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Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933-1959 – Recensione del libro

Psicologia analitica in esilio: il difficile lavoro di ricostruzione di una versione del libro più conforme possibile al lavoro originale di Liebscher

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 12 Nov. 2019

Nel quadro generale della Jung-Renaissance, la pubblicazione del carteggio tra Carl Gustav Jung e Erich Neumann rappresenta un evento importante per i cultori della psicologia analitica. Costituisce infatti una testimonianza dell’intenso rapporto tra Jung e colui che viene quasi universalmente riconosciuto come il suo più importante allievo.

 

Quella che potrebbe essere definita una vera e propria “Jung Renaissance” continua a riservare importanti sorprese. Dopo la pubblicazione del Libro rosso, dieci anni fa, sono apparsi, e sono stati rapidamente tradotti in italiano, nuovi epistolari e nuove trascrizioni dei Seminari, cioè delle lezioni che Jung teneva in forma privata per i suoi allievi (salvo quello su I sogni dei bambini, tenuto all’Università di Zurigo; sulle altre uscite recenti di opere junghiane, mi permetto di rimandare a Innamorati, 2018). Né questa ondata sembra avere termine, dato che grazie all’infaticabile lavoro di Sonu Shamdasani, il massimo esperto vivente di Jung, appariranno ben presto due ulteriori vere e proprie perle della collana degli inediti. Nel 2020, infatti, vedrà la luce la prima edizione del Libro nero, cioè di quella sorta di diario della pratica dell’immaginazione attiva, solo una parte del quale venne trascritta nel Libro rosso. Presumibilmente nel 2021, invece, saranno pubblicati i protocolli originali delle interviste che Aniela Jaffè condusse a Jung, per la redazione della cosiddetta autobiografia junghiana, cioè Ricordi, sogni, riflessioni (Jung, 1961). Come è noto, infatti, solo la primissima parte di quest’ultimo libro è direttamente riconducibile alla mano di Jung, mentre per il resto la sua segretaria Jaffé ricorse a propri appunti, basati su conversazioni che non vennero riportate, a quanto pare, in modo completamente fedele.

Nel quadro generale della Jung-Renaissance, la pubblicazione del carteggio tra Carl Gustav Jung e Erich Neumann rappresenta un evento importante per i cultori della psicologia analitica. Costituisce infatti una testimonianza dell’intenso rapporto tra Jung e colui che viene quasi universalmente riconosciuto come il suo più importante allievo. Edito per la prima volta in traduzione inglese nel 2015, l’epistolario Jung-Neumann ha avuto nella versione italiana una storia travagliata, prima di vedere definitivamente la luce quest’anno. L’editore Moretti & Vitali ha infatti pubblicato in prima istanza il libro nel 2016, con una copertina che recava “edizione italiana a cura di Luigi Zoja”. Ritirato rapidamente dal commercio, per imposizione della Fondazione Philemon, che cura le nuove edizioni junghiane, il libro è stato riedito quest’anno in una nuova veste, che riporta invece sotto il titolo “Edizione e introduzione a cura di Martin Liebscher”. Vale la pena di spiegare qual è la differenza tra il volume pubblicato tre anni fa e quello uscito quest’anno, in modo da comprendere la durissima reazione della Fondazione, di Shamdasani e di Liebscher di fronte alla “versione Zoja” del lavoro (Shamdasani, 2018; Liebscher, 2018).

Liebscher, che collabora da anni fianco a fianco con Shamdasani, allo University College London, aveva compiuto un lavoro estremamente accurato nelle edizioni da lui curate in inglese e tedesco. Non soltanto aveva trascritto (e tradotto) gli originali (in parte dattiloscritti e in parte manoscritti), ma aveva corredato il lavoro di un ampio saggio introduttivo e di un ponderoso apparato filologico e esplicativo, basato anche su materiale inedito (lettere di Jung accessibili solo negli archivi), che francamente non abbisognava di alcuna modifica. Al contrario, Luigi Zoja, nella qualità di curatore della versione 2016 dell’epistolario in italiano, decideva di intervenire sul lavoro di Liebscher. Così infatti orgogliosamente scriveva Zoja:

Per l’edizione italiana è stato svolto un ampio lavoro sulle note: molte sono state riadattate, alcune spostate e oltre 150 sono state aggiunte (queste ultime sono contrassegnate con ndt). Nel tentativo di accompagnare il lettore durante l’intero percorso, l’ampio saggio di Martin Liebscher è stato spezzato in tre parti: i primi capitoli sono stati posti all’inizio del carteggio, quelli riguardanti la pausa dovuta alla guerra al centro, e l’ultimo, che tratta dell’eredità di Neumann, dopo l’ultima lettera (ed. 2016, p. 19).

