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Le mani in pasta. Riconoscere e curare il disturbo selettivo dell’alimentazione in infanzia e prima adolescenza (2018) – Recensione del libro

Le mani in pasta è un volume che racconta come riconoscere e curare il disturbo selettivo dell'alimentazione in infanzia e prima adolescenza.

Di Giulia Citarelli

Pubblicato il 06 Dic. 2018

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:04

Il volume Le mani in pasta. Riconoscere e curare il disturbo selettivo dell’alimentazione in infanzia e prima adolescenza, curato da Laura Dalla Ragione e Paola Antonelli è incentrato sulla delicata questione dei disturbi del comportamento alimentare nell’infanzia e nella prima adolescenza esplorata attraverso una prospettiva complessa che dà voce a ciascuno dei poli relazionali che intervengono a vario titolo nell’insorgenza e nella cura di un comportamento alimentare problematico.

 

In effetti, se molto è stato scritto rispetto ai disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale ed adulta, non si riscontrano nel panorama attuale testi che si occupino in maniera specifica della fascia infantile, a fronte di un preoccupante abbassamento dell’età di insorgenza di queste problematiche che si è spostata al di sotto i 14-15 anni, interessando sempre più bambine e bambini di 10-11 anni.

Risulta, pertanto fondamentale, come sottolinea Laura Dalla Ragione, per gli operatori che si interessano di queste tematiche – medici, pediatri, psicologi, psichiatri e nutrizionisti:

costruire percorsi assistenziali che tengano conto dell’età dei pazienti e programmi di prevenzione familiari e scolastici per riconoscere e/o prevenire un disturbo così insidioso il cui esordio precoce comporta alti rischi di compromissioni organiche e psicologiche.

La premessa che orienta tutto il lavoro è innanzitutto quella del cibo e del nutrimento come prima esperienza di relazione con un Altro da sé che l’essere umano sperimenta e, pertanto, irriducibile ad una questione di puro nutrimento biologico, come commenta l’antropologa Angela Molinari nella prima parte testo:

Si può affermare che il bambino ha bisogno di essere nutrito, ma non si può dire esattamente di che, dal momento che non è possibile separare il nutrimento materiale (…) dall’insieme delle risposte simboliche ed emozionali altrettanto essenziali per qualificare il suo divenire come essere propriamente umano.

Muovendosi all’interno di una tale cornice, a partire dalla presentazione delle tappe evolutive del comportamento alimentare del bambino, corrispondenti alle tappe principali del suo sviluppo cognitivo e sociale, ci si addentra nel nucleo principale del testo, ossia: cosa succede nel mondo interiore di un bambino che è disinteressato all’alimentazione ed ha paura del cibo e/o seleziona solo alcuni alimenti?

In Le mani in pasta, i diversi contributi degli autori sembrano ruotare attorno ad un perno principale, ossia, se è nella relazione che vanno ricercati i significati principali di un comportamento alimentare problematico che ha esordio nell’infanzia e nella prima adolescenza, è proprio su questa che bisogna focalizzare gli interventi terapeutici, poiché

Non ci sarà nessuna cura se non ci prenderemo cura della relazione e in diversi modi e con diverse modalità.

come sostiene Paola Antonelli nel paragrafo dedicato all’attaccamento e alla regolazione emotiva.

La classificazione diagnostica

Nel volume viene riservato uno spazio alle classificazioni diagnostiche, sia a quella contenuta nel DSM 5, che ad altre prospettive più recenti che sembrano tenere in maggiore considerazione gli aspetti specifici della psicopatologia evolutiva. Tra queste, quella elaborata da Irene Chatoor (“ZERO-TO-THREE”) nella quale lo sviluppo del bambino viene visto come interazione dinamica continua tra quest’ultimo e l’ambiente che lo circonda, viene utilizzata come riferimento anche per la presentazione di alcuni casi gestiti dall’Ambulatorio per i DCA di Umbertide, che fa parte della rete umbra dei servizi dedicati alla cura dei Disturbi dell’Alimentazione.

In Le mani in pasta, le classificazioni diagnostiche vengono presentate con la consapevolezza di chi quotidianamente fa esperienza di come oltre i confini diagnostici ci siano le persone, con le loro storie ed il loro vissuti.

