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Test grafici in ambito clinico e forense. Criticità, validità e problematiche – Intervista a Leonardo Abazia

I test grafici in ambito clinico e forense: Leonardo Abazia ci parla, in un'intervista, del suo nuovo libro dedicato ai testi grafici

Di Roberta De Martino

Pubblicato il 21 Lug. 2020

Leonardo Abazia, psicologo giuridico e psicoterapeuta presso l’UOPC di Napoli, Direttore dei Master in Perizia psicologica presso l’ICPG di Napoli, pubblica un nuovo testo, Test grafici in ambito clinico e forense. Criticità, validità e problematiche, che si pone come compendio critico e introduttivo ai test grafici.

 

Il testo è utilizzabile sia da un pubblico di neolaureati in psicologia, che iniziano a interfacciarsi con tali strumenti, sia da giovani colleghi psicologi, che già se ne avvalgono in ambito peritale e che potrebbero trarne giovamento soprattutto per quel che attiene le indicazioni di somministrazione e l’esplorazione degli aspetti critici.

 

Nella tecnica del disegno più che in altri metodi proiettivi, la teoria seguì il successo pratico, la validazione empirica precedette la costruzione di un sistema teorico.

Le parole di Karen Machover aprono il nuovo libro di Leonardo Abazia che, anche questa volta, si avvale della preziosa collaborazione di altri professionisti, in un lavoro corale e complesso.

Intervistatore (I): Da dove nasce l’esigenza di scrivere un ulteriore libro sui Test Grafici?

Leonardo Abazia (L.A.): Il testo nasce dalla volontà di rispondere alle tante domande poste dai discenti durante i corsi di psicodiagnostica svolti presso l’Istituto Campano di Psicologia Giuridica (ICPG) di Napoli, interrogativi che, dettati soprattutto dall’incertezza e da quell’alone di  problematicità che avvolge strumenti come i test grafici in ambito scientifico e psicologico, l’équipe afferente all’ICPG ha cercato di analizzare, in maniera sintetica e approfondita, in un testo unico. Per fare questo, sono stati analizzati i pareri pro veritate, le Consulenze Tecniche di Parte (CTP) e le Consulenze Tecniche d’Ufficio (CTU) che negli ultimi anni sono stati effettuati presso l’Istituto. Inoltre, si sono ricercati, in una bibliografia aggiornata, quegli elementi volti a confermare e/o disconfermare l’utilizzo così massiccio di questi test, troppo spesso spacciati per strumenti “oggettivi” sui quali  vengono costruite ipotesi diagnostiche. Il rischio, in questi casi, è che le suddette ipotesi vengano assunte come prove dalla magistratura o come validi elementi tecnici dagli avvocati a sostegno delle loro decisioni. L’utilizzo del sapere psicologico e, in particolare, gli strumenti scientifici utilizzati e ritenuti erroneamente oggettivi, devono sempre essere accompagnati da una definizione chiara ed esaustiva, dal loro valore euristico, da una loro validazione nel contesto in cui vengono utilizzati, dalla loro appartenenza a un’epistemologia e a una precisa teoria psicologica. Essi, infatti, acquistano significato e pregnanza solo se contestualizzati nella teoria di riferimento dalla quale nascono, traggono spunto e linfa vitale per esistere. Infine, l’attenzione è stata posta su alcune criticità che in ambito forense diventano veri e propri problemi, come l’attendibilità e la validità degli strumenti, le indicazioni per i quali sono stati costruiti e le procedure standardizzate di somministrazione.

La nostra categoria professionale è sicuramente quella che, più di ogni altra, possiede gli strumenti e le competenze, per approfondire gli aspetti legati alla psicodiagnosi, nonostante le criticità intrinseche ai test stessi. Purtroppo, fino ad oggi queste valutazioni psicodiagnostiche, in ambito giuridico, sono state effettuate e/o gestite da altre figure professionali come Medici Legali, Neuropsichiatri infantili e Psichiatri Forensi. Dunque, ho sentito la necessità di comunicare agli altri colleghi, l’importanza di svolgere con sempre maggiore autonomia un lavoro, come quello psicodiagnostico, i cui ambiti di intervento sono, per legge, ascrivibili al ruolo dello Psicologo.

