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Arte e tecnologia: un ponte chiamato intelligenza artificiale

Il collegamento tra arte e IA è multidimensionale. Uno di questi, in particolare, affascinante e innovativo, è rappresentato dal sistema MosAIc.

Di Mariateresa Fiocca

Pubblicato il 11 Gen. 2021

La “quarta rivoluzione tecnologica” (Internet delle cose e avanzamenti nell’ambito dell’intelligenza artificiale – IA) è connotata da una capacità sempre più sofisticata di elaborare dati di natura sia quantitativa sia qualitativa ed è incardinata in un numero di campi sempre maggiore, arrivando fino all’arte.

 

Introduzione

Consolidata è la disciplina dell’Economia dell’arte e della cultura – tra i cui temi vi sono le politiche a favore della diffusione della conoscenza dei beni culturali, della loro tutela, valorizzazione e fruizione, ecc. Tale disciplina ha illustri antesignani, che vanno (per citarne appena alcuni) da Adam Smith, a John M. Keynes, Alfred Marshall e, fra i più recenti, William Baumol, George Stigler e Gary Backer.

L’Economia dell’arte ha rilevanti connessioni con l’Economia esperienziale, in quanto la qualità e le caratteristiche intrinseche del “bene artistico” possono essere valutate solo ex post, cioè dopo il suo consumo da parte di un soggetto.

Inoltre, sono forti i legami tra Economia dell’arte ed Economia della conoscenza: la conoscenza costituisce un bene economico che si accumula nel tempo in uno stock e si diffonde quale esternalità sulla collettività. Tali spillovers tendono a “democratizzare” l’arte: contrastando l’analfabetismo funzionale, avvicinando e sensibilizzando all’arte fette sempre più ampie della popolazione; aiutando a condividere il sapere che, diventando trasversale, concorre ad attenuare il divario fra classi sociali. Questi fenomeni sono stati sintetizzati nell’espressione “welfare socio-culturale” (cfr. il Rapporto 2019 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, redatto dalla Fondazione Symbola, insieme ad altri partner).

Ampliando quindi la visione, l’Economia dell’arte si interseca con altre tematiche socio-economiche, ad esempio, con quelle dell’ambiente, del turismo, dell’innovazione tecnologia, con quella della crescita economica di aree locali (cfr., uno fra tutti, il Rapporto 2019 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, redatto dalla Fondazione Symbola, insieme ad altri partner) e, ancora, si incrocia sul terreno dell’etica, su quelli dell’antropologia, della filosofia e della storia.

Nel presente contributo si intende allargare ulteriormente la prospettiva, per includere un nuovo innesto che gira intorno all’arte: quello dell’intelligenza artificiale (IA). La “quarta rivoluzione tecnologica” (Internet delle cose e avanzamenti nell’ambito della IA), è connotata da una capacità sempre più sofisticata di elaborare dati di natura sia quantitativa sia qualitativa ed è incardinata in un numero di campi sempre maggiore, arrivando fino all’arte.

Il collegamento tra arte e IA è multidimensionale. Dopo un breve excursus, ci si soffermerà su uno di questi in particolare, affascinante e innovativo, determinato dal sistema MosAIc.

Arte e intelligenza artificiale

Uno degli argomenti su cui insiste la letteratura è legato alle nuove doti di creatività di cui è munita la IA – “macchine creative” – nei settori dell’arte e della cultura, ritenuti sinora esclusivo appannaggio degli uomini: musica, arti visive, letteratura, fino ad arrivare all’elaborazione di una nuova lingua (per gli approfondimenti si cita, uno per tutti, il volume di Du Sautoy, 2019). Vale la pena richiamare la prospettiva estremamente radicale dell’artista tedesco Klingemann, pioniere – per così dire – dell’“arte IA”. Riconoscendo addirittura una maggiore originalità all’intelligenza artificiale che all’uomo, egli asserisce:

Humans are not original. […] We only reinvent, make connections between things we have seen. […] While humans can only build on what we have learned and what others have done before us, machines can create from scratch. (Miller, 2019)

Dunque, non solo la razionalità dell’essere umano è limitata (bounded rationality à la Herbert Simon), ma sembrerebbe, seguendo tale linea di pensiero, anche la sua creatività, ed entrambe vengono superate dalla IA.

Tale prospettiva trova anche importanti riconoscimenti in termini monetari – uno degli aspetti dell’Economia dell’arte: nel 2018, la casa d’asta Christie ha venduto un dipinto generato dall’IA per 432.500 dollari, guadagnando 40 volte il prezzo stimato (Miller, 2019). L’interesse della prestigiosa casa d’asta per l’opera (“Ritratto di Edmond de Belamy”), nonché il suo prezzo di aggiudicazione induce a riflettere, poiché è un importante segnale inviato dal lato della domanda di mercato per nuove espressioni d’arte, come appunto le creazioni che utilizzano algoritmi. Anche il diffondersi di questo fenomeno dovrebbe diventare un utile spunto per la tradizionale Economia dell’arte: la recente diade – rispetto a forme di arte canoniche – fra innovazione tecnologica e arte è destinata a diventare un’ulteriore sfaccettatura della prismatica policy dell’Economia dell’arte.

Al di là della sua creatività, l’IA viene utilizzata anche per alcuni servizi ancillari all’arte.

