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L’esperienza della gravidanza sotto un profilo neurobiologico: cambiamenti morfologici e cognitivi a confronto

Le capacità autoregolatrici della madre incidono a loro volta sulle capacità di regolazione emotiva e fisiologica del bambino, già durante la gravidanza

Di Cristi Marcì

Pubblicato il 09 Set. 2021

La gravidanza determina cambiamenti morfologici cerebrali, relativi perlopiù alle aree coinvolte nella cognizione sociale e che guidano i comportamenti circa l’interpretazione dello stato mentale altrui, facilitando nella futura madre l’interazione verso l’altro.

 

La funzione genitoriale costituisce un insieme di competenze complesse, sempre in evoluzione, che riguardano la capacità di ogni individuo di prendersi cura e proteggere un’altra persona, la quale – sotto una visione più ampia, in base all’età, allo sviluppo e alle condizioni psicofisiche – necessita di qualcuno capace di leggere i suoi bisogni e soddisfarli adeguatamente (Venuti, P., Simonelli, A., 2018).

Risulta dunque possibile attivare la propria funzione genitoriale sia prestando attenzione alle richieste dell’altro, sia mostrando disponibilità nell’esprimere comportamenti con una componente affettiva e cognitiva finalizzati alla protezione e al sostegno. L’aspetto più importante risiede nel fatto che tale funzione presenta varie sfaccettature, in quanto è strettamente connessa con la dimensione generativa biologica e, in parallelo, in relazione ad uno scenario a ritroso nel tempo e collocabile in una dimensione passata.

Ciò significa che in ciascuno di noi sono presenti delle radici in cui le tracce genetiche ed epigenetiche, in rapporto alle proprie esperienze pregresse, riflettono il grado di cura e di protezione ricevute a propria volta in età precoce.

Questo non solo serve a comprendere come siamo portatori di un bagaglio multifattoriale, ma anche come tutto quello che ci ha preceduti abbia innescato delle modifiche pronte ad essere trasmesse. Volendo quindi considerare l’organismo come un tutt’uno con l’ambiente circostante e in stretto rapporto alle capacità omeostatiche della madre, funzionali al sostegno della vita nel grembo materno, si può notare come i diversi funzionamenti cerebrali della stessa subiscano una trasformazione proprio a partire da un background personale e in costante cambiamento, già a partire dalla fase dell’attesa del nascituro.

Per questo motivo prendere consapevolezza dell’importanza di un intervento precoce può essere un punto a favore del sostegno alla cura genitoriale, nei confronti non solo di sé stessi ma anche del futuro bambino.

Le capacità autoregolatrici del genitore, in tal caso della madre, non solo si esprimono a diversi livelli ma incidono a loro volta sulle capacità di regolazione emotiva e fisiologica del bambino, già a partire dalla fase di gestazione.

Infatti durante questa fase è possibile trasmettere il proprio corredo esperienziale che, se corredato di fattori stressogeni, può sfociare in un aumento dei livelli di cortisolo.

Come sottolineato da Feldman, madre e bambino mostrano una compartecipazione diadica che può essere adattiva o meno per ambo gli attori della relazione (Feldman, R., 2012b). Nondimeno Numan e Insel sottolineano l’importanza della plasticità del corpo femminile che, durante la gravidanza, il parto e l’allattamento, riflette una modifica costante, in relazione al proprio stato mentale (Numan, M., Insel, H., 2003, Kim, P., Leckman, J. F., 2010).

Si evidenzia così una valida compartecipazione tra vari fattori quali: l’organizzazione cerebrale materna, la tipologia di risposta e il contributo della genetica in rapporto sia all’epigenetica che all’ambiente di crescita.

Nel loro insieme, tali fattori risultano circoscritti ad un comune denominatore che si riflette nel concetto di plasticità. Si delinea, in tal modo, l’importanza da parte della madre di poter contare su stessa e, dunque, di poter affidarsi alla rispettiva organizzazione dei suoi circuiti neuronali capaci di gestire, nel loro complesso, la propria omeostasi e di rispondere in modo adeguato a quanto sta prendendo vita al suo interno.

