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Un altro organo per regolare le reazioni di stress: le ossa!

I ricercatori hanno testato il ruolo dell’osteocalcina nel coordinamento dei processi fisiologici che darebbero origine alle reazioni acute allo stress

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 25 Set. 2019

Anche lo scheletro, come i circuiti cerebrali, si sarebbe evoluto per consentire ai vertebrati di fronteggiare stress e pericoli, soprattutto nella fase acuta quando cioè il pericolo è imminente e vi è l’urgenza da parte dell’animale di una reazione.

 

Adrenalina. Questa parola è sinonimo di eccitazione, agitazione, dell’intero nostro corpo che si prepara all’attacco o alla fuga, del respiro affannoso, della vista che si acuisce, dei pensieri che corrono velocemente nella mente, della temperatura corporea che aumenta, del cuore che comincia a battere all’impazzata.

Una volta prodotta dalle ghiandole surrenali, l’adrenalina entra in circolo nel flusso sanguigno raggiungendo organi e muscoli periferici rendendo possibile la reazione dell’organismo a fronte di un pericolo imminente.

La detezione e la successiva esposizione a uno stimolo esterno valutato come pericoloso e minaccioso comportano l’attivazione repentina e selettiva dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) da parte dell’amigdala (Calhoon & Tye, 2015). A partire dall’amigdala, l’attivazione dell’asse HPA porta alla secrezione e al rilascio di ormoni glucocorticoidi – tra i più famosi vi troviamo il cortisolo, l’ “ormone dello stress” – che contribuiscono alla modulazione del sistema nervoso autonomo di tipo simpatico, ultimo coordinatore delle reazioni acute allo stress.

In parallelo agli studi di approfondimento dei circuiti neurali legati alla paura, nel 2009 il gruppo di lavoro della Columbia University, guidato da Gerardm Karsenty, ha investigato la funzione del sistema endocrino nell’innesco dei processi fisiologici caratterizzanti le reazioni a eventi stressanti scoprendo l’interessante e sorprendente ruolo dell’osteocalcina nel favorire l’aumento della produzione di testosterone, del metabolismo energetico (Yadav, Karsenty et al., 2009) per supportare l’animale nell’attacco o nella fuga di fronte al pericolo e di alcune capacità mnestiche (Oury, Khrimian, Denny et al., 2013): l’animale infatti necessita di codificare in memoria e successivamente di recuperare informazioni pregresse, emotivamente salienti, circa l’ambiente in cui si trova e le potenziali minacce presenti con lo scopo ultimo di sopravvivere.

Pertanto, a partire da questi dati, la sua équipe di lavoro ha voluto approfondire l’ipotesi per la quale anche lo scheletro, come i circuiti cerebrali, si sarebbero evoluti per consentire ai vertebrati di fronteggiare un pericolo, soprattutto nella fase acuta quando cioè quest’ultimo è imminente e vi è l’urgenza da parte dell’animale di una reazione.

Per testare il ruolo dell’osteocalcina nel coordinamento dei processi fisiologici che darebbero origine alle reazioni acute allo stress, Berger, Karsenty del dipartimento di genetica della Columbia University e colleghi del Metabolic Research Laboratory afferente al National Institute of Immunology di New Delhi, hanno utilizzato un modello sperimentale animale che prevedeva l’utilizzo di due gruppi di roditori, di cui uno geneticamente modificato per non produrre osteocalcina, e diverse misurazioni elettrofisiologiche complesse per la registrazione dell’attività nervosa simpatica degli animali e dei loro livelli ormonali presenti nella circolazione sanguigna (Berger, Singh, Khrimian et al., 2019).

Le evidenze ottenute, pubblicate recentemente su Cell Metabolism, sono state ottenute confrontando le reazioni d stress dei due gruppi di topi, precedentemente condizionati in modo avversivo, a fronte di uno shock elettrico.

A seguito della somministrazione dello shock elettrico, il gruppo di topi, geneticamente modificati per non produrre osteocalcina, a malapena manifestava una reazione avversiva di paura rispetto al secondo gruppo, che a sua volta, in modo sorprendente, presentava un incremento delle risposte fisiologiche sotto forma di aumento della temperatura, della frequenza respiratoria e del battito cardiaco, dopo la somministrazione tramite iniezione di osteocalcina, senza che vi fosse stata l’esposizione allo shock elettrico: è apparso da subito evidente come la mera somministrazione di osteocalcina, senza la presenza di un trigger esterno minaccioso, sia stata sufficiente a determinare quei medesimi livelli di attivazione fisiologica esperiti dagli animali nella fase precedente di condizionamento avversivo.

I dati fisiologici di attivazione animale determinati dalla presenza/assenza di osteocalcina hanno suggerito come, una volta avvenuta la detezione di uno stimolo minaccioso da parte degli organi percettivi preposti e l’attribuzione di una salienza negativa da parte dell’amigdala allo stimolo ambientale, immediatamente quest’ultima tramite segnali chimici aumenti la ricaptazione di glutammato da parte degli osteoblasti, le cellule ossee, che a loro volta rilasciano osteocalcina; questa va ad inibire l’attività del sistema parasimpatico favorendo di conseguenza la reazione fisiologica simpatica di stress (Berger, Singh, Khrimian et al., 2019).

Tutto ciò a sostegno di come lo scheletro si sia in parte evoluto nel corso del tempo per incrementare ulteriormente la capacità dei vertebrati di rispondere efficacemente ad un ambiente esterno imprevedibile ed ostile andando a potenziare le reazioni fisiologiche attivate dal sistema nervoso autonomo simpatico tramite la bioattivazione dell’osteocalcina.

In conclusione, non sarebbe l’adrenalina ad avere un ruolo cruciale nel determinare il passaggio da uno stato di “riposo” ad uno di attivazione fisiologica, bensì l’osteocalcina e ciò spiegherebbe la ragione per cui alcuni soggetti ai quali sono state asportate entrambe le ghiandole surrenali a causa di gravi condizioni mediche, continuino ad esperire intense reazioni fisiologiche assimilabili a quelle di paura.

 

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