expand_lessAPRI WIDGET

Una nuova psichiatria (2021) di E. Arreghini e V. Casetti- Recensione

'Una nuova psichiatria' immagina una possibile ristrutturazione della salute mentale nel nostro paese secondo la Disruptive Psychiatry

Di Alberto Vito

Pubblicato il 31 Mag. 2022

Nel loro volume Una nuova psichiatria. La Disruptive Psychiatry: innovazione e proposte concrete, Arrenghi e Casetti propongono la possibilità di un completo rimodellamento dei servizi pubblici psichiatrici.

 

 Il dibattito sulla necessità di rendere più moderna la psichiatria dei servizi pubblici italiani è senz’altro attuale ed effettivamente è più che legittimo interrogarsi sull’efficacia dei servizi di salute mentale, sui loro costi e sulla loro possibile evoluzione. Il libro pone dunque un tema rilevante, con riflessioni e prospettive operative per immaginare una possibile ristrutturazione nell’ambito della salute mentale nel nostro paese, secondo un modello che viene definito Disruptive Psychiatry.

Il termine “disruption” in sé non è nuovo ed è collegato al nostro modello di evolvere, di crescere e cambiare. Oggi è sempre più utilizzato nei convegni e nel dibattito nel mondo dell’economia. Il suo significato è «rottura» e indica cambiamenti improvvisi nel modo di fare, pensare o interpretare ciò che ci circonda. Il mondo scientifico usa da secoli la formula del «cambiamento di paradigma» per riferirsi a un insieme di teorie e assunti scientifici che non risulta più valido perché è intervenuto qualcosa che ha stravolto il senso dato fino a quel momento, mettendo in discussione le conoscenze e le prassi precedenti. Comunque, il successo attuale del concetto ed il suo utilizzo più frequente sono in riferimento alle innovazioni della tecnologia digitale. La disruptive innovation ad esempio, è l’effetto di una nuova tecnologia, o di un nuovo modo di operare in un modello di business, che conduce alla modifica radicale della logica fino a quel momento in vigore nel mercato, introducendo comportamenti e interazioni nuove e rivoluzionando quindi le logiche correnti. Nel mondo aziendale il termine fa quindi riferimento a cambiamenti in qualche modo inaspettati nel modo di funzionare di un business, dovuti soprattutto alle potenzialità offerte dalla tecnologia. Ne sono esempio Amazon, che diventa fornitore di contenuti televisivi mentre sinora era considerato un venditore di prodotti on-line; oppure WhatsApp, che muta il modo di comunicare tra le persone e rivoluziona il mercato dei gestori di telefonia. Tuttavia, l’impatto di una innovazione di rottura è, in qualche modo, imprevedibile: si può definire “disruptive” solo a posteriori, dopo che ne è stato riconosciuto in modo diffuso il valore. Tornando al nostro tema, dunque, di questo occorre tener conto ed è tutto da verificare se le proposte illustrate dagli autori avranno effettivamente il potere di suscitare un profondo mutamento operativo nella psichiatria italiana, oppure resteranno solo idee su carta.

Parlare quindi di Disruptive Psychiatry appare molto ambizioso, e forse un po’ esagerato, anche perché gli autori si propongono fautori di un vero e proprio nuovo paradigma, i cui riferimenti teorici evidentemente non possono essere contenuti in un’opera di poco meno di 100 pagine, ma è pur vero che il testo propone un completo rimodellamento dei servizi pubblici.