Il tutto nel dispiegarsi di tre dimensioni temporali connotate di una specifica valenza: prima, durante e dopo il parto.

L’accoglienza di una nuova vita emerge e si dispiega come un ventaglio in grado di incidere su più livelli (D’Amore, C., 2019), ciascuno con una propria funzione e una logica ben definita; a partire dal grembo e dalla dimensione intrauterina, per giungere successivamente ad una affettiva ed emotiva.

L’epoca prenatale si caratterizza dunque come punto nevralgico di partenza, in cui anche con il pensiero vengono affondate le radici, pronte a svilupparsi durante tutto il periodo della gravidanza. Un insieme di fasi, trasformazioni e cambiamenti nel quale una profonda ed invisibile alchimia chiama in causa numerosi fattori.

La transizione verso il ruolo genitoriale è accompagnata da numerosi cambiamenti che influenzano sia il modo di pensare che di percepirsi, innescando inoltre un notevole cambiamento circa la quotidianità. Se da un lato si riscontra una modifica ad un livello più esterno e quindi nel sociale, nel rapporto di coppia e non ultimo entro il nucleo familiare, dall’altro – ad un livello più profondo ed invisibile – la serie di modifiche investe il ramo fisiologico.

Tra queste infatti possono essere annoverati nuovi mutamenti che coinvolgono ulteriori equilibri presenti a livello ormonale, a livello del sistema nervoso centrale, accompagnati da una plasticità che segna l’apertura verso una nuova esperienza, quella della gravidanza, che, come visto in precedenza, è caratterizzata da tantissimi fattori (Lee, H, J., Macbeth, A, H., Pagani, J., 2009).

Il concetto di plasticità consente infatti nello specifico di comprendere come si verifichi un nuovo assemblaggio, sia a livello cerebrale che corporeo e come entrambi, in sintonia, possano sostenere la madre in questa nuova avventura (Featherstone, R, E., Fleming, A, S., Ivy, G, O., 2000).

Strutturalmente infatti parti della corteccia cerebrale cambiano di volume, oppure la medesima attività, se associata a determinati stimoli, si amplifica o subisce modifiche.

Sia la fase di gestazione sia quella del parto sono promotrici di questi nuovi meccanismi biologici che inducono alla plasticità stessa.

Se quindi i primi cambiamenti avvengono a partire dalla gravidanza e dal momento del parto per poi proseguire con l’allattamento, nel loro insieme prevedono una propria evoluzione nel periodo post parto (Hoekzema, E., Barbara Muller, E., Pozzobon, C., 2017).

Col termine plasticità ci si riferisce a quei cambiamenti (Schurz, M., Radua, J., 2014) di natura anatomica che si delineano a livello dello spessore della corteccia che interessa la materia grigia, in cui emergono numerose modifiche e tra esse una ristrutturazione nel numero di sinapsi, di cellule gliali, di neuroni e non ultima una modifica relativa l’architettura del dendritico.

Inoltre a subire notevoli mutazioni sono la vascolarizzazione, il volume e la circolazione del sangue (Kim, P., Leckman, J, F., Mayes, L, C., 2010).

I genitori alle prime armi, soprattutto le madri, si trovano dunque di fronte ad un nuovo percorso in cui il proprio bagaglio e le bussole personali incontrano ciò che non si conosceva prima.

Come riportato da Hoekzema le madri primipare, cioè al primo parto, mostrano di solito una riduzione di volume della materia grigia dopo la gravidanza in regioni cerebrali sottostanti alla cognizione e alla teoria della mente.

Quest’ultima infatti riflette la sua struttura in un circuito che riunisce la parte mediale del cervello, la corteccia prefrontale laterale e temporale laterale che nel loro insieme mostrano una spiccata plasticità corticale durante la gestazione.

