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Si sdrai sul lettino e mi faccia un ABC: l’integrazione assimilativa in psicoterapia

L' integrazione assimilativa è stata suggerita da Messer come alternativa all'eclettismo tecnico. Tale integrazione prevede che, quando tecniche derivanti da diversi approcci teorici sono incorporate nel proprio orientamento teorico principale, il loro significato interagisce con il significato della teoria ospitante

Di Marina Morgese

Pubblicato il 31 Ott. 2018

L’ integrazione assimilativa è l’incorporazione di tecniche appartenenti a una terapia “ausiliaria” (in quanto non corrispondente a quella in cui il terapeuta si è formato) nella terapia primaria (quella in cui un terapeuta si è specializzato).

 

Sono diverse le variabili che portano uno psicoterapeuta a preferire uno specifico orientamento ad altri, tuttavia, compiuta la scelta, non si esclude la possibilità che il terapeuta possa rivolgere lo sguardo a tecniche provenienti da altri orientamenti con l’intento di proporle in seduta al paziente, soprattutto in quei casi in cui l’approccio psicoterapico di appartenenza si è rivelato poco efficace. Affinché ciò sia possibile, oltre alla scontata e adeguata formazione sulle tecniche che si desidera importare dagli altri orientamenti, ci sono dei precisi accorgimenti da rispettare, in virtù della tutela del paziente in primis ma anche della stessa Psicoterapia. E’ a questo proposito che l’ integrazione assimilativa entra in gioco.

Integrazione assimilativa

L’ integrazione assimilativa adotta una posizione contestualista (Pepper, 1942), in cui una tecnica terapeutica non resta scevra dalle influenze dell’approccio in cui viene importata: essa infatti deriva il suo significato all’interno delle teorie dell’orientamento terapeutico in cui è impegnata. Ad esempio, la tecnica delle due sedie, tecnica appartenente alla terapia gestaltica, impiegata da un terapeuta cognitivo-comportamentale può avvicinarsi più ad un allenamento di assertività che di risoluzione del conflitto esperienziale, scopo per cui è tipicamente impiegata nella terapia della Gestalt (Messer, in Lazarus & Messer, 1991).

Quindi, quando una procedura clinica che è stata concettualizzata e praticata all’interno di una terapia viene successivamente incorporata in una terapia di diverso orientamento, è importante considerare:

  1. la sua collocazione concettuale all’interno del nuovo quadro terapeutico (il suo aspetto accomodativo);
  2. il suo significato clinico all’interno del nuovo contesto (il suo aspetto assimilativo);
  3. e la validità empirica della sua efficacia (il suo aspetto scientifico) nel nuovo contesto.

Integrazione teorica, eclettismo tecnico e fattori comuni

Verrebbe quindi da chiederesi quale differenza ci sia tra l’utilizzo nel proprio studio di “tecniche importate”, magari da mettere nella cassettina dei nostri attrezzi pronte per essere tirare fuori all’occorrenza, e l’integrazione assimilativa. Per non creare confusione al lettore, è bene a questo riguardo, e prima di entrare nel vivo dell’argomento, distinguere tra integrazione teorica, eclettismo tecnico e fattori comuni.

