Esiste un principio terapeutico secondo cui il paziente, per essere aiutato, deve fare esperienze emotive concrete che gli permettano di “riparare” l’influenza traumatica di esperienze negative precedenti, esperienze emozionali correttive.
L’approccio strategico non si basa su una teoria “omnicomprensiva” a cui ricondurre i fenomeni osservabili, ma si interessa di come le persone costruiscano la propria realtà soggettiva in termini di percezione e relazione che ognuno ha con sé stesso, con gli altri e con il mondo e l’obiettivo è quello di creare un cambiamento volto a risolvere un problema.
L’espressione “esperienza emozionale correttiva” è stata introdotta dallo psicanalista F. Alexander per indicare il principio terapeutico secondo cui il paziente, per essere aiutato, deve fare esperienze emotive concrete che gli permettano di “riparare” l’influenza traumatica di esperienze negative precedenti. Secondo Alexander (1946), infatti, l’insight intellettuale da solo non basta per produrre un cambiamento significativo e duraturo; ciò può essere ottenuto solo tramite esperienze reali vissute nel presente nella relazione del paziente col terapeuta o anche nella vita quotidiana, in grado di riparare l’effetto di quelle passate.
Watzlawick che ha analizzato nelle sue opere come avvengono nella realtà concreta i cambiamenti ha confermato questa ipotesi in particolare riferendosi al cambiamento di “secondo tipo” ovvero un cambiamento che riesca a rompere uno schema percettivo e apra alla necessità di creare un nuovo equilibrio (Watzlawick, 1974).
In quanto esseri pensanti e razionali, vorremmo che la consapevolezza ci inducesse a cambiare in molti aspetti della nostra vita, ma nella realtà concreta questo non avviene quasi mai; è un’esperienza vissuta in prima persona, che ci “segna” o sconvolge a livello emotivo, che ci porta a cambiare. E’ un’esperienza concreta che ristruttura il nostro modo di vedere e percepire le cose che poi ci porta ad agire in modo diverso. Anche se ci piace pensare di essere guidati dalla razionalità, quello che tutti noi sperimentiamo è che la maggior parte delle volte la sola consapevolezza di come funzioni un problema e la volontà di cambiare non bastano affatto. Un esempio concreto è il disturbo ossessivo compulsivo: le persone che ne sono affette sono pienamente consapevoli e razionalmente coscienti dell’irrazionalità di ciò che mettono in atto con i loro comportamenti, ma non ne possono fare a meno.
La nostra vita è permeata di contraddizioni e paradossi.
Quando ci occupiamo di fenomeni che hanno a che fare con il rapporto che la mente ha con la mente, con le altre menti, con la società, la logica lineare non funziona più perché io influenzo ciò con cui interagisco; introduco continuamente un cambiamento nella realtà che mi torna indietro. (Nardone, Balbi, 2008)
Il nostro funzionamento mentale è permeato di logiche non ordinarie e la nostra mente crea costantemente autoinganni che a volte risultano funzionali e altre molto disfunzionali.
Il cambiamento di secondo tipo, cioè quello percettivo, non comprende soltanto gli aspetti cognitivi ma anche e soprattutto quelli emotivi, questo significa che
il cambiamento non può esprimersi solo a livello di ristrutturazione cognitiva, ma in una ristrutturazione che ne alteri, sulla base di esperienze concrete provocate dall’intervento terapeutico, anche le emozioni. (Nardone, 1990)
Le esperienze concrete in grado di modificare la percezione della realtà da parte di un individuo, provocano un cambiamento a livello emotivo, cognitivo e comportamentale. (Nardone, Portelli, 2015)
Si rende necessario, quindi, che un intervento finalizzato a produrre un cambiamento di tale portata (cioè di secondo tipo) debba riuscire a creare nella percezione del soggetto un’esperienza diversa nella realtà che egli vive. A livello operativo si sostanzia una terapia in grado di influenzare il paziente nella direzione di esperienze concrete da vivere che permetteranno il “cambio di schema” necessario per il superamento del problema attraverso l’uso terapeutico di tecniche suggestive e stratagemmi che ricalchino la logica a volte paradossale a volte contraddittoria degli schemi che reggono il problema.
Questo tipo di intervento è reso possibile dall’adozione, nell’elaborazione delle strategie, di modelli logici inediti che vanno oltre la logica ordinaria e che si fondano su logiche non-ordinarie come paradosso, contraddizione e credenza.
L’essere umano quindi costruisce il proprio comportamento sulla base delle proprie e personali percezioni in un dinamismo a causalità circolare. Agendo sulle “tentate soluzioni disfunzionali” bloccando o modificandone la ricorsività, potremmo bloccare il circolo vizioso che alimenta e sostiene il problema e creare un cambiamento all’interno dell’omeostasi del sistema percettivo reattivo (SPR).
Il cambiamento effettivo prevede non solo il cambiamento delle cognizioni ma soprattutto quello delle percezioni le quali innescano emozioni che a loro volta influenzano le cognizioni ed i comportamenti. Tale cambiamento per essere effettivo deve passare attraverso concrete esperienze. (Nardone, 1995)