A seguito di quanto detto è possibile confermare come la gravidanza e dunque il periodo prenatale determini cambiamenti morfologici cerebrali, relativi perlopiù alle aree coinvolte nella cognizione sociale e che guidano i comportamenti circa l’interpretazione dello stato mentale altrui. Tali cambiamenti possono nondimeno essere percepiti come modificazioni che, in aggiunta ad una predisposizione biologica di partenza, sono finalizzate a facilitare nella futura madre l’interazione verso l’altro.

Come sottolineato da Feldman ad esempio, sotto il profilo ormonale, l’ossitocina legata alla maternità sembra modulare l’attività dei sistemi neurali deputati alla cognizione sociale sopracitata. Tali dati infatti suggeriscono e sostengono ancor di più come il background biologico materno, se capace di raggiungere una buona omeostasi, possa effettivamente tornare utile ed essere di supporto proprio in momenti delicati come la gestazione ed il parto stessi. In definitiva questi meccanismi prima del parto, se proceduralmente allenati a mantenere un buon equilibrio, possono fungere proprio da guida prima, durante e dopo il parto; favorendo oltremodo il buon rilascio dell’ossitocina che, se percepita come un carburante, sosterrà i medesimi meccanismi nel promuovere risposte emotivamente ed empaticamente appropriate da parte della madre (Feldman, R., 2012b, Sporns, O., 2011).

In uno studio condotto nel 2017 da Hoeckzema si è inoltre visto come la riduzione del volume di materia grigia si concentra maggiormente nelle aree associative che regolano la nostra interazione sociale, aree quindi preposte a variegate capacità tra cui quella di comprendere lo stato mentale ed emotivo dell’altro. Nondimeno sembra che questa modifica rimanga inalterata per almeno due anni dopo il parto.

Quello che è importante sottolineare è come vi sia uno stretto rapporto tra un prima e un dopo, due dimensioni temporali in cui i fenomeni e le modifiche cerebrali legati alla plasticità avvengono anche nei primissimi mesi dopo il parto, in cui gli equilibri ormonali evidenziatisi proprio a partire dalla gravidanza giocano un ruolo fondamentale.

Un esempio infatti è stato fornito dallo studio condotto da Mayes e Kim in cui veniva documentata la plasticità corticale nella madre tra il terzo e il quarto mese dal parto. Nello specifico i cambiamenti inerenti il volume della materia grigia risultano estesi ad altre regioni del cervello, coinvolgendo la corteccia prefrontale, somatosensoriale, temporale e parietale e non ultime le aree sottocorticali.

Nel loro insieme non solo cercano di promuovere il giusto equilibrio ma, in associazione ad altre regioni deputate alla motivazione materna, possono favorire o meno un’omeostasi che coinvolga tutto l’organismo.

Tra queste regioni infatti troviamo l’ipotalamo bilaterale, l’amigdala, il globus pallidus e le aree mesencefaliche che includono strutture dopaminergiche quali l’aria tegmentale ventrale e la sostanza nera, le quali sono appunto finalizzate alla regolazione del comportamento di cura e alla promozione del piacere nello stare col bambino.

Nel complesso tali strutture sono circoscritte alla motivazione genitoriale e alla capacità di prendersi cura del piccolo.

Tutte queste modifiche sembrano quindi suggerire una riorganizzazione cerebrale nelle diverse regioni di fronte alle nuove responsabilità e ai ruoli che li attendono (Numan, M., 2012).

Quanto emerge è dunque una visione di insieme che mette in relazione il tempo vissuto del genitore con le sue rispettive esperienze e il tempo che inizia a scorrere già a partire dalla vita intrauterina, la quale risentirà proprio delle modalità di funzionamento appartenenti al genitore stesso.

