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Il panico tra mito ed arte: una prospettiva della Psicologia Funzionale

In risposta a un'intimità senza contatto, l’attacco di panico fa il suo ingresso in scena come un grido interiore contro l’alienazione.

Di Camilla Cozzi

Pubblicato il 28 Ott. 2022

La Psicologia Funzionale, attraverso l’interpretazione di alcune forme di espressione umana ci illumina in merito al Disturbo di Panico, indagandolo nella cornice psicosociale contemporanea e riconoscendolo come manifestazione del richiamo di un’interiorità che esige a gran voce di essere ascoltata.

 

Quella in cui viviamo oggi è l’epoca della crisi d’identità, sia individuale che sociale. In una società condizionata dalla narrativa di un’apparentemente inevitabile economia capitalista, madre di un mercato delle illusioni. Il Sé individuale si ritrova a dover barattare “l’essere” con il “sembrare”, in nome di un’aspirazione consumistica “dell’avere”, condannando all’oblio quelli che sono i bisogni fondamentali dell’individuo umano. Il Sé sociale invece, in questa cultura della finzione identitaria, insoddisfatto, sperimenta l’orrore dell’esperienza del vuoto che induce a depersonalizzazione e sfocia infine nel panico (Rasicci, 2011, p. 7).

La realtà postmoderna che ci fa da cornice, e non solo, investe su un diktat che “divide et impera”, cioè isola e confina le persone nel proprio spazio privato, anonimo, dissociato dalla propria interiorità. Basti pensare alle innumerevoli opportunità offerte dalla rete e alla facilità con cui reperire le informazioni in modo trasversale e dinamico. Ma parliamo di schermi asettici, freddi, avere accesso a un’infinità di contenuti non vuol dire necessariamente farne esperienza ed opportunità di crescita.

E in risposta a questa narrativa di intimità senza contatto, l’attacco di panico, che sorprende all’improvviso, fa il suo ingresso in scena come un grido interiore contro l’alienazione.

Dalle prime pitture rupestri ritrovate nelle caverne, l’uomo ha sempre sentito l’esigenza di lasciare un segno del proprio passaggio su questa terra. Perfezionando nel corso dell’evoluzione la propria capacità di espressione ritroviamo l’esperienza dell’uomo, la sensibilità del proprio personale sentire, in ogni opera.

Siamo allo stesso tempo protagonisti e testimoni di un mondo fatto di eventi, cose e persone che in ogni manifestazione esprimono vita, e se l’espressione artistica è una forma di comunicazione è nostro diritto e dovere interpretare ed esserne critici osservatori. È quando diveniamo sordi all’appello di quel richiamo di vita, chiudiamo gli occhi ignorando determinate dimensioni della nostra realtà affettiva apparentemente immateriali che ci sembrano superflue, che travolti dall’horror vacui sperimentiamo il panico.

Ed insorge l’urlo di Pan a ricordarci che esiste una realtà più profonda di cui occorre prendersi cura. Citando Hillman (1977) in una sua riflessione sul pensiero di Plutarco riguardo la morte di Pan:

La natura cessò di parlarci – oppure non fummo più capaci di udirla (…) Egli vive nel rimosso che ritorna, nelle psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti (…) (p.58-59).

Carl Gustav Jung (1875-1961) definì il dio Pan, “colui che fa l’angoscia”, come se in una specie di epifania psichica, ci ricordasse della sua esistenza generando il terror di panico e portando così alla luce i limiti dell’intelletto umano e l’inconsistenza delle nostre apparenze dietro le quali quotidianamente ci mascheriamo (Rasicci, 2011).

Il mito di Pan e la psicopatologia

Vent’anni fa l’attacco di panico era tendenzialmente insondato, abitualmente confuso con l’ansia e l’angoscia: ora viene considerato la nuova isteria, manifestazione emblematica di un’epoca alienante, come un tempo lo era l’isteria. La sindrome del panico è il fenomeno storico e socio-culturale caratteristico dell’epoca moderna.

Nei meriggi dell’antica Arcadia incontriamo il dio Pan, in parte caprino in parte umano, che rappresenta la totalità, senza distinzione tra psiche e corpo, cielo e terra, sacro e profano. Gli uomini vivevano allo stato brado, in un rapporto viscerale con la madre terra e tutti gli esseri senzienti. In un palcoscenico silvestre si esibisce nella sua performance attraverso un grido che si innalza rompendo il silenzio in risposta a chi osa interrompere il suo sonno. Nelle ore più luminose del giorno, quando Apollo dio del sole la fa da padrone e la ragione governa questa espressione spaventosa e allo stesso tempo spaventata, viene liberata, come se un dolore lancinante lo prendesse anima e corpo. La manifestazione di Pan è un’oppressione al petto e fame d’aria.

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Rappresentazione Dio Pan
Rappresentazione del dio Pan

Il viandante sul mare di nebbia

Il dipinto in questione, olio su tela del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich (1774-1840), ci offre un ulteriore spunto di riflessione sull’espressione del panico nella dimensione artistica umana. In quest’opera, il Viandante dà le spalle all’osservatore e si affaccia sul precipizio, simbolismo del dissolvimento della visione antropocentrica. Una staticità dinamica, che riconosce l’importanza del pensiero, dell’accettazione del vuoto che prescinde dal nostro controllo.

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Il viandante sul mare di nebbia

L’incapacità di riconoscere queste dimensioni è propria della consumistica società post-moderna, in cui ci viene garantita l’illusione del controllo. Disponiamo di tutti gli strumenti per rimanere in contatto, informarci, pianificare ogni nostra singola mossa. Quando però veniamo chiamati più o meno consensualmente ad uscire dal nostro porto sicuro caratterizzato dalla frenesia che ci esime dal pensare, invece di fare come il Viandante che osserva in quiete l’immensità reagiamo al non conosciuto con il terror di panico di chi è spaventato dal crollo delle proprie rigidità dalle quali è intessuto il controllo (Rasicci, 2011).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dario, C., Saba, R., Testa, L. (2018). Attacchi di panico. Il corpo che grida. Roma: L’Asino d’oro.
  • Fizzotti, E. (2008). Introduzione alla psicologia della religione. Roma: Franco Angeli.
  • Lingiardi, V. & Gazzillo, F. (2014). La personalità e i suoi disturbi. Valutazione clinica e diagnosi al servizio del trattamento. Roma: Cortina Raffaello.
  • Rasicci, L. (2011). L’epoca del panico. Una prospettiva della psicologia funzionale. Bologna: CLUEB.
  • Renda, N. (2018). Il disturbo di panico. Milano: Alpes Italia.
 
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