Nel 2016, un sofisticato sistema di IA ha aiutato alcuni artisti a ritrarre dei noti personaggi servendosi dei loro scritti privati e pubblici. Alla base c’è l’idea che lo stile del linguaggio rispecchia la personalità, il pensiero, le relazioni sociali e gli aspetti emotivi di ciascun individuo. Così, ad esempio, analizzando le scelte lessicali, i lemmi e le ricorrenze linguistiche dei testi di Marie Curie, il sistema di IA ha rilevato legami semantici fra bambini, gioia e famiglia, inducendo a rivedere la sua immagine cliché di illustre scienziata totalmente implosa nella ricerca, due volte insignita del Premio Nobel, per raffigurarla come una donna che nutriva una genuina attitudine verso la maternità. Tali informazioni hanno consentito agli artisti di tratteggiarne gli aspetti inediti di una madre premurosa e accogliente, traducendoli in espressione pittorica (Salvetti, 2020). Semplicemente affasciante!

L’IA viene utilizzata anche per l’attribuzione di paternità di un’opera. Pure in tale campo si assiste a prestazioni eccezionali, come quella realizzata dalla Rutgers University e dall’Atelier olandese per il restauro e la ricerca di dipinti (AA.VV., 2017). Il loro sistema di IA è capace di riconoscere l’autenticità di un’opera attraverso le pennellate usate per realizzare un dipinto. Si tratta di centinaia di migliaia di pennellate che l’IA deve gestire: da qui richiamiamo le note sinergie tra IA e big data, cioè le potenzialità e opportunità che si aprono grazie alla capacità dell’intelligenza artificiale di gestire i big data; ma non solo, anche di operare il loro eventuale riuso e la condivisione in altri settori (nel caso di open data) in una più ampia prospettiva di transizione da un’economia lineare a un’economia circolare.

Ulteriore utilizzo della IA nel campo dell’arte è l’“X Degrees of Separation” di Google, o teoria dei sei gradi di separazione (mutuata dalla psicologia), secondo cui le persone sono tra loro collegate da un massimo di sei intermediari. Applicata tale teoria al settore dell’arte, è stato osservato che

[…] esistono straordinarie somiglianze anche tra oggetti ed opere molto diversi tra loro, e il punto di forza del sistema consiste proprio nel creare nessi, relazioni e punti di contatto tra questi. Chi potrebbe mai pensare che un antico vaso cerimoniale e una bottiglia di Coca-Cola sono tra loro connessi? Oppure, riuscite a immaginare il collegamento tra una porcellana del ‘700 e un’opera di Damien Hirst? E tra una scarpa degli anni ’60 e un capolavoro di Lucian Freud? E ancora, cos’hanno in comune Shepard Fairey ed una maschera maya dedicata al potentissimo dio giaguaro? (AA.VV., 2020)

In altri termini, coniugando arte e IA – e limitandoci al campo della pittura – è possibile individuare la somiglianza tra dipinti appartenenti a epoche e movimenti artistici diversi. Tuttavia, con un forte limite: il sistema non riesce a spiegare la connessione tra le opere pittoriche.

Il sistema MosAIc

L’innovazione tecnologica applicata all’arte è ulteriormente progredita, per giungere dove l’uomo non arriverà mai: è impossibile anche per i critici d’arte più esperti prendere in considerazione milioni di dipinti in migliaia di anni ed essere in grado di trovare paralleli inaspettati in temi, motivi e stili visivi. Si allude, in particolare, all’avanzato algoritmo che trova connessioni nascoste tra dipinti: il MosAIc, creato da CSAIL (Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory) del MIT e da Microsoft. Dalla rete generativa avversaria StyleGAN (Generative Adversarial Network – GAN), utilizzata nel campo delle deepfake, MosAIc ha mutuato la capacità di esaminare le immagini, ma con finalità affatto differenti. Quest’ultimo trova opere con parallelismi, sebbene appartenenti a culture, artisti, epoche differenti di tutto il mondo utilizzando reti profonde per capire quanto siano vicine due immagini. La varietà di analogie è molto ampia, vanno dal colore allo stile, dal tema al significato più profondo e recondito dell’opera fino allo scambio culturale sotteso. Le similitudini che MosAIc è in grado di rivelare, sia delineano il lungo percorso dell’uomo nel grande universo della creatività, sia evidenziano connessioni dovute per esempio agli scambi commerciali tra paesi, influenzatisi reciprocamente a seguito delle mescolanze culturali. Si tratta spesso di similitudini celate, che possono essere persino inconsapevoli da parte di chi ha creato il manufatto o dipinto l’opera in quanto sintesi di influenze provenienti dall’ambiente in cui si vive e di cui non si è neppure consapevoli appieno (Quadri, 2020). Ça va sans dire, perché sia efficace, l’algoritmo ha bisogno di una enorme banca dati (Quadri, 2020).

I ricercatori hanno messo a confronto i dipinti del Metropolitan Museum of Art – il Met – con quelli del Rijksmuseum di Amsterdam (Gordon, 2020). E hanno effettuato un abbinamento apparentemente improbabile per individuare analogie – per l’appunto nascoste – fra Il martirio di San Serapione di Francisco de Zurbarán e Il cigno minacciato di Jan Asselijn, due opere che, messe a fattor comune, esprimono un sentimento di profondo altruismo. Eppure non vi era stato mai alcun contatto tra i due autori.

La differenza tra l’“X Degrees of Separation” e il MosAIc si fonda sulla circostanza che, mentre il primo trova percorsi artistici che collegano due opere, a quest’ultimo basta una singola immagine per lavorare; inoltre, invece di limitarsi a trovare i percorsi, esso scopre connessioni in qualsiasi cultura cui il fruitore è interessato.

Conclusioni

Se la macchina sta mutuando progressivamente tutto da noi, in prospettiva, cosa rimarrà di genuino e inimitabile dell’essere umano?

L’inverno è fuori, ma non sembra toccare la IA.

 

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