Cicala, il nuovo libro illustrato di Shaun Tan uscito l’11 ottobre per Tunuè, è un racconto spietato sulla solitudine degli impiegati che vivono la frustrazione di non vedere mai i propri sforzi riconosciuti sul posto di lavoro.
Il Sig. Cicala è il protagonista di queste intense 40 pagine illustrate, una cicala umanoide che vive, giorno dopo giorno, una condizione di alienazione lavorativa, di isolamento sociale e situazioni di mobbing al limite del maltrattamento.
Cicala: 17 anni di indifferenza e mobbing
Cicala lavora per 17 anni come impiegato in un’azienda che si occupa di immissione dati, non perde un giorno di lavoro e non commette mai errori. Nonostante la sua dedizione al lavoro, Cicala non riceve mai una promozione, perché considerata non umano e, data la sua natura animalesca, è costretto a raggiungere i bagni pubblici in centro perché l’azienda non è attrezzata per le sua necessità. Questo comporta per Cicala un dispendio di tempo con conseguente detrazione dello stipendio. Inoltre, Cicala è vittima di soprusi e angherie da parte dei colleghi umani, che lo considerano inferiore e si prendono gioco di lui, fino al maltrattamento fisico. Cicala subisce questa situazione passivamente, senza mai ribellarsi e senza far valere i suoi diritti. Non può nemmeno permettersi una casa in cui vivere, perciò dorme tra le mura dell’azienda, circondato dall’indifferenza dei suoi superiori.
Cicala: alla fine, la liberazione
Dopo 17 lunghi anni arriva per Cicala il momento della pensione. Nessun gesto di commiato, nessun ringraziamento, nessun saluto da parte dei colleghi, solamente l’invito a sgomberare la scrivania. Ecco il precipizio. Cicala non ha più un lavoro e nel frattempo non ha coltivato altro. Non ha famiglia, non ha amici, è senza soldi. Decide così di salire sul tetto di un alto edificio per dire addio alla sua esistenza. Improvvisamente accade qualcosa di magico.
Cicala si trasforma in tante piccole cicale colorate che spiccano il volo, pronte a ricongiungersi con la foresta e a riconquistare la loro vera natura. Un potente atto di liberazione, in cui le cicale si prendono gioco della prigionia a cui spesso si sottopongono gli esseri umani.
Il finale del libro può essere interpretato in diversi modi, ma è difficile non intravedere una feroce metafora dell’atto suicidario come gesto estremo di liberazione, guidato in certi casi da una forte componente di rivalsa narcisistica e rabbiosa. Cicala, nel suo farsi beffa degli umani, trova una strategia che gli permette di non rendersi conto di quanto l’atteggiamento passivo, unito alle aspettative di riconoscimento, abbiano giocato un ruolo nel mantenerlo ancorato alla sua prigionia.
Un libro forte e a tratti inquietante, che senza mezzi termini racconta la storia di una condizione sociale e lavorativa piuttosto frequente e che, unita a certi tratti di personalità, può giungere a conclusioni drammatiche.