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L’illusione della conoscenza (2018) di Sloman e Fernbach – Recensione del libro

"L'illusione della conoscenza" invita a riflettere su quanto il mondo sia complesso per essere compreso eppure pensiamo di sapere più di ciò che sappiamo

Di Michele Pennelli

Pubblicato il 03 Giu. 2020

L’illusione della conoscenza è un libro che è diventato famoso nell’estate del 2019, quando il testo di Sloman e Fernbach fu di ispirazione per la traccia dell’esame di stato di quell’anno.

 

Il testo della Raffaele Cortina Editore è uscito in Italia, invece, nel 2018 destando il mio interesse già dal titolo e dalla copertina.

Il libro segue due binari paralleli e imprescindibili che risultano essere quelli della conoscenza e dell’ignoranza.

Gli autori descrivono una chiara definizione della conoscenza, intendendo, con questa, non la capacità di trattenere informazioni, ma la capacità di pensare dell’uomo in termini di individuo e di società.

L’ignoranza è invece trattata, non solo come l’assenza, ma sopratutto, come la presunzione dell’individuo di detenere la conoscenza.

Tra le dinamiche della conoscenza, del pensiero e dell’ignoranza, si organizzano e strutturano i bias cognitivi dell’essere umano che generano, secondo gli autori, l’Illusione .

Su questo percorso tracciato dagli autori, scorre, capitolo per capitolo, lo scibile umano rispetto ai processi del pensiero. Il vero protagonista è il pensiero ed il costrutto dell’intelligenza che si organizza all’interno del passaggio delle conoscenze tra individuo e comunità a cui esso appartiene.

I sistemi di adattamento umano basati sulla conoscenza risultano essere estremamente efficaci e risultano funzionare incredibilmente bene, a dispetto della capacità del singolo individuo di poter accedere al funzionamento completo dell’oggetto più semplice di cui si è a disposizione.

Il volume passa in rassegna tutta una serie di esperimenti e di ricerche atte a misurare il livello di ignoranza che influenza le persone indipendentemente dal loro livello socio culturale.

Non deve trarre in inganno il costrutto di ignoranza inteso come fenomeno dovuto semplicemente ad una mancanza di cultura, ma, piuttosto, legato alla difficoltà della nostra mente di rendere disponibile in un determinato spazio/contesto e tempo le informazioni, utili ad ottenere delle risposte adeguate.

Esplicativa la definizione di conoscenza dei due scienziati:

La conoscenza è il risultato della partecipazione alla comunità della conoscenza, l’incapacità di separare ciò che si trova nella testa di qualcuno da ciò che si trova nella testa degli altri.

Oltre a ciò – secondo gli autori – la maggior parte delle persone non è incline a padroneggiare i dettagli. La maggior parte di noi è nemica delle spiegazioni. Le nostre vite sono piene di situazioni nelle quali ci confrontiamo con cose che non comprendiamo realmente. Talvolta, Non ci rendiamo nemmeno conto che ci siano delle lacune nella nostra comprensione e, anche quando lo facciamo, spesso siamo troppo indifferenti o imbarazzati per chiedere aiuto.

Le considerazioni, che emergono leggendo queste definizioni, sono legate al mettere in discussione quanto noi non abbiamo sotto controllo gli oggetti e le dinamiche che ci circondano e quanto, invece, siamo piuttosto in balia della nostra ignoranza.

L’influenza della società sulle idee è maggiore rispetto all’opinione del singolo, ma con il passare del tempo ed il progredire della scienza è possibile che i detentori della conoscenza ufficiale siano meno influenzati dalle idee prevalenti della comunità e ciò può indurre a rifiutare alcune possibilità in favore delle pregresse conoscenze individuali.

Ad esempio, secondo gli autori, gli accademici sono dei maestri in questo tipo di Illusione di conoscenza.

La prima reazione a un’idea che mette in discussione la visione del mondo di un accademico è ignorarla: dare per scontato che non sia degna del tempo e della considerazione di nessuno. Se ciò non funziona, se la pressione della comunità obbliga a prendere in considerazione l’idea, gli accademici tirano fuori motivi per rifiutarla. Gli accademici sono formidabili nel giustificare la propria opposizione un’idea. Alla fine se l’idea è semplicemente troppo buona per essere respinta, se persiste nella comunità, gli accademici trovano il modo per affermare che la sapevano da sempre, perché è un’ovvietà.

La visione di base di questo libro è che il mondo è troppo complesso per essere compreso da un singolo individuo e trattenuto in una sola mente: ci sono troppe cose da sapere, ma l’idea centrale è che pensiamo di sapere più di ciò che sappiamo.

Il fatto che viviamo in una comunità della conoscenza non è certo rivoluzionario, ogni volta che poniamo a qualcuno una domanda facciamo affidamento sul fatto che questo abbia una risposta.

L’illusione di conoscenza nasce dal fatto che noi ci concentriamo sugli individui, sui loro poteri, talenti, abilità e risultati invece di considerare che siamo tutti parte di una comunità della conoscenza. Peggio ancora, prendiamo decisioni più o meno importanti e anche decisioni su come strutturare la nostra società che sovrastimano la nostra conoscenza e che non riescono a riconoscere quanta della nostra conoscenza dipende dagli altri ed, in tempi di Covid-19, mai affermazione fu più facilmente dimostrabile.

Questo libro ha tre argomenti centrali: l’ignoranza di illusione della conoscenza, la comunità della conoscenza e la conclusione a cui giunge, inevitabile, o meglio socratica: l’ignoranza è inevitabile, la felicità risiede spesso nell’occhio di chi guarda e le illusioni hanno la loro funzione.

La bellezza di questo libro è che invita, attraverso numerosi esempi, esperimenti replicabili e ricerche, a riflettere sull’importanza dei dubbi, su quanto la scienza e la conoscenza possano accrescere la nostra ignoranza piuttosto che le nostre sicurezze, che a volte le intenzioni di un essere umano sono più importanti di ciò che ottiene con le sue scelte.

Sopratutto, ci insegna che la conoscenza necessita di una presa di prospettiva rispetto agli altri, al tempo e allo spazio in cui pensiamo qualcosa.

La prospettiva interpersonale, la condivisione dell’intenzionalità tra gli individui, influenza maggiormente le nostre scelte, rispetto a ciò che gli individui pensano di padroneggiare in termini di contenuti personali, oggetti e persone che attraversano il mondo.

 

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SCRITTO DA
Michele Pennelli
Michele Pennelli

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Perfezionato in Psicopatologia dell’Apprendimento-Insegnante Mindfulness

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Sloman S. & Fernbach P. (2018). L'illusione della conoscenza. Raffaello Cortina Editore.
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