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Post-pandemia+Arte, intervista a Meisam Seraj Intervista a Cura di Antonio Quaranta

Un gruppo di 6 artisti che spaziano tra diversi campi parte dall’Italia alla scoperta dell’Iran: questo il punto di partenza del progetto Post-pandemia+Arte

Di Meisam Serajizadeh, Antonio Quaranta

Pubblicato il 06 Set. 2021

Aggiornato il 07 Set. 2021 10:27

Questa Pandemia ha rotto tutte le regole, per il mondo dell’Arte è stata completamente destabilizzante. Da qui nasce il progetto Post-pandemia+Arte di Meisam Seraj.

 

Se osserviamo il mondo di oggi attraverso gli occhi di un uomo del 2019 vedremo un mondo distopico, in cui oltre ai soliti conflitti (guerre, intolleranza, maschilismo, prevaricazione sociale, razzismo, eccetera…) ci troveremo di fronte ad una società in rapidissima ascesa tecnologica, dove l’uomo raggiunge livelli scientifici di incomparabile livello che lo portano ad un senso di onnipotenza… per poi scoprire che un microscopico virus (se consideriamo la bomba atomica come un macroscopico virus) ha fatto sprofondare l’umanità in una palude senza fondo. Sono passati due anni, siamo nel 2021 e lunghi mesi di lockdown hanno eretto muri nei nostri cuori. Ora ci ritroviamo prigionieri di celle da cui sembra impossibile evadere. La tecnologia al servizio di governi totalitari ha stretto il controllo sulla popolazione rendendo sempre più difficile anche il banale vivere quotidiano. Cose che un tempo erano semplici come fare il turista, dedicarsi all’arte, o anche concedersi un semplice giro attraverso il centro della città, sono diventati azioni difficili e rivoluzionarie. Il progetto Post-pandemia+ARTE, organizzato da Meisam Seraj, giornalista, filosofo e artista Iraniano, che ha studiato Arte e Pedagogia a Milano, porterà un gruppo di sei artisti di fama internazionale dall’Italia all’Iran. Con il patrocinio del Consolato Iraniano, il gruppo di artisti viaggerà per due settimane attraverso luoghi simbolo dell’Iran realizzando mostre, conferenze, performance sia in interni, come gallerie e musei, che in esterni nei monumenti di grande rilevanza storica, come Persepolis. Queste attività artistiche saranno costantemente videoriprese per realizzare un documentario che sarà presentato in diversi festival del cinema, come Locarno e Venezia. Grazie alla globalizzazione virtuale, abbiamo anche la possibilità di ottenere visualizzazioni nei social networks. Durante il viaggio della durata di due settimane a fine Agosto 2021, farà parte del gruppo anche un team di medici, professionisti informatici ed elettronici per far fronte agli eventi non prevedibili. Attraverso quest’opera vogliamo diminuire i confini tra i Paesi e gli esseri umani per costruire un mondo più semplice e ancora più bello.

In questa surreale estate del 2021 il caldo pare non dare tregua. Ci troviamo nel giardino interno di un antico palazzo nel centro di Milano, l’ombra pare stabilire una zona franca dove si ha un po’ di sollievo dal caldo. Il mio interlocutore mi porge un bicchiere colmo di una sostanza ambrata e densa, con dei semini in sospensione. Meisam Serajizadeh Mohammadabadi, in arte Meisam Seraj, sorride e mi invita a berla, pare che sia un antico rimedio iraniano per il caldo. Chiedo se funziona. Il caldo non andrà via, risponde Meisam, ma tu ti sentirai meglio… un po’ come l’Arte: non risolve i problemi del mondo ma rende la vita unica.

Mesiam Seraj, poeta, scrittore e artista, ha lo sguardo profondo, i modi garbati e i gesti veloci, di chi è abituato ad arrivare subito al punto con eleganza: in effetti siamo qui per parlare di Arte, di Iran e di Arte.

Post-pandemia Arte il progetto artistico di Meisam Seraj - Intervista IMM.1

Antonio (A): Meisam, so che stai portando avanti un nuovo progetto Artistico: Post-Pandemia+ARTE, cosa significa questo nome?

Mesiam (M): Esiste un proverbio, di cui non ricordo le origini, che recita Metà delle risposte si trovano celate nelle domande stesse. Realizzare ARTE in un mondo Post pandemia, con Arte scritto tutto maiuscolo perché mai come oggi il ruolo dell’Arte è diventato necessario.