Lo scopo implicito ma evidente di “spezzare” in tre l’introduzione originale era quello di giustificare l’aggiunta di un ulteriore saggio introduttivo (“Prefazione all’edizione italiana”, ed. 2016, pp. 23-39), firmato dallo stesso Zoja, la cui utilità risultava però francamente discutibile. Zoja, va ricordato, è una figura tutt’altro che secondaria nel panorama junghiano non solo italiano, ma anche internazionale. Già presidente dello IAAP (cioè dell’associazione mondiale che raccoglie gli analisti junghiani), è autore di libri degni della massima considerazione, tra i quali si può ricordare almeno Il gesto di Ettore (Bollati Boringhieri), dedicato alla paternità. Non è quindi del tutto incomprensibile che la sua prefazione inizi con le parole “In diverse occasione ho ricordato che la psicoanalisi è stata una delle grandi rivoluzioni del XX secolo”, parole che sotto la penna di molti altri apparirebbero un po’ fuori luogo, nel voler introdurre le lettere tra due geni della psicologia del profondo in modo autoreferenziale. Ciò che però colpisce è che le pagine seguenti non aggiungano granché al saggio di Liebscher (cui più volte rimandavano), salvo voler interpretare la prima parte del carteggio come una sorta di proseguimento dell’analisi di Neumann con Jung:

Se in modo semi-consapevole i due tentarono un nuovo esperimento nel proseguire una analisi per iscritto, mai tentativo così difficile raggiunse un risultato così profondo. Durante questo rapporto il transfert del paziente e il controtransfert (detto anche transfert dell’analista) raggiunsero intensità e profondità difficilmente eguagliate nella storia dell’analisi. E non casualmente, proprio come in un’analisi, le lettere di Neumann includono anche sogni e immaginazioni (ed. 2016, p. 31).

Strana analisi sarebbe, però, quella in cui l’analizzando: critica l’analista e le critiche non vengono interpretate in senso transferale (cioè sul piano del rapporto), ma obiettivo (cioè sul piano del contenuto); formula precise domande e riceve specifiche dirette risposte; imposta il dialogo sul piano culturale e non viene deviato sul piano personale. Che poi il rapporto tra un maestro e un allievo (per quanto originale) sia sempre e comunque riconducibile a un fenomeno di transfert, può essere certo ammesso; ma difficilmente si troveranno elementi proiettivi, tracce di idealizzazione (come di svalutazione, del resto) nelle parole scritte da Neumann: questi, anzi, mostra una notevole obiettività nei confronti di Jung.

Veniamo invece al “lavoro sulle note”, che essendo marcare “ndt” coinvolgono anche la traduttrice Elisabeth Zoja. Confrontando l’edizione 2016 con quella 2019 si osserva che il numero delle pagine rimane costante (448 contro 449; uguale il numero di sedicesimi stampati). Questo significa che per non ampliare la lunghezza del volume, dopo aver inserito venti pagine di ulteriore introduzione, si poneva il problema di tagliare una parte dell’apparato critico originale; problema ulteriormente appesantito dalle “oltre 150” note aggiunte per l’occasione alle 700 circa originali. A cosa serviva compiere un simile lavoro? Presumibilmente a simulare che la curatela italiana avesse arricchito in qualche modo il lavoro compiuto da Liebscher, cosa che viene smentita ampiamente da un confronto tra l’edizione italiana del 2016 e quella del 2019 (che in pratica ripristina tutte le note originali, pur se lasciando in essere una parte delle 150 a suo tempo aggiunte).

Non è nostra intenzione proporre un resoconto sistematico delle differenze tra le due edizioni. Oltre a costituire una fatica improba ciò risulterebbe in uno scritto di assurda lunghezza e nessuna utilità pratica per il lettore eventuale. Offriremo però un piccolo campione di quanto era stato tagliato e quanto era stato introdotto nella prima versione italiana del carteggio. Premettiamo che, salvo non venga diversamente specificato, si farà riferimento alla numerazione delle note contenuta nell’edizione 2019.

Prendiamo come primo esempio la lettera 4N, cioè la prima lettera di Neumann di una certa importanza. Nel corso del testo vengono nominati tre personaggi importanti: Toni Wolff, Gustav Bally e Gerhard Adler, ai quali Liebscher aveva dedicato tre lunghe note. Ebbene, Zoja decideva di tagliare dieci righe dalla nota su Toni Wolff (n. 156) e di eliminare totalmente le note su Bally (n. 157) e Adler (n. 166). Dei tre, il lettore di Jung è più probabile che conosca la prima, a lungo collaboratrice e amante di Jung; la parte tagliata della nota conteneva però, tra l’altro, un’informazione certo non secondaria: il fatto che Neumann e Wolff rimasero in contatto epistolare fino alla morte di quest’ultima. Bally viene nominato di passaggio da Neumann a proposito di una controversia che ebbe con Jung. La nota (oltre a identificare Bally nel contesto storico) chiariva che si trattava di uno scambio di idee pubblicato sulla Neue Zürcher Zeitung (Bally, 1934; Jung, 1934b) a proposito del presunto antisemitismo dimostrato da Jung nel controverso scritto Situazione attuale della psicoterapia (Jung, 1934a). Per quanto la questione sia accennata in parte da Liebscher anche nel saggio introduttivo, certamente si tratta di informazioni che il lettore non iper-specialista merita di trovare in questo contesto. Anche Gerhard Adler è personaggio piuttosto noto ai cultori della psicologia analitica, ma trovare qualche notizia sui rapporti che intrattenne con Neumann difficilmente può essere considerato superfluo. Altre note eliminate da Zoja riguardano il sionismo (n. 170) e il movimento chassidico (n. 169; la nota specifica ricorda tra l’altro come all’argomento Neumann dedicò una conferenza e forse parti di un manoscritto perduto). Altre note di Liebscher venivano invece inutilmente amputate; in particolare quella che tenta di chiarire cosa intenda in un certo passaggio Neumann per “prospettiva goethiana” (n. 84).

