La memoria episodica è un tipo di memoria autobiografica in cui la persona è protagonista, che si forma a seguito di un evento specifico (cosa e dove) avvenuto in un momento temporale ben preciso (quando).
Un nuovo studio recentemente pubblicato su Nature e condotto da Albert Tsao e collaboratori del Kavli Institute for Systems Neuroscience in Trondheim, Norvegia, ha esplorato e messo in luce i meccanismi neurali che presiedono la codifica soggettiva del tempo.
Perché in alcune situazioni ci sembra che il tempo scorra molto velocemente e in altre occasioni ci sembra al contrario che non passi mai, che sia eterno, e ci accorgiamo di guardare con impazienza l’orologio sperando che sia passato almeno una buona mezz’ora dall’ultima volta che l’abbiamo fatto, cioè cinque minuti prima?
Accade altresì molto spesso che le situazioni in cui il tempo “vola” e quelle che consideriamo “infinite” siano definite piacevoli per la prima condizione e noiose per la seconda, tanto da chiedersi se esista una relazione tra spazio e tempo e come questa si concretizzi a livello neurale nella memoria autobiografica.
Lo studio mostra quali aree cerebrali sono coinvolte nella memoria episodica
Lo studio di Tsao e colleghi (2018) ha mostrato come la memoria episodica, cioè una memoria autobiografica in cui la persona è protagonista e che si forma a seguito di un evento specifico (cosa e dove) avvenuto in un momento temporale ben preciso (quando), si generi in aree cerebrali vicine che processano informazioni spaziali e che sono responsabili dell’esperienza del tempo.
Uno studio precedente di Moser & Moser (2005) aveva messo in luce nella corteccia entorinale mediale, una porzione dell’ippocampo, un gruppo di neuroni chiamati “grid cells” contenenti una mappa neurale dello spazio ambientale direzionalmente orientata e topograficamente organizzata, che si attivava ogniqualvolta la posizione dell’animale nello spazio coincideva con qualsiasi vertice di una griglia (grid) di triangoli equilateri che costituivano la superficie dell’ambiente. Pertanto da questo studio è apparso evidente come la codifica dello spazio ambientale fosse a carico della corteccia entorinale mediale.
Tsao e colleghi hanno ipotizzato che esistesse ugualmente una regione cerebrale adiacente alla corteccia entorinale mediale, dove sono state scoperte le grid cells, responsabile della codifica del tempo.
Inizialmente i ricercatori erano alla ricerca di un pattern di neuroni simili alle grid cells ma hanno incontrato notevoli difficoltà a causa del fatto che il segnale dei neuroni della corteccia entorinale laterale (LEC) si modificava nel tempo.
[…] il tempo è qualcosa di unico e di dinamico; se questo network è responsabile della codifica del tempo, il suo segnale dovrebbe cambiare nel tempo con il fine di registrare, come memorie uniche, esperienze di vita (Moser, autore dello studio)
Per tale ragione, Tso e colleghi (2018) hanno deciso di registrare l’attività neurale della LEC per diverse ore durante le quali i topi erano impegnati in una serie di esperimenti: il primo, che consisteva nel correre all’interno di un box le cui pareti cambiavano colore lungo un arco temporale, è stato sottoposto ripetutamente agli animali per 12 volte in modo tale che essi potessero stabilire i cosiddetti “contesti temporali multipli”.
I ricercatori in questo modo hanno potuto esaminare l’attività neurale della regione LEC differenziando i momenti in cui i neuroni stavano codificando i cambiamenti nei colori delle pareti da quelli che si occupavano della codifica della progressione del tempo durante l’esperimento (Tsao, Sugar, Lu, Wang et al., 2018).
Questo primo esperimento ha determinato come effettivamente l’attività dei neuroni della LEC siano possibili fonti di informazioni per l’animale circa il contesto temporale in cui si verifica un certo evento di cui egli è protagonista, informazioni necessarie affinché si possa formare una memoria episodica.
In aggiunta a questo, il secondo esperimento prevedeva che i topi esplorassero liberamente degli spazi scegliendo quali azioni mettere in atto per riuscire a raggiungere del cioccolato.
L’unicità del segnale neurale degli animali durante questo [secondo] esperimento suggerisce che gli animali hanno un’ottima capacità nel registrare il tempo e la sequenza temporale degli eventi nel corso delle due ore che hanno costituito la durata dell’esperimento, e pertanto siamo stati in grado di estrarre, dai dati registrati, la codifica temporale, tracciando esattamente i momenti in cui l’animale ha scelto quell’azione o si è verificato quell’avvenimento (Jørgen Sugar, co-autore dello studio)
Infine nel terzo esperimento, gli animali sono stati costretti a seguire un tracciato ben preciso, con opzioni d’azione più limitate e poche esperienze; in particolare essi dovevano o girare a destra o girare a sinistra per raggiungere il cioccolato.
I ricercatori, nell’analizzare i dati provenienti da questo terzo esperimento, si sono accorti che l’attività neurale responsabile della codifica temporale passava da una sequenza unica (come era successo nel secondo esperimento) ad una ripetitiva e maggiormente prevedibile (Tsao, Sugar, Lu, Wang et al., 2018).
Conclusioni
Lo studio ha pertanto dimostrato come le popolazioni neurali di LEC rappresentino il tempo in modo inerente alla codifica dell’esperienza, fungendo da “neural clock”, cioè organizzando l’esperienza in una precisa sequenza di eventi distinti, dando così un senso al tempo.
L’attività neurale infatti non rappresenta la misura precisa del tempo oggettivo ma di un tempo soggettivo derivato dal flusso delle esperienze in corso, interpretate come piacevoli o spiacevoli.
In conclusione, l’ippocampo è in grado di immagazzinare una rappresentazione omogenea di cosa, quando e dove.