  • L’integrazione teorica tenta una sintesi concettuale di diverse psicoterapie alla ricerca di un nuovo quadro teorico sovra-ordinato che può guidare significativamente la ricerca e la pratica. Lamproupolos (2001) ne sottolinea tre limiti: sebbene l’obiettivo finale e ideale dell’integrazione teorica sia l’unione di quante più teorie possibili (se non tutte), i tentativi esistenti sono riusciti ad integrare solo due o tre teorie al massimo. Un secondo limite è che, attraverso tale integrazione, ci si può concentrare solo su specifici disturbi psicologici e non su tutte le categorie diagnostiche. Una terza e maggiore debolezza dei modelli integrativi teorici esistenti è l’integrazione di solo quegli aspetti delle teorie pure che sono compatibili l’uno con l’altro. A tutto ciò vanno aggiunti gli scarsi riscontri empirici. Per questo motivo gli studiosi si sono via via spostati verso l’eclettismo tecnico.
  • L’eclettismo tecnico è un approccio empirico che mira alla combinazione delle tecniche più efficaci esistenti in terapia, indipendentemente dalla loro origine teorica, in modo tale da massimizzare i risultati terapeutici per uno specifico paziente nel minor tempo possibile. Eclettismo e abbinamento prescrittivo, basati sulla raccomandazione di ricerca di Paul (1967), secondo cui ci si deve sempre domandare “Quale trattamento, da parte di chi, è più efficace a livello individuale con quello specifico problema, e in quale serie di circostanze?“. Diverse ricerche hanno provato a fornire una struttura empiricamente validata dei criteri da seguire nell’abbinamenti prescrittivo. Un lavoro senza dubbio utile e auspicabile ma, come ricorda Lamproupolos (2001) molto difficile da realizzare e dal quale siamo ancora ben lontani.
  • L’approccio basato sui fattori comuni è la ricerca di elementi comuni in tutte le terapie efficaci indipendentemente dalla terminologia variabile. Questo approccio ha prodotto diverse liste di fattori comuni proposti (vedi Grencavage & Norcross, 1990), ha facilitato un riavvicinamento tra terapie diverse e ha dato vita a un filone di ricerca considerevole (Hubble, Duncan e Miller, 1999; Wiser, Goldfried, Raue e Vakoch, 1996). Tuttavia, ci sono molte importanti questioni metodologiche che oscurano il suo ulteriore sviluppo. Uno di questi punti deboli è che ciò che appare superficialmente essere comune tra due o più teorie, in realtà nasconde importanti differenze a uno sguardo teorico più attento (Messer & Winokur, 1980; Safran & Messer, 1997). L’approccio dei fattori comuni è dunque limitato in quanto rappresenta un consenso in un livello astratto e fornisce solo un quadro generale per l’integrazione in psicoterapia che non può guidare adeguatamente la pratica integrativa e la ricerca (Lampropoulos, 2000).

Integrazione assimilativa: un ponte tra integrazione teorica ed eclettismo tecnico

L’ integrazione assimilativa è stata suggerita da Messer (Lazarus & Messer, 1991; Messer, 1992) come alternativa all’eclettismo tecnico. Tale tipo di integrazione infatti prevede che, quando le tecniche derivanti da diversi approcci teorici sono incorporate nel proprio orientamento teorico principale, il loro significato interagisce con il significato della teoria ospitante. In questo modo sia la tecnica importata che la teoria preesistente si trasformano mutualmente e sono modellate nel prodotto finale, ovvero il nuovo modello integrativo assimilativo.

Messer spiega cosa potrebbe accadere nella mente del terapeuta che tende ad assumere la prospettiva dell’ assimilazione integrativa: “Sono stato formato e ha fatto pratica secondo uno specifico approccio teorico che mi piace e in cui credo, che è relativamente efficace con la maggior parte dei pazienti e con molte problematiche. Inoltre è piuttosto difficile, se non impossibile, integrare tutti gli aspetti della mia teoria a tutti gli aspetti di una o più delle altre teorie (come nel caso dell’integrazione teorica) o trattare scientificamente tutti i pazienti e tutte le problematiche in tutte le situazioni con il miglior intervento empiricamente validato (cioè, raggiungere l’eclettismo tecnico). Pertanto, manterrò la mia teoria originale incorporando anche quegli interventi empiricamente supportati nelle altre terapie: questo ripagherà le debolezze del mio orientamento attraverso quegli aspetti teorici compatibili con il mio orientamento ma previsti in esso, cercando di ottenere un risultato teoricamente coerente e clinicamente significativo”. In questo senso, l’ integrazione assimilativa può essere vista come un ponte tra due visioni principali ma contrastanti dell’integrazione in psicoterapia: l’integrazione teorica e l’eclettismo tecnico. L’ integrazione assimilativa può essere il modo migliore di integrare la teoria e le scoperte empiriche e di ottenere la massima flessibilità ed efficacia sotto un quadro teorico guida.

Integrazione assimilativa: i criteri a cui prestare attenzione

Tuttavia, anche nel caso dell’ integrazione assimilativa, ci sono degli criteri a cui prestare attenzione:

