andrà a pensare a tutte le cose che teme di più, a tutte le sue peggiori fantasie, vorrei che lei cercasse il più possibile di provocarsi quei sintomi che tanto teme di avere, fino a che, mezz’ora più tardi, quando suonerà la sveglia, STOP! Si sciacqua il viso e torna alla sua giornata”. Questa tecnica, data con un linguaggio ipnotico e persuasivo, crea un effetto paradosso tale per cui il paziente, cercando di provocarsi un’attivazione ansiosa e di panico, riesce a calmarsi, al punto di addormentarsi.

Un’altra tecnica di questa categoria è quella usata con i pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo, dove il sintomo tipico è la messa in atto di alcuni rituali, che possono essere riparatori, propiziatori o preventivi, ma soprattutto numerabili o numerici: al paziente è chiesto di ripetere il rituale più volte. “Da qui alla prossima volta che ci vediamo, vorrei che lei ogni qualvolta mette in atto il suo rituale lo faccia altre cinque volte, può non farlo, ma se lo fa una volta dovrà farlo altre cinque volte, non una di più o una di meno”. Creando una violazione al rituale, si incide la credenza, tipica del disturbo, andando a togliere il significato di tutti i rituali e liberando il paziente dalla propria gabbia.

In sintesi, tutte le tecniche che puntano ad incrementare per ridurre, sono annoverate in questa categoria.

Tecniche di contrasto del sintomo

Queste tecniche mirano a contrastare il sintomo o il comportamento disfunzionale del paziente, al fine di interrompere la tentata soluzione disfunzionale che mantiene il problema. Tecniche di contrasto del sintomo sono tecniche principalmente comunicative e ingiuntive, utilizzando delle ingiunzioni di ipnosi senza trance (Nardone & Watlzawick, 1990;  Nardone, 2021), che attraverso l’utilizzo di domande, parafrasi ristrutturanti e metafore, cioè attraverso l’uso di un dialogo strategico (Nardone, 2013), si conduce il paziente a interrompere i comportamenti disfunzionali, creando avversioni o utilizzando una paura più grande rispetto alla paura più piccola. Tra queste le più tipiche e utilizzate fin dalle prime sedute in modo trasversale a tutte le tipologie di problemi sono:

  • La congiura del silenzio: “da oggi le chiedo di non parlare più del suo problema, più ne parla più lo fa diventare grande, per tanto le chiedo una totale e assoluta congiura del silenzio.”
  • La paura della richiesta di aiuto: per quelle persone, tipicamente fobiche, che hanno come tentata soluzione quella di chiedere spesso aiuto davanti alle situazioni temute, viene introdotta una paura più grande, per cui si porta l’attenzione del paziente al fatto che ogniqualvolta richieda aiuto ottiene due messaggi, uno è la dimostrazione d’affetto di chi aiuta, l’altro messaggio, quello più potente per la nostra mente, è che c’è sempre la conferma della propria incapacità a riuscire a farcela da soli. In questo modo la paura di una dipendenza perenne da qualcun altro crea un corto circuito rispetto alla richiesta di aiuto. Come già sottolineava Milton Erickson, si passa da un doppio legame patologico, ad un doppio legame tareapeutico.
  • Evitare di evitare: anche in questo caso la tecnica è introdotta sempre attraverso una comunicazione ingiuntiva, dove il paziente è guidato alla scoperta che ogni suo evitamento ha portato ad un evitamento sempre maggiore, ma seguendo la naturale inclinazione di un paziente fobico, per cui l’evitamento è la principale tentata soluzione, sempre attraverso la costruzione di uno stratagemma che crea un doppio legame terapeutico, per cui si chiede di evitare, ma solo gli evitamenti.

Tecniche di spostamento dell’attenzione

Sono tecniche che puntano a guidare il paziente a spostare l’attenzione dal proprio sintomo o dalle proprie sensazioni, interrompendo il circolo vizioso del “lo sento e più mi concentro più lo aumento”, come accade per i disturbi da attacco di panico, dove la persona sentendo che si sta agitando, nel tentativo di calmarsi, continua ad agitarsi sempre di più. In questo caso la tecnica più utilizzata è quella di un diario di bordo, introdotto in seduta come un modo per raccogliere informazioni circa quello che avviene nello specifico nei momenti di panico, così da creare una sorta di fotografia istantanea di quello che succede in quell’esatto momento. Questo è un espediente terapeutico, il paziente non cercando più di calmarsi nel suo momento peggiore, ma dovendo redigere un diario di bordo così da aiutare il terapeuta ad aiutarlo, interromperà il circolo vizioso, spostando l’attenzione dal fatto che si sta agitando, al come si sta agitando, così da poterlo descrivere, riuscirà a non agitarsi più come prima, ma anche a stare meglio subito, trovando un modo per poter gestire la crisi.

Tecniche solution oriented

La terapia strategica, condividendo con la terapia solution oriented l’approccio epistemologico di tipo costruttivista radicale, ha integrato nelle proprie tecniche alcune più solution oriented. Sono tecniche che hanno una caratteristica fondamentale, derivando da un approccio post-strutturalista, sono trasversalmente valide a qualunque classe di problemi o, per meglio dire, a qualunque soluzione si voglia creare. Una delle tecniche più famose di questa categoria è la miracle question: «Supponiamo che una notte accada un miracolo e che i problemi che ti hanno portato qui siano risolti. Questo accade mentre dormi così non sai quello che è successo. L’indomani, come faresti a scoprire che è accaduto un miracolo, che cosa sarebbe cambiato da farti dire che c’è stato un miracolo?». In questo modo il paziente è guidato a costruire tutti gli scenari possibili oltre il problema, delineandone i dettagli e potenziando le risorse che già hanno funzionato, cercando in questo modo di “Far diventare regola, l’eccezione”.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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