Nel libro vengono esposti elementi, metodologie, ricerche, validazioni, per quanto attiene a cinque test grafici ripresi da vari libri specifici per ogni test e da un testo riconosciuto come fondante della letteratura nazionale, ossia Metodi e tecniche nella diagnosi della personalità. I test proiettivi di D. Passi Tognazzo (1999). Un lungo capitolo è stato dedicato ad otto casi di separazione nei quali sono stati somministrati, esposti e discussi il test congiunto della famiglia. Mentre nella seconda parte sono riportati ben 16 casi, sia clinici che forensi, nei quali sono stati utilizzati tutti e cinque i test.

I: Quali sono le difficoltà più grandi con cui si impatta in ambito forense e che il suo libro aiuta ad affrontare?

L.A.: La difficoltà più grande, con cui lo psicologo deve fare i conti è innanzitutto effettuare una corretta psicodiagnosi. Il complesso processo psicodiagnostico passa attraverso varie fasi e momenti come un buon colloquio clinico, un’attenta osservazione, una valorizzazione delle evidenze cliniche, ma anche un utilizzo corretto e critico dei test psicologici. Occorre procedere con un approccio metodologico molto rigoroso, seguendo dei criteri precisi, che abbiano una validità scientifica, ma che purtroppo non sempre sono disponibili. A oggi, risulta chiaro che le problematiche più roventi si sviluppino intorno a concetti come la validità, l’attendibilità, la costanza e la sensibilità dello strumento. Esiste, di fatto, un’evidente discrepanza tra l’ambito della ricerca e quello della pratica clinica: se, da una parte, le proprietà psicometriche indicano che tali strumenti non hanno, a volte, una buona validità, dall’altra, il loro utilizzo massiccio in ambito clinico potrebbe spingere il professionista a credere ciecamente nello strumento. Tuttavia, oltre alle criticità suddette, le tecniche proiettive vantano di fornire dati di qualità diversa rispetto a qualsiasi altro metodo, tra questi, il vantaggio di essere connotate da una direttività minore rispetto ad altri tipi di test e, dunque, la capacità, solitamente, di superare le difese consce del soggetto, permettendo un accesso privilegiato a informazioni psicologiche importanti, non altrimenti esplorabili e di cui il soggetto stesso non è consapevole.

I: Ancora una volta sceglie di collaborare con altri professionisti nella stesura del suo lavoro, in che modo avvengono tali collaborazioni e che valore aggiunto hanno portato al suo lavoro?

L.A.: La collaborazione con altri professionisti è sempre stata e rimane un elemento costante del mio lavoro. Chi come me opera in un ambito complesso come quello della Psicologia Giuridica, non può esimersi dal confrontarsi e dal collaborare con gli altri  esperti del settore. Ritengo, infatti, che il confronto sia l’unico modo, non solo per crescere, ma soprattutto per fronteggiare con passione e competenza le sfide che questo ambito di intervento richiede. In questo libro in particolare hanno collaborato giovani professionisti che, nel corso di questi anni, hanno lavorato con me nell’Istituto Campano di Psicologia Giuridica. In verità, trovo sempre molto stimolante il confronto con i giovani professionisti, poiché riescono, con la loro passione, con le loro idee, con la loro curiosità e in particolare con il loro pensiero critico, a stimolare un dibattito fecondo su argomenti, e a mettere in dubbio credenze a volte impropriamente consolidate.

I: Quale consiglio si sente di dare ai futuri professionisti che leggeranno questo suo libro?

L.A.: Voglio dire loro che è essenziale un atteggiamento critico e di disincanto nei confronti di tutti gli strumenti che si troveranno a utilizzare nel corso del loro lavoro. Ma questa fase deve necessariamente essere preceduta da un approfondimento dello studio degli strumenti che verranno impiegati. Fondamentale risulta la formazione: è importante che l’operatore si formi in maniera adeguata alla somministrazione e all’interpretazione dei test grafici, che impari a conoscere la reale utilità degli strumenti che andrà ad applicare, le potenzialità e i limiti insiti nelle prove stesse, con la consapevolezza che le conoscenze, soprattutto nell’ambito delle scienze umane, sono spesso relative e che nessun test è uno strumento infallibile.

Il buon utilizzo dei test in generale e dei metodi proiettivi in particolare dipende, soprattutto, dalla preparazione dell’esaminatore e dalla sua esperienza in ambito psicodiagnostico. È solo in presenza di tali elementi, infatti, che si possono ottenere risultati utili ai fini di una esatta valutazione o di un corretto inquadramento psicodiagnostico.

 

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Roberta De Martino
Roberta De Martino

Psicologa - Spec. in Psicoterapia Sistemico-Relazionale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Abazia, L. (2020) Test grafici in ambito clinico e forense. Criticità, validità e problematiche. Franco Angeli Edizioni
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