1. Il “dove” dell’ assimilazione: l’orientamento terapeutico di appartenenza del clinico dovrebbe avere numerose componenti empiricamente validate, prima di assimilare altre tecniche in esso.
2. Il “cosa” dell’ assimilazione: le tecniche da assimilare alla propria teoria devono essere supportate empiricamente. Ovviamente, la ragione per assimilare altre tecniche o interventi nella propria teoria dovrebbe essere quella di affrontare problemi specifici per i quali tali interventi o tecniche sono stati convalidati e per i quali la teoria primaria si è mostrata “carente” o non adeguata.
3. Il “quando” dell’ assimilazione: nella selezione delle tecniche appropriate da assimilare e utilizzare in seduta, bisogna prestare attenzione altresì al momento idoneo ad introdurre tali tecniche al paziente. Anche in questo caso, bisogna far riferimento ai dati empirici presenti in letteratura.
4. Il “come” dell’ assimilazione: il modo in cui viene effettuata l’ assimilazione richiede un’attenta riflessione da parte dei terapeuti di ciascun orientamento teorico. Non tutte le tecniche possono essere facilmente assimilate nella propria teoria, soprattutto se queste sono contraddittorie o addirittura contrarie alla visione proposta dall’approccio di riferimento (Messer, 1989).
5. La coerenza dell’ assimilazione: in linea col punto 4, il prodotto finale dell’ integrazione assimilativa messa in atto dal terapeuta deve essere teoricamente compatibile con i principi della teoria primaria, senza alterarla del tutto (Safran e Messer, 1997). In caso contrario, il risultato sarà o una nuova terapia teoricamente integrativa; o un eclettismo tecnico (Lazarus, 1992, 1995); oppure un guazzabuglio contraddittorio inutile o addirittura dannoso nella pratica.
6. L’efficacia dell’ assimilazione: le terapie effettuate tramite integrazione assimilativa vanno valutate empiricamente e (ri)validate. Il nuovo prodotto dell’ assimilazione deve essere testato in modo qualitativo e/o quantitativo attraverso nuovi studi, anche su caso singolo.

Sebbene gli interventi frutto di integrazione assimilativa possano dimostrarsi efficaci, è importante che il cambiamento di orientamento sia considerato attentamente dal terapeuta in modo tale che in seduta l’intervento avvenga nel modo più fluido e naturale possibile. Se crediamo che tale sforzo integrativo potrebbe cambiare la natura della relazione terapeutica o potrebbe compromettere il benessere del paziente in altri modi, è necessario spiegare a quest’ultimo il significato, nel nuovo contesto, della tecnica che intendiamo adoperare.

Vantaggi e svantaggi dell’ integrazione assimilativa

Il principale vantaggio dell’ integrazione assimilativa è il consentire ai terapeuti di continuare a praticare nel quadro del loro orientamento teorico senza rinunciare ai benefici delle tecniche appartenenti ad altri approcci.

Sebbene con la pratica assimilativa non vengano “minacciate” le convinzioni teoriche fondamentali dell’orientamento di appartenenza, questa aiuta a cambiare le idee periferiche in modo da adattare i propri schemi di terapia alle tecniche importate. Ovviamente, il terapeuta che opta per l’ integrazione assimilativa, non trova alcuna difficoltà in questo; ma anzi sarebbe più aperto a correggere le debolezze del proprio modello, sia nella teoria che nella pratica.

Un altro vantaggio dell’ integrazione assimilativa è quello di offrire un quadro teorico utile a guidare la pratica, in modo più rigoroso e meno dispersivo rispetto all’eclettismo tecnico.

Lo svantaggio principale dell’ integrazione assimilativa è il fatto che comporta il “rischio” di ulteriori aumenti nel numero di psicoterapie. Le 400 terapie diverse riportate da Karasu nel lontano 1986, possiamo facilmente immaginarle in continua crescita e a queste potrebbero aggiungersi i diversi approcci integrativi. Alcuni integrazionisti hanno già sottolineato i pericoli della proliferazione di psicoterapie integrative (ad es. Lazarus, in Lazarus & Messer, 1991): se contiamo i possibili interventi di integrazione assimilativa come modelli separati, i numeri diventerebbero piuttosto sconcertanti.

Avendo parlato di assimilazione il rimando teorico a Piaget viene facile. Secondo lo psicologo, negli individui la conoscenza procede in modo adeguato quando si stabilisce un buon equilibrio tra assimilazione e accomodamento. Potremmo dire lo stesso per il progredire della Psicoterapia?

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Grencavage, L. M., & Norcross, J. C. (1990). Where are the commonalities among the therapeutic common factors? Professional Psychology: Research and Practice, 21, 372– 378.
  • Hubble, M. A., Duncan, B. L., & Miller, S. (Eds.). (1999). The heart and soul of change. Washington, DC: American Psychological Association.
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  • Messer, S. B. (1989). Integration and eclecticism in counseling and psychotherapy: Cautionary notes. British Journal of Guidance and Counseling, 17, 274–285.
  • Messer, S. B. (1992). A critical examination of belief structures in integrative and eclectic psychotherapy. In J. C. Norcross & M. R. Goldfried (Eds.), Handbook of psychotherapy integration (pp. 130–165). New York: Basic Books.
  • Messer, S. B. (2001). Introduction to the Special Issue on Assimilative Integration. Journal of Psychotherapy Integration, Vol. 11, No. 1
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