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La scoperta dell’intelligenza. Alfred Binet e la storia del primo test (2019) di E. Cicciola – Recensione del libro

La scoperta dell’intelligenza restituisce un’immagine articolata di A. Binet, più ampia di quella legata alla sola costruzione dei test di intelligenza

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 03 Dic. 2019

La scoperta dell’intelligenza racconta i contributi di Binet, i cui meriti storici sono legati soprattutto alla fondazione dell’Année Psychologique, la prima rivista francese interamente dedicata alla psicologia scientifica e al test di intelligenza messo a punto, pubblicato come Scala metrica dell’intelligenza.

 

Il nome di Binet è (o dovrebbe essere) noto a tutti gli studenti e i cultori di psicologia come quello dell’autore del primo test di intelligenza infantile (la scala di Binet o scala di Binet-Simon). Tuttavia, Alfred Binet (nato Alfredo Binetti) non è certo stato oggetto di una mole di studi monografici minimamente proporzionale alla sua importanza storica. Si tratta peraltro di un destino che lo accomuna a tutti i numerosi grandi personaggi della psicologia, della psichiatria e della psicoterapia francesi di fine Ottocento. Una storiografia incentrata sul mondo anglosassone e su quello germanofono ha posto a lungo in secondo piano tanto Binet quanto personaggi come Théodule Ribot (l’iniziatore della psicologia scientifica francese), Paul Dubois (che inventò una psicoterapia di tipo cognitivista cinquant’anni prima di Albert Ellis), Hippolyte Bernheim (che praticò una psicoterapia ipno-suggestiva, influenzando gli inizi della psicoanalisi). Addirittura Pierre Janet, il vero padre della psicoterapia moderna, tuttora attende una vera e propria rivalutazione; mentre Jean-Martin Charcot viene ricordato spesso solo perché occasione della svolta decisiva degli interessi del giovane Freud.

Di fatto, questa monografia di Elisabetta Cicciola è la prima dedicata integralmente a Binet, e non solo, in lingua italiana e fortunatamente colma la lacuna in modo più che adeguato. Restituisce infatti dello psicologo francese un’immagine articolata, un ruolo storico più ampio di quello – pur fondamentale – di iniziatore degli studi per la costruzione dei test di intelligenza.

Ciò che in senso assoluto caratterizzò il percorso teorico di Binet fu essenzialmente un solido ancoraggio empirico-sperimentale: sue espressioni tipiche erano: l’anima della psicologia sperimentale è il controllo; piccoli fatti raccolti di prima mano; il futuro della psicologia è nei piccoli fatti. L’esperimento, tuttavia, aveva senso in quanto si caratterizzava per la misurazione, secondo Binet:

Lo scopo della scienza è considerare ogni fenomeno come una grandezza e applicare una misura a questa grandezza. Ogni scienza progredisce più o meno rapidamente verso questo ideale matematico.

I suoi interessi furono estremamente vari. La psychologie du raisonnement (La psicologia del ragionamento, 1886) si inseriva nella tradizione francese di ispirazione associazionista dei Taine e dei Ribot (che negli stessi anni pubblicava monografie sulla memoria, la volontà e l’attenzione). Etude de psychologie expérimentale (Studio di psicologia sperimentale, 1888) aveva un titolo piuttosto vago (e che risentiva ancora dell’accezione ribotiana di sperimentale semplicemente come non-filosofico; cfr. Innamorati, 2005) ma conteneva spunti diversi e interessanti, compresa una sezione sul feticismo, che peraltro è disponibile anche tradotta in italiano (Binet, 2005). On Double Consciousness (Sulla doppia coscienza/personalità, 1890) e Les altérations de la personnalité (Le alterazioni della personalità, 1892) si concentravano sulla personalità multipla e altri temi studiati all’epoca sia da Ribot che da Pierre Janet, che da poco aveva pubblicato L’automatismo psicologico (Janet, 1889), vero punto di svolta del suo pensiero in psicopatologia.

Tuttavia già si vedeva nelle nuove opere di Binet un certo distanziamento dalla tradizione associazionista che aveva segnato i suoi esordi. Nel 1891, del resto, Binet aveva iniziato un’attività sperimentale vera e propria nel primo laboratorio di psicologia fisiologica francese all’Ecole Pratique des Hautes Etudes di Parigi, diretto dal 1899 da Henri Beaunis. Binet, dapprima volontario, ne divenne condirettore nel 1892 e poi direttore unico, al posto di Beaunis, a partire dal 1894. Proprio nel 1894 uscivano La psychologie des grands calculateurs (La psicologia delle persone dotate dei grandi calcolatori) e Introduction à la psychologie expérimentale (Introduzione alla psicologia sperimentale), nei quali Binet esponeva tra l’altro le proprie ricerche sugli individui dotati di eccezionali capacità di memoria e di calcolo. In effetti, sottolinea Cicciola, nella tradizione di ricerca tedesca le ricerche esperimentali volgevano unicamente su individui normali (tanto che sperimentatore e soggetto sperimentale, spesso ambedue studenti universitari, potevano sovente scambiarsi il ruolo); al contrario Binet condusse studi anche sui giocatori di scacchi, i grandi calcolatori, i prestigiatori, gli attori, i drammaturghi, i pittori, gli artisti e gli alienati. I ‘soggetti sperimentali’ di Binet appartenevano dunque a un’ampia gamma di individui a volte ‘ordinari’ e altre volte invece ‘straordinari’ (p. 65).

