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Ricordo di Roberto Lorenzini

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 01 Apr. 2021

Ci ha lasciato tristemente, oggi per me che scrivo e ieri per voi amici e amiche che leggerete raccolti, Roberto Lorenzini. Roberto è stato una figura fondante di quel cognitivismo clinico italiano così caratteristicamente interessato e quasi avvinto alla storia personale dei pazienti.

Non tra i primissimi come Guidano e Liotti ma tra i primi, egli fu uno dei maggiori. Insieme a Sandra Sassaroli applicò i costrutti personali di Kelly e la teoria dell’attaccamento di Bowlby al disegno dei Cattivi Pensieri -titolo di uno dei suoi più bei libri- che sempre ammalano la vita dei pazienti. Riesaminò le quattro organizzazioni di personalità di Guidano e Liotti del 1983 in tre più economici stili di conoscenza e, così ribattezzate, le rese più combaciate con la razionalità dell’architettura del cognitivismo di Aaron T. Beck. Non si limitò a togliere come lo scultore ma seppe anche aggiungere come il pittore, aggiungendo -sempre insieme a Sandra Sassaroli- alla quaterna guidaniana e liottiana del fobico così inadeguato alla vita, dell’ossessivo sempre colpevole, del depresso profondamente non amato e del dappico disperso e indefinito una nuova dimensione: lo stile di conoscenza ostile, aprendo così -per primissimo con Sassaroli e non solo tra i primi questa volta- già nel 1987 l’esplorazione degli aspetti aggressivi del paziente e precedendo in questo Perris, Semerari, Liotti e Dimaggio che solo in seguito si sarebbero interessati al paziente cosiddetto difficile.

Spesso è stato notato come fosse avvenuto al tempo della generazione di Lorenzini l’ingresso di questo nuovo paziente dalla sensibilità irritabile e aggressiva nelle stanze dei terapeuti e probabilmente fu Roberto a osservare questo nuovo personaggio. Grazie a lui possiamo inquadrare con più precisione nel tempo questo avvento: dopo il 1983 ma prima del 1987, quando Lorenzini e Sassaroli ne scrissero nel loro primo classico, la Paura della Paura. O forse la memoria tradisce e l’intuizione apparve nei Cattivi Pensieri del 1992? Forse l’affetto induce ad anticipare l’innovazione di Roberto? Purtroppo, non c’è tempo per controllare stasera e in ogni caso la data posticipata non toglierebbe la primazia.

La sua opera raggiunse la fioritura nel 1995, quanto pubblicò Attaccamento, Stili di conoscenza e Disturbi di Personalità in cui fuse insieme -ancora una volta insieme a Sandra Sassaroli- questi tre concetti, sui quali a lungo aveva meditato, in una forma definitiva. In quel libro -che non fu del tutto apprezzato da Liotti (com’era inevitabile e giusto che fosse, dato che diversamente quei due maggiori vedevano il mondo e la conformazione della mente ma noi che assistemmo alla tenzone non ne fummo del tutto felici poiché “Vorremmo sempre che i nuovi amici conoscessero i vecchi; / siamo feriti quando l’uno o l’altro si mostra freddo / e c’è del sale negli affetti del cuore”)- in quel libro conoscenza e personalità trovarono il loro finale radicamento in una relazione di attaccamento che però si scandiva in una più razionale relazione di apprendimento, secondo la visione di Lorenzini e Sassaroli, e probabilmente in quell’intarsio razionale si annidava il nodo che aveva irritato la sensibilità emotiva di Liotti, generando la sua collera non sempre ben contenuta. Infine, uscì nel 2000 la Mente Prigioniera che fu la traduzione clinica del modello di Lorenzini e Sassaroli e insieme fu il loro ultimo sforzo congiunto.

Poi si separarono. Sassaroli svoltando verso il funzionalismo dei processi, interessandosi al rimuginio (concetto col quale Sassaroli molto ha insegnato), Lorenzini volteggiando tra le teorie naif del paziente -ovvero i modi personali del paziente di spiegarsi il suo malessere e che raccontò in saporiti casi clinici che pubblicò assiduamente su State of Mind-, le esplorazioni dei deliri psichiatrici i più folli ma sempre visti con occhio cognitivo -in compagnia questa volta di Brunella Coratti (in questo elogio funebre non si può non calcare questa di Roberto non diffusa capacità, rarissima nella sua generazione, di saper lavorare cameratescamente con le donne)- e un finale ritorno a un certo emozionalismo liottiano maturato in un casuale eppure destinato incontro finale tra i due: Liotti e Lorenzini si ritrovarono nelle corsie di un Ospedale che ospitava quelle loro severe rispettive malattie che tanto tormentarono i loro ultimi anni e che li hanno portati via, a breve distanza l’uno dall’altro. Fruttuoso fu quell’incontro che, se la memoria non tradisce, maturò una loro congiunta pubblicazione, solitaria e finale.

Non sarebbe tuttavia completa questa rievocazione se non parlassimo dell’umorismo di Roberto Lorenzini, questo folletto che rallegrava le notti di mezza estate dei congressi di psicoterapia come un Puck o ravvivava come un Cherubino le folli giornate di quegli stessi congressi. Molti ricordano il suo salace e boccaccesco umore di puer aeternus che si alternava a una malinconia di senex libidinosus (a ogni età Roberto non poteva esimersi dall’esprimere il suo lato boccaccesco) ma disincantato e disilluso. Forse un po’ troppo disilluso, a dire il vero, forse un po’ troppo proclive nei suoi ultimi giorni a una saggezza clinica pessimisticamente insofferente di qualsiasi regolazione, i famigerati protocolli respinti con orrore: ma va bene così. Chiudiamo recitando i versi iniziali della poesia già prima accennata, poesia sugli amici che ci lasciano, versi fin troppo adatti al triste momento:

 

Ora che in casa siamo quasi sistemati
nominerò gli amici che non possono cenare con noi
accanto al fuoco di torba dentro l’antica torre
e dopo aver chiacchierato fino a tardi, arrampicarsi
su per la stretta scala a chiocciola per andare a dormire.
Scopritori di verità dimenticate
o semplici compagni della mia giovinezza, tutti,
tutti stanotte ho nel pensiero, perché sono morti.

 

(William Butler Yeats “In memoria del Maggiore Robert Gregory” in “I cigni selvatici a Coole”, BUR, Rizzoli, 1989)


Sandra Sassaroli e Roberto Lorenzini
Sandra Sassaroli e Roberto Lorenzini
Roberto Lorenzini e Sandra Sassaroli
Roberto Lorenzini e Sandra Sassaroli (Intervista del 2014)
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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lorenzini, R., Sassaroli, S. (1987). La paura della paura. Roma: Ed. Nuova Italia Scientifica.
  • Lorenzini, R., Sassaroli, S. (1992). Cattivi Pensieri, Disturbi del pensiero paranoico, ossessivo e schizofrenico. Roma: Ed. Nuova Italia Scientifica.
  • Lorenzini, R., Sassaroli, S. (1995). Attaccamento, Stili di conoscenza e Disturbi di Personalità. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Lorenzini, R., Sassaroli, S. (2000). La mente prigioniera. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Lorenzini, R., Coratti, B. (2008). La dimensione delirante. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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