In passato i ricercatori hanno riscontrato l’esistenza di una discrepanza riguardo la diagnosi di disturbo di personalità effettuata dal terapeuta e l’autovalutazione del paziente stesso.
In un nuovo studio invece, condotto dai ricercatori della Purdue University e pubblicato sul Journal of Consulting and Clinical Psychology, è stato rilevato come questa discrepanza diminuisce se, sia paziente che psicologo, utilizzano gli stessi strumenti per fare la diagnosi. Per di più gli individui tendono a riportare un maggiore grado di patologia rispetto a quello rilevato dal terapeuta.
Personalità: lo studio effettuato
Nella ricerca sono state coinvolte 54 coppie terapeuta-paziente in un contesto ambulatoriale, alle quali sono state richieste valutazioni su tratti patologici di personalità. Attraverso il Personality Inventory per DSM-5 (PID-5), scala di valutazione creata dall’APA, i pazienti (52% donne, 94% di popolazione Caucasica, in media di 39.8 anni) hanno attribuito dei punteggi ai tratti di personalità patologici.
Il test fornisce un ampio sguardo sui diversi tratti di personalità, focalizzandosi principalmente su cinque dimensioni: affettività negativa, distacco, antagonismo, disinibizione e psicoticismo.
Anche i terapeuti (72% donne, 89% di popolazione Caucasica) hanno effettuato la loro valutazione utilizzando la stessa scala, ma in una versione differente (Informant Version).
Tratti di personalità patologici: i pazienti li sovrastimano
Emerge dai risultati che, a differenza di quanto previsto, cioè di una sottostima della patologia da parte del paziente, i pazienti hanno attribuito a sé stessi un maggiore grado di patologia rispetto ai terapeuti su quasi tutti i tratti, in particolare nella dimensione dello psicoticismo.
I ricercatori sostengono che la maggior parte dei precedenti studi si siano concentrati molto sui self-report e sulla sottostima dei pazienti, ma pochi di essi hanno confrontato i dati di pazienti e terapeuti.
I ricercatori concludono che, quando vengono utilizzati strumenti simili, le diagnosi di pazienti e terapeuti sono molto più in accordo di quanto è stato riportato nelle precedenti ricerche.