Tra le proposte contenute nel volume, la più importante è senz’altro rappresentata dalla conversione dei Centri di Salute Mentale (C.S.M.) in recovery colleges: essi andrebbero collocati all’esterno degli ospedali e dovrebbero essere completamente svuotati dei compiti di cura, sia ambulatoriale sia in Day Hospital, secondo il modello inglese. Da tali strutture dovrebbero essere assenti gli psichiatri e non dovrebbe essere erogato alcun trattamento medico-psichiatrico (pur essendo parte dell’organizzazione dei servizi psichiatrici). Secondo il modello proposto nel libro, la loro funzione sarebbe quella di offrire opportunità formative, quindi di educational support, con un accesso libero e scelto dai pazienti a seconda delle loro esigenze. Dovrebbero essere il luogo dove non siano gli psichiatri a decidere, surrettiziamente, quali siano i bisogni del paziente, ma dove offrire un modello formativo sui possibili bisogni del paziente, “limitandosi” a proporre strumenti e conoscenza perché il singolo persegua le proprie necessità.

 Ulteriore proposta innovativa riguarda i trattamenti medico-psichiatrici. Secondo il modello, essi devono tornare nei luoghi deputati alla cura di tutti i cittadini che si rivolgono ai servizi per qualsiasi specialità medica, ovvero gli ospedali e gli ambulatori delle aziende sanitarie. Gli ambulatori delle Unità Operative di Psichiatria dovrebbero essere suddivisi in sub-specialità per offrire trattamenti specializzati a pazienti con specifici disturbi con la collaborazione di diversi professionisti della salute mentale. Gli psicologi lavorerebbero anche come case-managers a seconda dei diversi casi in cura, offrirebbero il trattamento psicoterapico che ha ricevuto più evidenze per lo specifico disturbo da trattare, mentre gli assistenti sociali supporterebbero i pazienti nel loro percorso di recovery, difendendone i diritti di cittadinanza.

Riguardo al ricovero ospedaliero, esso, laddove necessario, potrebbe avvenire in due ambiti chiaramente separati. Il primo sarebbe il reparto ordinario di psichiatria, a cui afferisce la maggior parte dei pazienti che, analogamente ai degenti di tutti gli altri reparti, non potrebbero essere sottoposti, in rispetto alle norme giuridiche, ad alcuna forma di contenzione. Il secondo sarebbe costituito, invece, da una sezione distaccata, se possibile attigua ai reparti di medicina d’urgenza, in cui i pazienti in Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) sarebbero trattati in conformità alla legge finché le loro condizioni cliniche lo richiederanno.

L’ultima proposta riguarda le spese sanitarie e le risorse dei servizi di salute mentale che dovrebbero essere ripartite secondo criteri epidemiologici, privilegiando i disturbi clinici più frequenti e con maggiore impatto economico-sociale. Per gli autori, la vera emergenza è costituita dalla depressione, di cui soffrirebbero, nelle diverse forme, nel mondo circa 300 milioni di persone (OMS, 2017).

Completa il volume la descrizione di quattro casi clinici presentati sinteticamente: prima si racconta come sono trattati oggi e poi come potrebbero essere trattati in modo più efficace, secondo il nuovo modello della disruptive psychiatry.

La lettura del volume risulta interessante, anche se appare un po’ ambizioso il progetto di presentare, in circa ottanta pagine, un vero e proprio nuovo paradigma per la psichiatria pubblica. Inoltre, colpisce la praticamente inesistenza di contributi italiani, soprattutto recenti, nella pur estesa bibliografia.

Gli autori sono uno psichiatra, Ermanno Arreghini, e una psicologa, Valentina Casetti, entrambi operanti a Trento.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arreghini E. & Casetti V. (2021). Una nuova psichiatria. La Disruptive Psychiatry: innovazione e proposte concrete. Trento: Reverdito Editore.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Ansia e depressione: la Consensus Conference sulle terapie psicologiche
Consensus Conference: terapie psicologiche per ansia e depressione – Comunicato Stampa

Recentemente è stato pubblicato il documento finale della Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione

ARTICOLI CORRELATI
Psicologo in ambito delle forze dell’ordine

Il ruolo dello psicologo all'interno delle Forze dell'Ordine favorisce la salute mentale degli operatori e l'efficacia del servizio pubblico

T.S.O. – Trattamento Sanitario Obbligatorio

Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) è un atto medico e giuridico complesso che si rende necessario in determinate situazioni cliniche

WordPress Ads
cancel