Prendiamo come secondo esempio la lettera 5N. Qui Neumann allude per diverse righe al “dottor Kirsch”, a un suo articolo del quale Jung “avrà sicuramente sentito parlare”, a una replica dello stesso Neumann e a un contatto epistolare tra Jung e Krsch. Non si capisce perché il lettore italiano dovesse essere privato delle note che identificano il personaggio cui si allude nell’analista James Isaac Kirsch (n. 186), di quale articolo si trattasse e in che modo Neumann avesse risposto (n. 187); nonché della prima nota che illustra l’esordio dei contatti epistolari tra Jung e Kirsch (n. 188). Anche soppressa risultava la nota su Eva Kirsch (n. 162), moglie di James e a sua volta analista. Neumann cita anche uno scritto di Hugo Rosenthal, pedagogista ebreo tedesco non particolarmente noto al pubblico italiano, cui Liebscher dedica giustamente un’altra nota (n. 190), anch’essa soppressa originariamente dagli Zoja. Questi invece inserivano, per esempio, nell’apparato relativo alla stessa lettera, una nota sulle “funzioni” (pensiero, sentimento, sensazione, intuizione) nei Tipi psicologici di Jung, una che accenna alle differenze tra interpretazione freudiana e junghiana dei sintomi nevrotici, un’altra che chiarisce cosa siano i Protocolli dei Savi di Sion (nell’edizione del 2016, sono rispettivamente le nn. 162, 167, 166). Nei primi due casi si tratta di questioni da una parte ben note al lettore di Jung, dall’altra non certo sintetizzabili efficacemente in poche righe. Quanto ai Protocolli, il cui infausto titolo è conosciuto da chiunque abbia minimamente approfondito la questione “antisemitismo”, ampie informazioni sono reperibili in rete senza alcuno sforzo.

Si sarebbe potuto almeno sperare che la curatela italiana, presentandosi come lavoro ulteriore rispetto all’edizione originale, proponesse una particolare accuratezza nel lavoro. Così però certamente non è. Un paio di esempi al riguardo sono le note 269 e 271 alla lettera 8N. Assenti nell’edizione 2016, tali note vengono ripristinate sciattamente in quella 2019. Vi sono infatti contenute citazioni da Engels, Marx e Heine, che vengono riportate in inglese. Trattandosi di autori di lingua tedesca e nella fattispecie di opere delle quali esiste una traduzione italiana edita, la scelta può essere tacciata almeno di superficialità (sono state riportate le citazioni come si presentano nell’edizione in lingua inglese del Carteggio).

Rispetto a questi marginali difetti, comunque, lo sforzo di ricostruire una versione del libro più conforme al lavoro originale di Liebscher è stato compiuto sostanzialmente con successo. Bisogna esprimere la massima gratitudine agli editori Moretti & Vitali per aver reso disponibile l’opera in italiano e per essersi accollati l’impegno di stamparla due volte, non certo per propria colpa. Sul contenuto di Psicologia analitica in esilio ci ripromettiamo di tornare, dando un seguito a questa recensione.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bally, G. (1934), Deutschstämmige Therapie [Terapia di ceppo tedesco], Neue Zürcher Zeitung, 343, 27/2/1934.
  • Innamorati, M. (2018), Recenti edizioni italiane di opere di Carl Gustav Jung, in Physis, 52, 1-2, pp. 411-427.
  • Jung, C. G. (1934a), Situazione attuale della psicoterapia, trad. it. in Opere, vol. 10/2, Boringhieri, Torino 1985, pp. 227-245.
  • Jung, C. G. (1934b), Attualità: replica all’articolo del dottor Bally, “Terapia di ceppo tedesco”, trad. it. in Opere, vol. 10/2, Boringhieri, Torino 1985, pp. 249-258.
  • Jung, C. G. e Neumann E. (2016). Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933-1959, edizione italiana a cura di Luigi Zoja, Moretti & Vitali, Bergamo.
  • Jung, C. G. e Neumann E. (2019). Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933-1959; edizione e introduzione a cura di Martin Liebscher, trad. it. Moretti & Vitali, Bergamo 2019.
  • Jung, C. G. (1961), Ricordi, sogni riflessioni, a cura di Aniela Jaffè, trad. it. Il Saggiatore, Milano 1965.
  • Liebscher, M. (2018), Comunicazione personale.
  • Shamdasani, S. (2018), Comunicazione personale.
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