A: In concreto di cosa si tratta?

M: Siamo un gruppo di 6 artisti che spaziano tra diversi campi, come il teatro, la pittura, la scrittura… Partiremo dall’Italia alla scoperta dell’Iran. Durante il mese di agosto, per un periodo di due settimane, allestiremo mostre, terremo conferenze, realizzeremo performance. Uno degli aspetti chiave del progetto sarà il documentario di tutto ciò che realizzeremo per raccontare al mondo intero delle suggestioni artistiche che prendono vita in un Paese misterioso e affascinante come l’Iran.

A: Chi sostiene il vostro progetto?

M: Ci sono degli sponsor molto importanti che credono in Post-pandemia+ARTE, ma tra tutti è stato fondamentale il supporto del Consolato Iraniano.

A: Perché proprio in Iran?

M: Questa Pandemia ha rotto tutte le regole, per il mondo dell’Arte è stata completamente destabilizzante. Noi che viviamo di Arte ci siamo trovati di punto in bianco smarriti. Se ne parla poco ma il lockdown per gli artisti, che vivono di interazioni sociali e scambi culturali è stato un disastro. Sentivo l’esigenza di ripartire, con un progetto artistico ambizioso. Ho riflettuto molto su che tipo di progetto dovesse essere. Ho guardato dentro di me e ho capito che le mie radici culturali potevano essere una grande risorsa. Partiamo dall’Iran perché sono Iraniano e penso che la mia Madre Patria dai tempi di Shahrazād abbia ancora molte storie da raccontare.

A: Pensi che lo stop forzato indotto dalla pandemia abbia influito non solo sul modo di fare Arte ma anche sul modo di pensare l’Arte?

M: Purtroppo l’umanità non è nuova a questo tipo di esperienze, basti pensare a quando, circa un secolo fa, l’epidemia di febbre “spagnola” ha tenuto in scacco il mondo per due anni. E anche allora come oggi il principale rimedio erano le mascherine e i guanti. Ma non dimentichiamo che proprio in quel periodo l’Arte ha generato opere immortali, per esempio cito Amedeo Modigliani, che tra il 1918 e il 1920 ha creato le sue opere migliori, o Marcel Proust che scrisse À la recherche du temps perdu.

Ad ogni Tempesta segue un silenzio, e in quel tempo immobile si può sentire il respiro del mondo. Ed è allora che se chiudiamo gli occhi e apriamo la mente troveremo la forza per modificare e migliorare la realtà. E chi può indicarci meglio la via se non la “Signora Arte”?

A: Senza prospettive stabili per il futuro la “Signora Arte” si troverà di fronte ad un compito molto difficile, non credi?

M: Sicuramente sarà più difficile rispetto al 2019, ma meno arduo del 1945! L’Europa, che da secoli era la culla dell’Arte, si ritrovò alla fine della Seconda Guerra Mondiale coperta dalle ceneri di opere bruciate, artisti e scrittori morti, architetture e monumenti ridotti in macerie. Uno tra tutti, il pilota e scrittore Antoine De Saint-Exupery, che in una notte nera si inabissò nel Mediterraneo con il suo velivolo. E così, a causa della guerra, abbiamo perduto il nostro Petit Prince con una fumata nera nel cielo. Quanti Piccoli Principi abbiamo già perso in questa pandemia? Quanti sogni interrotti? Se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo smetterla di cercare eroi e dobbiamo rimboccarci le maniche!

A: Durante il lockdown invernale le grandi abbuffate di cultura pop e intrattenimento sono servite a riempire la surreale bolla di tempo che si era creata, ma oggi, che si ritorna all’aperto e a frequentare i luoghi pubblici, l’Arte sarà in grado di recuperare il tempo e lo spazio perduto nei cuori della gente?

M: Se guardiamo agli ultimi anni, a prima della pandemia e ai danni del lock-down, risulta evidente che l’Arte non era stata in grado di riempire quei buchi neri che intendi tu. Ora purtroppo risulta un compito anche più arduo. Penserai che sono molto pessimista, ma se guardi l’utilizzo di piattaforme social come Instagram, Tik Tok, Tinder, Facebook ecc. probabilmente sarai d’accordo con me. Ed è esattamente per questo motivo, come ho già detto, che non dobbiamo cercare eroi, ma dobbiamo essere eroi: perché i buchi neri ci saranno sempre! E noi, con la forza della “Signora Arte” possiamo cambiarne il colore.