Il racconto del trattamento attraverso alcuni esempi clinici

Nella terza parte del volume, si fa spazio attraverso una narrazione molto fruibile e densa di aspetti relativi alle modalità del prendersi cura, proprio alle storie con il loro “unicum” al quale il processo del prendersi cura si indirizza. Ed così che l’evitamento del cibo, la ruminazione, l’alimentazione selettiva acquistano dei significati in rapporto alle relazioni genitori-figlio, agli eventi che un nucleo familiare si è trovato o si trova ad affrontare, alle risorse individuali, di coppia e familiari che è possibile mettere in campo, alle esperienze traumatiche, alle modalità di alimentazione che riguardano il nucleo familiare, al rapporto con i pari, alla scuola (…).

Attraverso i casi presentati, è possibile ripercorrere l’intero iter che viene attuato presso il Servizio ambulatoriale di Umbertide, dall’accoglienza, alla valutazione, ed all’impostazione di un progetto terapeutico. Nell’ambito dell’approccio terapeutico, in maniera molto coerente rispetto alla concettualizzazione ed alle premesse teoriche che sono ben delineate nelle prime parti del testo, la “messa in scacco dell’intero sistema familiare” nei comportamenti di rifiuto/iperselezione del cibo è tenuta in massima considerazione includendo i genitori fin dalle prime fasi di valutazione, e poi di presa in carico. Altro punto fondamentale del lavoro terapeutico presentato parte dal presupposto che, se il cibo non può essere scisso dagli aspetti relazionali, gli aspetti corporei da quelli relazionali, affettivi e socio-culturali, l’assetto individuale del bambino con quello dell’ambiente familiare in cui vive, vi è bisogno di un contenitore altrettanto complesso che integri e ricomprenda tutte queste varie dimensioni e tale contenitore è costituito proprio dall’equipe multidisciplinare.

Il percorso di cura, che si ispira al modello dell’Educazione terapeutica familiare elaborato da Rita Tanas, viene ampiamente esemplificato e dettagliato attraverso una serie di fasi e di modalità nelle quali il cibo viene utilizzato come mediatore per unire gioco, relazione e terapia. I genitori, lungi dall’esser considerati i colpevoli dell’insorgenza di un disordine alimentare, vengono sollecitati a “mettere le mani in pasta” e a giocare, insieme ai bambini e ai terapeuti affinchè si possa gradualmente “far pace col cibo”. Il percorso integrato di cura è tuttora oggetto di ricerca in merito alla valutazione dell’efficacia, grazie proprio al progetto Le mani in pasta da cui prende il titolo questo libro.

Attenzione particolare è, inoltre, riservata alla relazione educativa nell’ottica di fornire strumenti di lettura e di comprensione a tutti coloro, genitori, insegnanti ed operatori, che a vario titolo sono impegnati in quel processo in cui “ciascuno dei soggetti implicati si arricchisce dell’umanità dell’altro e si apre al senso dell’esistenza” come afferma Chiara De Santis.

Oltre alla famiglia, attivamente coinvolta nel percorso terapeutico e considerata risorsa imprescindibile, l’altro attore sociale a cui gli autori del testo fanno riferimento è rappresentato dalla Scuola che può rivestire un ruolo positivo nell’intervento con bambini che presentano disturbi alimentari, nel caso in cui gli insegnanti siano disponibili a collaborare con i genitori e con l’équipe terapeutica.

L’importanza della prevenzione

Le mani in pasta si conclude con un accenno alla prevenzione ed a cosa significhi, nella pratica, prevenire un disturbo dell’alimentazione. Si rivela preziosa la sottolineatura di quanto sia urgente un cambiamento in termini di “livello” scelto per i programmi di prevenzione in questo ambito e, più nello specifico, di quanto intervenire solo sui fattori di rischio possa dimostrarsi inefficace o addirittura controproducente instillando, in taluni, casi modelli di comportamento che rischiano di divenire modelli da imitare.

In questo senso, le azioni che, invece, si muovono su un livello di prevenzione primaria incentrandosi sui fattori protettivi e/o sulle life skills potrebbero rivelarsi più adeguate nel supportare i bambini ed ai ragazzi nel delicato processo di scoperta e consapevolezza di sé e di costruzione di modalità con le quali far fronte alle difficoltà e ai disagi che essi stessi sperimentano diminuendo la probabilità di incorrere in comportamenti sintomatici di qualsiasi tipologia.

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Giulia Citarelli
Giulia Citarelli

Specialista in Psicologia della Salute Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dalla Ragione L., Antonelli P. (2018). Le mani in pasta. Riconoscere e curare il disturbo selettivo dell’alimentazione in infanzia e prima adolescenza. Il pensiero scientifico editore
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I bambini con alimentazione selettiva si limitano a mangiare una gamma ristretta di cibi preferiti, rifiutandosi di mangiare altri cibi spesso più sani.

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