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La neuropatia a piccole fibre: indagini neurofisiologiche e ruolo diagnostico della biopsia di cute

La biopsia cutanea neurodiagnostica si è rivelata una tecnica di fondamentale inportanza per la diagnosi di neuropatia a piccole fibre.

Di Eliana Berra

Pubblicato il 14 Apr. 2021

La Neuropatia delle Piccole Fibre (NPF, in inglese Small Fiber Neuropathy, SFN) è una patologia che colpisce le fibre nervose periferiche di piccolo calibro. Questa patologia del sistema nervoso periferico spesso viene sottostimata e sottodiagnosticata.

Eliana Berra – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi Milano

 

Alterata percezione del dolore e degli stimoli termici, disturbi sensitivi quali formicolii, bruciori e punture di spillo agli arti costituiscono i sintomi caratteristici di una patologia del sistema nervoso periferico spesso sottostimata e sottodiagnosticata: la Neuropatia delle Piccole Fibre. La normalità dei reperti agli esami di routine per lo studio del sistema nervoso periferico fa sì che la diagnosi sia spesso difficoltosa. Il progressivo peggioramento del quadro clinico e le conseguenti ripercussioni sul tono dell’umore e sulla qualità della vita dei pazienti conducono spesso ad erronee diagnosi di fibromialgia o disturbi psichiatrici, quali il disturbo somatoforme. Da queste considerazioni risulta evidente l’importanza di fare chiarezza sulle caratteristiche di tale disturbo e sulle specifiche metodiche di indagine indispensabili per la diagnosi.

La Neuropatia delle Piccole Fibre (NPF, in inglese Small Fiber Neuropathy, SFN) è una patologia che colpisce le fibre nervose periferiche di piccolo calibro. Tali fibre, classificate come fibre C e fibre A-Delta, sono specificatamente coinvolte nella trasmissione di stimoli termici (caldo, freddo) e dolorifici e sono presenti non solo all’interno dei nervi del sistema nervoso periferico, ma anche nei muscoli, nel tessuto fibromuscolare degli organi interni e nel sistema nervoso autonomo.

Nella maggior parte dei pazienti non è identificabile una causa responsabile dalla patologia (forme idiopatiche), anche se è noto che esse possono presentarsi più frequentemente in associazione a malattie autoimmuni o patologie sistemiche, tra cui il diabete mellito, l’amiloidosi, la malattia di Fabry, la sindrome di Sjögren, la sarcoidosi, la malattia di Lyme, il lupus eritematoso sistemico. Alla base delle forme idiopatiche, sono state ipotizzate disfunzioni congenite o indotte dei canali del sodio, specie quello denominato Nav1.7

La neuropatia delle piccole fibre è caratterizzate da una sintomatologia di tipo sensitivo, muscolare e autonomico. Nei soggetti affetti, si riscontra frequentemente una maggiore sensibilità sia agli stimoli dolorosi (iperalgesia), sia a normali stimoli cutanei, che possono essere percepiti di maggiore intensità (iperestesia) oppure dolorosi (allodinia). Tipicamente, si osserva un’alterata percezione degli stimoli termici, che può declinarsi in una ridotta capacità di discriminazione fra caldo e freddo; frequenti sono le sensazioni di bruciore, intorpidimento o punture di spillo (parestesie) agli arti. Al contrario, la sensibilità tattile e vibratoria è conservata, così come i riflessi osteo-tendinei. I disturbi motori e muscolari sono costituiti da crampi e facile faticabilità.

I disturbi del sistema autonomo/vegetativo sono più rari, ma possono comportare ripercussioni a carico di differenti organi, con alterazioni del ritmo cardiaco, della pressione arteriosa, sintomi gastroenterici e genito-urinari.

Come anticipato, la complessità della diagnosi di neuropatia delle piccole fibre deriva dal fatto che gli accertamenti di prima linea per lo studio del sistema nervoso periferico (come ad esempio l’elettromiografia) risultino nella norma. L’elettroneurografia/elettromiografia è infatti utile ad esplorare le fibre nervose di grande calibro, ma non quelle di piccolo calibro, specificatamente colpite in tale patologia.

