La dicotomia tra razionalità ed emotività caratterizza da sempre l’essere umano. Alcune persone estremizzano l’uso della razionalità per reprimere e governare le proprie emozioni, mentre altri faticano a modularle, rimanendo in balìa di esse. Al contrario, imparare a gestire e sfruttare questa ambivalenza, secondo un’ottica integrativa, è una risorsa preziosa per poter migliorare la qualità della nostra vita nei suoi ambiti principali, come quello lavorativo.
Per comprendere come sia possibile fare ciò, bisogna focalizzarsi sul concetto di “intelligenza emotiva”, definita da Goleman (1996) attraverso cinque caratteristiche: autoconsapevolezza, gestione del sé, empatia, motivazione, abilità sociali (per ulteriori approfondimenti suggerisco la lettura del seguente articolo Intelligenza emotiva pubblicato da State of Mind). Essa è un’abilità che ereditiamo dall’iniziale sviluppo della Teoria della Mente: la capacità di attribuire gli stati mentali (ovvero bisogni, credenze, desideri, punti di vista, emozioni) propri e altrui (Premack &Woodruff, 1978). Tale capacità si sviluppa intorno ai 4 anni, quando il bambino inizia a condividere la sua attenzione con un adulto significativo, come la madre, interagendo con lei in maniera diretta, ad esempio attraverso sguardi e interazioni faccia a faccia. Sulla base della teoria della mente è possibile, nel corso del tempo, affinare e arricchire il nostro bagaglio emotivo, sviluppando doti come la capacità di provare empatia, di saper accettare il pensiero dell’altro e di creare relazioni autentiche e profonde, decentrandosi e abbandonando una prospettiva egocentrica e individualistica.
L’intelligenza emotiva è una nostra grande alleata, soprattutto in particolari contesti, dove si presentano situazioni in cui è richiesta collaborazione, ad esempio all’interno del contesto lavorativo.
Studi condotti sul campo da Kelley e Caplan (1993) hanno dimostrato che, a parità di competenze, la differenza relativa alla qualità della performance è data dal Qi emozionale piuttosto che dal Qi riferito all’intelligenza o dal talento accademico. Una delle peculiarità di questi “eccellenti lavoratori” esaminati era la capacità di instaurare buoni rapporti con gli altri, così da formare una sorta di squadra, una rete di sostegno informale, utile per affrontare problemi e crisi. Ma è importante che tale rete venga creata prima che si presenti realmente il problema da gestire. Questo è possibile quando l’empatia e la collaborazione contribuiscono a mantenere un clima positivo tra i colleghi. Questo clima è essenziale per sviluppare, esprimere e sperimentare al meglio le proprie capacità personali, integrandole con i talenti degli altri (Goleman, 1996).
Quali caratteristiche ci possono aiutare a migliorare la nostra performance lavorativa?
Persone competenti e di talento, ma che non riescono a collaborare e interagire in maniera positiva con gli altri, vengono spesso escluse dalle reti collaborative che si instaurano tra i colleghi, compromettendo così i risultati della propria performance. È possibile sfruttare al meglio la propria intelligenza emotiva per ottenere risultati migliori, potenziando tali caratteristiche:
- la capacità di coordinazione tra i propri sforzi e quelli altrui;
- la capacità di persuasione e di collaborazione;
- una gestione adeguata dei conflitti;
- una gestione adeguata delle proprie risorse, del tempo e degli impegni lavorativi;
- la comprensione e accettazione delle prospettive dei clienti e dei colleghi e le rispettive diversità;
- la capacità di lavorare in gruppo (Goleman, 1996).
In una società caratterizzata sempre di più da un crescente individualismo, indifferenza e competitività, che ci spingono spesso a sperimentare stati di solitudine e difficoltà, l’intelligenza emotiva permette invece di farci distinguere e di trasformare anche l’ambito lavorativo in un’opportunità di crescita personale e di collaborazione con gli altri. Il contesto lavorativo, afferma Goleman (2000), è un contesto in cui non basta avvalersi di una logica fredda e rigida: occorre sapersi rapportare con gli altri in maniera flessibile, con spirito ottimistico e di adattamento. Questo clima di fiducia e alleanza non solo ci permette di affrontare con maggior positività i nostri compiti, ma anche di ottimizzare tempi e processi esecutivi, arricchendo i nostri talenti con quelli altrui, grazie all’aiuto reciproco. Non a caso, infatti, l’intelligenza emotiva è considerata una delle 10 soft skills più richieste ai candidati durante i colloqui di lavoro (Robles, 2012).