Sempre a partire dagli anni Novanta dell’Ottocento, Binet iniziava a occuparsi di psicologia infantile e pedagogia. I primi frutti di questo nuovo impegno furono La fatigue intellectuelle (La fatica intellettuale, 1899), in cui Binet raccoglieva i propri risultati empirici sull’influenza del lavoro mentale sull’affaticamento anche fisico; La suggestibilité (La suggestionabilità, 1900), dedicato alla psicologia della testimonianza infantile. Uno studio che anticipava singolarmente Jean Piaget fu L’étude expérimentale de l’intelligence (Lo studio sperimentale dell’intelligenza, 1903), dove Binet raccoglieva i frutti di ricerche longitudinali sullo sviluppo intellettuale delle figlie. Scrive al riguardo Cicciola:

La metodologia utilizzata fu ampia e incrociata allo scopo di ottenere un controllo significativo […] Non erano rari inoltre i momenti in cui egli arrivava perfino a ingannare i soggetti sperimentali pur di ottenere delle risposte autentiche. Binet fu in tal senso un vero ‘affabulatore’, arrivando spesso a svelare il ‘vero’ tramite l’imbroglio(p. 52).

Ma Binet non finì mai di ampliare il proprio eclettico orizzonte: in L’âme et le corps (L’anima e il corpo, 1905) oltre agli studi sperimentali confluivano considerazioni di ordine filosofico sui rapporti tra fisico e mentale; in Les révélations de l’écriture d’après un control scientifique (Le rivelazioni della scrittura sulla base di un controllo scientifico, 1906), Binet esponeva invece le proprie ricerche nell’ambito della grafologia, disciplina che, nata in Francia con Jean-Hippolyte Michon, aveva ricevuto un forte impulso grazie alla pubblicazione, nel 1888, di La scrittura e il carattere, di Jules Crépieux-Jamin (che diventò famoso per la perizia con cui dimostrò l’innocenza di Dreyfus, l’ufficiale ebreo ingiustamente accusato di tradimento).

Ma i meriti storici di Binet sono legati soprattutto alla fondazione (con Beaunis) dell’Année Psychologique, la prima rivista francese interamente dedicata alla psicologia scientifica, tuttora in vita; e al test di intelligenza messo a punto con Simon nel 1904 e pubblicato per la prima volta proprio sull’Année Psychologique nel 1905, come Scala metrica dell’intelligenza. Il test nasceva dalla necessità (soprattutto a un fine pedagogico) di uscire dalla vaghezza della terminologia messa a punto dagli alienisti per classificare un’intelligenza anormale, soprattutto nei bambini. All’epoca si distingueva tra ‘idioti’, ‘imbecilli’ e ‘deboli mentali’ (in ordine decrescente di gravità) ma nessun criterio preciso consentiva una distinzione sensata e condivisa tra diversi periti. Binet e Simon realizzarono un metodo di diagnosi differenziale in grado di fissare il livello intellettivo dei bambini arretrati, confrontandolo con quello dei bambini della stessa età o con un livello analogo (p. 163).

La scala comprendeva nella sua versione originale trenta brevissime prove di difficoltà crescente, finalizzate a classificare la capacità dei bambini di giudicare, comprendere, ragionare, le tre modalità di espressione dell’intelligenza secondo Binet e Simon. Il test conobbe due revisioni, nel 1908 e nel 1911 (l’ultima versione fu firmata soltanto da Binet, per ragioni storicamente non chiarite). Già dalla seconda versione, tuttavia, la Scala assumeva l’aspetto di un vero e proprio test, nel senso moderno, e soprattutto la misura non aveva più come riferimento il rapporto tra normalità e anormalità ma si basava sul concetto di ‘età mentale’:

Gli autori decisero di assegnare a ogni prova un ‘livello di età’, definito come l’età più giovane alla quale un bambino di intelligenza normale dovrebbe essere in grado di completare il compito con successo. Il bambino iniziava il test con compiti per l’età più giovane e procedeva finché non era più in grado di completarli. L’età associata con gli ultimi compiti che poteva affrontare corrispondeva alla sua ‘età mentale’ e il livello intellettivo generale era calcolato sottraendo l’età mentale dalla reale età cronologica (p. 181).

La scala venne a questo punto adattata anche per l’età adulta e Binet previde giustamente le sue grandi potenzialità applicative anche in ambito giudiziario e militare. In effetti, una versione adattata del test venne utilizzata già durante la Prima guerra mondiale negli Stati Uniti, rendendo assai più efficiente l’operazione di reclutamento. Fu questo a risultare poi l’impulso decisivo nelle ricerche testologiche sull’intelligenza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cicciola E., La scoperta dell’intelligenza. Alfred Binet e la storia del primo test (2019). Fefè, Roma.
  • Binet, A. (2005), Il feticismo in amore, tr. it. ETS, Roma.
  • Innamorati, M. (2005), Il meccanismo intimo dello spirito. La psicologia di Théodule Ribot nel suo contesto storico, Franco Angeli, Milano.
  • Janet, P. (1889), L’automatismo psicologico, tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2013.
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