Pertanto, un importante contributo per la diagnosi è offerto da accertamenti diagnostici specifici, come i potenziali evocati laser, i test quantitativi sensitivi (QST), il test quantitativo del riflesso assonale sudori motorio (QSART), il test del sudore termoregolatorio, i test autonomici cardiovagali ed adrenergici ed infine lo studio delle fibre nervose intraepidermiche (IENF) mediante biopsia cutanea neurodiagnostica. Quest’ultimo esame rappresenta la metodica più affidabile per la diagnosi, poiché consente di valutare direttamente la densità delle fibre nervose di piccolo calibro nel tessuto esaminato tramite una procedura semplice e precisa.

La biopsia cutanea neurodiagnostica è stata applicata per la prima volta nel 1990 presso il Karolinska Institute e successivamente standardizzata presso l’Università del Minnesota, dove  il prof. W.R.Kennedy e i suoi collaboratori l’hanno utilizzata a partire dal 1993 per lo studio dei pazienti con neuropatia diabetica. (48)

Oltre a fornire un dato quantitativo, la biopsia cutanea neurodiagnostica ha il vantaggio di essere ripetibile, minimamente invasiva ed applicabile in un contesto clinico ambulatoriale. Tuttavia, l’uso corrente di questa metodica è limitato dalla necessitò di personale altamente specializzato e dalla disponibilità di strumentazione di laboratorio specifica.

Previa anestesia locale con lidocaina, la biopsia viene eseguita utilizzando uno strumento a punta metallica cilindrica che consente una piccola incisione sulla cute, con prelievo di un piccolo campione di epidermide (3 mm di diametro). Il sito privilegiato è la parte distale della gamba, ma la sede può variare in base al quadro clinico.

Figura 1. Metodica di prelievo bioptico di campione di cute nella regione distale della gamba.

Il campione viene successivamente fissato, congelato e infine processato con differenti reagenti. La quantificazione delle piccole fibre presenti per millimetro quadrato può essere effettutata o con il conteggio diretto al microscopio (ingrandimento 40x) eseguito da due differenti operatori, oppure utilizzando un software per l’analisi di immagine. La prima metodica è attualmente la più utilizzata, ma presenta il limite dato dalla necessità di personale altamente formato ed esperto.

Il riscontro di una riduzione della densità delle piccole fibre nervose intraepidermiche è l’elemento chiave per la diagnosi. Sono inoltre riscontrabili segni suggestivi di sofferenza delle fibre nervose, quali rigonfiamento dell’assone, presenza di fibre nervose sparse o riunite in “ciuffi”, aumento delle ramificazioni dei dendriti.

Figura 2. Fibre nervose epidermiche (frecce) identificate mediante immunofluorescenza all’arto inferiore di un soggetto normale (in verde, colorazione di fibre nervose; in rosso, colorazione di collagene di tipo Ⅳ della membrana basale e vasi sanguigni). E: epidermide; D: Derma; BM: membrana basale; A: Arteria.

Figura 3. Denervazione completa dell’epidermide (e del derma) in un paziente con neuropatia. E:Epidermide; D: Derma; BM: membrana basale

La biopsia cutanea neurodiagnostica, oltre che di fondamentale importanza per la diagnosi di neuropatia a piccole fibre, è stata inserita nelle linee guida per la diagnosi delle neuropatie periferiche dalla European Federation Of Neurological Society (ENFS), dove le è attribuito valore predittivo diagnostico molto elevato (livello di raccomandazione A).

La terapia, nel caso in cui la neuropatia a piccole fibre sia secondaria ad una patologia sistemica, è in primis il trattamento della malattia di base.

Nei casi idiopatici e in tutti i casi in cui i sintomi sensitivi siano particolarmente invalidanti, la terapia farmacologica prevede l’utilizzo di farmaci appartenenti alla categoria degli antiepilettici (gabapentin, la carbamazepina e il pregabalin), degli antidepressivi SSRI e SNRI (Duloxetina) o degli antidepressivi triciclici  (amitriptilina). Nel caso in cui tali terapie di prima linea non diano risultati soddisfacenti, è possibile utilizzare, in alternativa o in associazione,  farmaci oppioidi come il tramadolo, la codeina e il tapentadolo, o anestetici locali. Recenti evidenze scientifiche evidenziano un possibile effetto dei cannabinoidi, come tetraidrocannabinolo e cannabidiolo, nel trattamento della sintomatologia dolorosa. E’ stato inoltre evidenziato, nelle forme particolarmente resistenti, il possibile utilizzo del trattamento con immunoglobuline per via endovenosa o corticosteroidi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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