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Le 9 logiche in terapia breve: una guida all’intervento per i terapeuti

Quali sono le ragioni sottostanti la scelta di una tecnica terapeutica piuttosto che di un’altra? Le 9 logiche che guidano gli interventi di terapia breve.

Di Vanessa Pergher, Flavio Cannistrà

Pubblicato il 29 Mar. 2021

Attraverso un’accurata analisi della letteratura, Flavio Cannistrà e Micheal Hoyt hanno individuato 9 logiche sottostanti gli interventi di terapia breve, che possono aiutare i terapeuti a orientare i loro interventi e a utilizzare e prescrivere le tecniche più adatte.

 

Gli interventi attivi da parte del terapeuta sono alla base del processo delle terapie brevi (Cannistrà, Hoyt, 2020). Nel momento in cui il terapeuta breve – o meglio, qualsiasi terapeuta – assegna un compito o fa un determinato intervento durante la seduta, egli è sicuramente guidato dallo scopo di ottenere un effetto specifico attraverso quella data tecnica o intervento.

Cannistrà e Hoyt si sono interrogati sulla possibilità, per le tecniche di terapia breve, di rientrare in un limitato numero di scopi a cui esse possono condurre. La domanda che si sono posti è stata: “Quali sono le logiche (cioè le ragioni sottostanti) che guidano la scelta di una tecnica piuttosto che di un’altra?”. Il loro lavoro ha portato all’individuazione di 9 logiche sottostanti gli interventi di terapia breve.

Metodologia

Cannistrà e Hoyt hanno basato il loro lavoro sulla consultazione e lo studio della letteratura in terapia breve, ad esempio negli ambiti della terapia strategica modello MRI (Fisch et al., 1982; Watzawick et al., 1974), della terapia breve strategica (Nardone & Watzlawick, 1993) della terapia breve centrata sulla soluzione (de Shazer et al., 2007) e tecniche derivanti direttamente dagli studi di Milton Erickson. In principio sono state analizzate approfonditamente 77 tecniche (Cannistrà, 2019), ma il lavoro è tuttora in fieri e ad oggi si sono superate le 150.

I due autori hanno così individuato 9 diverse logiche a cui le varie tecniche afferiscono. Per ogni tecnica è stata individuata una “logica principale” e un’eventuale “logica secondaria”.

Le 9 logiche

Dopo averle presentate tramite la descrizione di un caso clinico (Cannistrà, 2019) e in una serie di conferenze, l’ultima sistematizzazione delle 9 logiche è stata pubblicata sul Journal of Systemic Therapies (Cannistrà & Hoyt, 2020). Di seguito riportiamo un’estrema sintesi di quest’ultima elaborazione.

  • Bloccare direttamente le azioni. L’obiettivo di questa logica è quello di interrompere direttamente uno o più comportamenti, tenuti dal cliente, che stanno perpetuando il problema. Si chiede direttamente – in maniera esplicita quindi – alla persona di smettere di fare una certa cosa, che sta mantenendo in vita il problema. Ad esempio, alla base di questa logica vi è la richiesta del terapeuta al paziente ipocondriaco di sospendere le visite mediche (Nardone, 1996)
  • Creare avversione. Scopo di questa logica è quello di indurre un’avversione del paziente verso un certo comportamento (o relazione, interazione, ecc.), ad esempio con lo scopo di bloccare indirettamente un comportamento, oppure con l’idea di indurre una nuova significazione concettuale. Rientrano in questa logica, a titolo esemplificativo, le ordalie (Haley, 1984; Hoyt, 2019), il cui proposito è per l’appunto rendere il comportamento sintomatico più spiacevole di quanto sia piuttosto interromperlo, oppure le ristrutturazioni di significati in senso appunto avversivo.
  • Creare consapevolezza. Questa logica è utile per aiutare il paziente a prendere consapevolezza di qualcosa, che sia un suo punto di forza o un atteggiamento problematico, senza necessariamente avere lo scopo di indurre a compiere o bloccare un determinato comportamento. A tal fine possono essere usate tecniche più dirette, come i complimenti per determinate capacità e competenze, o interventi più indiretti, come il ricorso a metafore, aforismi, storie.
  • Evocare nuove risorse. Questa logica comprende tecniche che conducono a creare o amplificare nuovi comportamenti e percezioni. Degli esempi sono la “domanda del miracolo” (de Shazer, 1988), che porta la persona a immaginare, descrivere ed eventualmente attuare uno scenario futuro desiderato, o tutte le tecniche “come se” (Watzawick, 1987), in cui si chiede appunto di attuare determinati comportamenti come se certe condizioni fossero in essere (ad es. comportarsi come se gli altri fossero gentili e cordiali con noi).
  • Incrementare per ridurre. Rientrano generalmente in questa logica tutti quegli interventi volti ad annullare un certo sintomo o comportamento problematico chiedendo al cliente di alimentarlo o perpetuarlo volontariamente. Le prescrizioni paradossali sono l’esempio più noto: ne è un esempio la tecnica della peggiore fantasia (Haley, 1985; Nardone e Watzlawick, 1993), in cui si chiede alla persona che soffre di attacchi di panico di aumentare in maniera arbitraria le sensazioni di ansia, ottenendo come risultato la riduzione di tali sensazioni.
  • Piccoli cambiamenti. Attraverso questa logica si cerca di risolvere il problema in maniera graduale, attraverso piccoli cambiamenti, minime variazioni o leggere violazioni nelle modalità di un singolo comportamento o di una serie di comportamenti: citando Haley (1982), “il piccolo cambiamento porta invariabilmente a uno più grande”. Questo tipo di logica viene in aiuto quando la richiesta del paziente è composta da diversi passaggi o quando un cambiamento troppo rapido o troppo grande potrebbe spaventarlo.
  • Rafforzare la relazione. In questa logica rientrano tutti quegli interventi che non intendono produrre direttamente un risultato terapeutico, ma che risultano essenziali per rafforzare la relazione con il terapeuta. Ne sono un esempio le domande costruite ad hoc per rimandare al paziente l’interesse del terapeuta nel condividere il processo di co-costruzione degli obiettivi e dei mezzi della terapia, o nell’assicurarsi di una reale comprensione dei suoi significati.
  • Spostare l’attenzione. Rientrano all’interno di questa categoria le tecniche che chiedono ai pazienti di compiere una certa azione in modo da distoglierli da un’attività disfunzionale. Un esempio è la tecnica del diario di bordo (Nardone e Watzlawick, 1993), secondo cui si chiede alla persona in stato di ansia acuta di compilare un diario in quell’esatto momento, spostando di fatto l’attenzione della persona dal controproducente monitoraggio dei parametri fisiologici a un compito totalmente diverso, consentendo il normalizzarsi delle risposte fisiologiche.
  • Esprimere ed elaborare. Questa logica viene seguita nei casi in cui una situazione di sofferenza si mantenga a seguito di una ritenzione emotiva (ad esempio, trattenere la rabbia come risposta abituale) o di una sua mancata elaborazione. Le tecniche che afferiscono a questa logica permettono di far emergere emozioni, sentimenti e cognizioni legate a quell’esperienza: ne è un esempio la tecnica di regrieving (Budman & Gurman, 1988), in cui alla persona che vive ancora intensamente la fase del lutto si chiede di ripercorrerne esperienze ed emozioni ad esso legato, ad esempio con manovre immaginative o con l’uso di oggetti connessi.