Un’alterazione a livello del sistema nervoso centrale, con una diminuita plasticità delle regioni cerebrali deputate alla cognizione e alla regolazione dell’umore a livello dell’ippocampo e della corteccia prefrontale, può notevolmente incidere sulla soppressione della neuro genesi post natale e delle spine dendritiche (Helmeke, C., 2009 in D’Amore, C., 2019), che viceversa potrebbero promuovere protrusioni dei neuroni verso altri neuroni, con la conseguente formazione di nuove sinapsi. (De Bellis, M, D., 2005, Rees, C, A., 2010 in Siegel, D, J., 2017)

L’accoglienza di una nuova vita non è circoscritta solo al grembo fisico materno ma si estende ad un modo di sentire affettivo ed emotivo nella mente e nel cuore materni che, in base al proprio tempo vissuto e alla propria architettura, possono promuovere una fioritura ottimale.

Nello specifico ciò vuol dire che le cure che gli stessi genitori hanno ricevuto possono influenzare le loro modalità nei confronti del nascituro.

Quello che è importante tenere a mente è che sullo stesso piano sono presenti due vite asimmetriche, da un lato il futuro bambino e dall’altra la madre con una propria storia, un proprio passato e un modo personale di porsi nei confronti di sé stessa e del mondo.

Sotto un profilo psicodinamico l’inizio della gravidanza rappresenta il dispiegarsi non solo di un rapporto fusionale con il feto ma, al contempo, il recupero del proprio vissuto primario di simbiosi con la propria madre, facendole vivere un’esperienza di identificazione con essa.

Ciò che emerge non è solo un ricordo ma una gamma di sensazioni e memorie che, inscritte sulla pelle, la guideranno in modo adattivo o meno nella cura della prole.

 

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Cristi Marcì
Cristi Marcì

Psicologo, Specializzando in Psicoterapia

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • D’Amore, C., (2019), “Come proteggere la mente che nasce”. Armando Editore, Roma 2019.
  • De Bellis, M. D., (2005), “The psychobiology of neglect”. In Child maltreatment, 2005.
  • Featherston, R. E., Fleming, A. S., Ivy, G. O., (2000), “Plasticity in  the maternal circuit: Eggects of experience and partum condition on brain astrocyte number in female rats”. In Behavioral Neuroscience, 2000.
  • Feldman, R., (2012b), “Parent-infant synchrony: A biobehavioral model of mutual influences in the formation of affiliative bonds”. In Monographs of the Societyfor Researchin Child Development.
  • Helmeke, C., (2009), 2Paternal deprivation during infancy results in dendrite and time specific changes of dendritic development and spine formation in the orbifrontal cortex of the biparental rodent Octodon degus”. In Neuroscienze 2009.
  • Hoekzema, E., Barba-Muller, E., Pozzobon, C., (2017), “Pregnancy leads to long-lasting changes in human brain structure”. In Nature Neuroscience, 2017.
  • Kim, P., Leckman, J. F., Mayes, L. C., (2010), “The plasticityof human maternal brain: Longitudinal changes in brain anatomy during the early postpartum period”. In Beahavioral Neuroscience.
  • Lee, H. J., Macbeth, A. H., Pagani, J., (2009), “Oxytocin: The great facilitator of life”. In Progress in Neurobiology, 2009.
  • Numan, M., Insel, H. (2003), “The neurobiology of Parental Behaviour”. Springer, New York.
  • Numan, M., (2012), “Maternal behavior: Neural circuits, stimulus valence, and motivational process”. In Parenting, Science and practice, 2012.
  • Rees, C. A., (2010), “Understanding emotional abuse”. In Archives of disease in childodd, 2010.
  • Siegel, D. J., (2017), “La mente relazionale: neurobiologia dell’esperienza interpersonale”. Raffaello Cortina, Milano 2017.
  • Sporns, O., (2011), “Networks of the brain”. MIT Press, Cambridge, 2011.
  • Venuti, P., Simonelli, A., Rigo, P., (2018), “Basi neurobiologiche della funzione genitoriale”. Raffaello Cortina, Milano 2018.
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