A: Siamo figli dei tempi che viviamo, lo vediamo nei giovani in cui i lunghi periodi di clausura hanno minato le capacità relazionali, quasi anestetizzando la curiosità verso un mondo che a loro è stato precluso. Quanto questo si riflette nell’Arte?

M: Ho l’impressione che abbiamo una mentalità molto simile e questo mi fa piacere. Se l’Arte si allontana dal mercato, e se la politica smette di interferire, i giovani ritorneranno all’epoca d’oro dell’Arte. Per “epoca d’oro” intendo un mondo in cui un giovane anziché cercare l’acquisto della famosa consolle di videogiochi del momento cercherà un volo per viaggiare, dove invece di scaricare Tinder comprerà un libro con poesie d’amore per il proprio partner. Purtroppo stiamo vivendo un’evoluzione tecnologica che sta modificando la mente della popolazione. La nostra era non è più l’era dell’umanità e degli umani, ma stiamo entrando nell’era della Post-umanità e dei Post-umani, quindi dobbiamo aggiornare le nostre armi in questa guerra. E se le nostri armi sono le nostre menti, dobbiamo modificare il modo in cui vediamo il mondo.

A: Uno spettacolo per essere definito tale ha bisogno del pubblico, quanto è importante oggi, secondo te, il ruolo dello spettatore nell’Arte, e soprattutto quanto sono influenti i social?

M: Ogni opera o pensiero che si crea nella mente di un artista prende vera vita solo negli occhi di uno spettatore o di un lettore. Nessuno crea o scrive senza desiderare che la propria opera sia letta, vista o vissuta. Se invece parliamo di comunicazione e marketing allora dobbiamo cambiare i metodi di esporre. Se per motivi o pregiudizi sociali e culturali limitiamo l’accesso di una galleria d’arte ad un gruppo ristretto di persone, allora staremo tradendo l’Arte stessa. Privando il mondo delle opere che per esso sono state create. Ecco forse è proprio qui l’essenza del nostro viaggio: cambiamo il modo di esporre l’Arte!

A: Hai detto che durante il viaggio verrà registrato un documentario per raccontare questa esperienza. Dove sarà possibile vederlo?

M: Presenteremo il documentario in diversi festival del cinema, nei musei. Alcune importanti aziende, che si sono offerte come sponsor, hanno già detto di voler inserire alcune scene nei loro video promozionali. Stiamo ricevendo molte proposte di collaborazione e il nostro team le sta vagliando per identificare quelle più congeniali al progetto.

A: Realizzare questa impresa, soprattutto a livello organizzativo, non deve essere facile, ma sappiamo che il tuo entusiasmo ha smosso l’interesse anche ad alti livelli: chi vorresti ringraziare?

M: Ringrazierei prima di tutto te, poi il Consolato e l’Ambasciatore dell’Iran, l’Ambasciatrice dell’Arte di Cuba. Un doveroso riconoscimento va anche all’azienda internazionale BMW che da subito ha mostrato interesse al progetto decidendo di supportarlo. Ovviamente non posso fare a meno di citare tutto il gruppo di lavoro qui in Italia, e il team in Iran costituito da medici, truccatori cinematografici, informatici. Un ultimo ma non meno importante ringraziamento va agli artisti che prenderanno parte al progetto, ai politici che daranno il loro supporto e agli altri eventuali sponsor.

A: Il team tecnico del documentario comprende diverse professionalità iraniane, vuoi parlarci di questi ragazzi?

M: Un progetto itinerante di questa complessità si avvarrà di diverse squadre tecniche nelle diverse location, ognuna specializzata per il tipo di riprese che dovranno essere realizzate. Si tratta di giovani professionisti che alle spalle hanno un ricco bagaglio di esperienza. Siamo tutti molto entusiasti e non vediamo l’ora di metterci all’opera.

E in questo vetusto cortile il tempo è volato via, le ombre della sera si sono allungate e devo ammettere che la bevanda di Meisam, con lo zafferano, l’acqua di rosa e i semini in sospensione, anche se non ha portato via il caldo, ci ha regalato un’oasi di freschezza.

 

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