In che modo le 9 logiche possono rivelarsi utili?

Gli autori considerano le logiche come un “riduttore di complessità” del processo terapeutico: una mappa concettuale che favorisca una scelta più consapevole e pragmatica dell’intervento più appropriato per uno specifico paziente, o per un suo specifico problema, o per uno specifico momento della sua terapia.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cannistrà, F. (2019). A Violent Life. Using Brief Therapy “Logics” to Facilitate Change. In M. F. Hoyt e M. Bobele (Eds.) Creative Therapy in Challenging Situations, pp. 73-85 Routledge.
  • Cannistrà, F., Hoyt, M. F. (2020). The nine logics beneath brief therapy interventions: a framework to help therapists achieve their purpose. Journal of Systemic Therapies, 39(1), 19-34.
  • de Shazer, S. (1988). Clues: Investigating solutions in brief therapy. New York, NY: W.W. Norton.
  • de Shazer, S., Dolan, Y., Korman, H., Trepper, T., McCollum, E., & Berg, I. K. (Eds.) (2007). More than miracles: The state of the art of solution‐focused brief therapy. New York, NY: Routledge.
  • Fisch, R., Weakland, J. H., & Segal, L. (1982). The tactics of change: Doing therapy briefly. San Francisco, CA: Jossey – Bass.
  • Haley, J. (1982). The contribution to therapy of Milton H. Erickson, M.D. In J. K. Zeig (Ed.), Ericksonian approaches to hypnosis and psychotheapy (pp. 5–25). New York, NY: Brunner/Mazel.
  • Haley, J. (1984). Ordeal therapy: Unusual ways to change behavior. San Francisco, CA: Jossey-Bass.
  • Haley, J. (1985). Conversations with Milton H. Erickson (Vols. I-III). New York, NY: W.W. Norton.
  • Hoyt, M. F. (2019). “No way – you gotta be kidding!”: Using ordeals to promote problem stopping. In M. F. Hoyt & M. Bobele (Eds.), Creative therapy in challenging situations: Unusual interventions to help clients (pp. 113–120). New York, NY: Routledge.
  • Nardone, G., & Watzlawick, P. (1993). The art of change: Strategic therapy and hypnotherapy without trance. San Francisco, CA: Jossey-Bass.
  • Nardone, G. (1996). Brief strategic solution-oriented therapy of phobic and obsessive disorders. Northvale, NJ: Jason Aronson.
  • Watzawick, P., Weakland, J. H., & Fisch, R. (1974). Change: Principles of problem formation and problem resolution. New York, NY: W.W. Norton.
  • Watzlawick, P. (1987). If you desire to see, learn how to act. In J. K. Zeig (Ed.), The evolution of psychotherapy (pp. 91–100). New York, NY: Brunner/Mazel.
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